Non sono una giornalista o una scrittrice, sono solo una che nella vita – quando il casino nella testa e nell’anima rischiava di inondare tutto il resto – si metteva seduta e scriveva.
Scriveva.
Scriveva.
E riusciva in questo modo a trovare una parvenza di logica nell’angoscia o nel dolore.
Da quando ormai molti anni fa (per fortuna), ho aperto gli occhi sulla condizione dei non umani, mi è capitato spesso di sentire questo bisogno, di cercare un modo per canalizzare l’orrore, il dolore, la rabbia, la frustrazione che in alcuni momenti diventavano intollerabili. Pensieri sparsi, appunti, brevi frasi come urla di una pazza.
Non sono nemmeno un’attrice, o almeno non come comunemente si intende, cioè non campo con questo; ma più di dieci anni fa incontrai il teatro, mi feci il mio bel corso triennale ed entrai nella compagnia Vertigo, a Livorno.