Raggi d'oro tra le fronde
Freschi brividi
Splendore nell'ombra
(Kobayashi Issa)
Si è smarrito oggi del tutto o quasi il significato esoterico del giardino. Nelle nostre tetre città, le aree verdi sono patetiche sopravvivenze di alberi e cespugli assediati dal cemento, sfigurati da cartelli, pali, antenne.
Il giardino tradizionale era, invece era una creazione in cui le geometrie delle aiuole e la bellezza delle essenze vegetali rispecchiavano l'armonia del cosmo. Il giardino, il cui mistico silenzio si impregna di soffi e si increspa di cinguettii, è in primis un paesaggio dell'anima: le linee rette si ammorbidiscono nelle curve delle chiome, trasfigurando le esperienze caduche della vita nell'avvolgente concordanza della pace interiore. L'aria, l'acqua, la luce e la terra permeano il giardino in cui la natura e la cultura si compenetrano, fino a fondersi.
E' noto che il verziere, soprattutto nella tradizione islamica, è metafora del Paradiso che appunto significa "giardino" in greco, luminoso adombramento della condizione ineffabile di unione con il divino. I primi capitoli del Genesi sono ambientati in un luogo verdeggiante ed ameno in cui spira una piacevole brezza: è la dimora perfetta per i progenitori, prima della loro caduta.
Il frutteto delimitato dal chiostro è uno spazio della contemplazione il cui chiarore si attenua nella mistica penombra dei portici. Ancora più spirituale è il giardino Zen in cui le rocce e la ghiaia, un una grisaille appena svariata di verde tenue, sfiorano la consistenza del vuoto.
Il giardino e l'orto (i due vocaboli sono collegati sul piano etimologico) uniscono quindi il basso e l'alto: le quadripartizione di molti giardini con al centro una scintillante fontana è simbolo della terra con al centro la sua scaturigine. I poligoni delle aiuole ed il cerchio della fontana, in cui gli zampilli assumono movenze e riflessi sempre mutevoli, evocano la compresenza di finito ed infinito. I sentieri che conducono al centro sono percorsi iniziatici.
Anche suggestivi sono i giardini all'inglese, ove le siepi sinuose e le masse di alberi distribuite con studiata naturalezza, paiono profilare la forma sempre cangiante delle nuvole e dei fiumi azzurri che le lambiscono. Talvolta, come in uno specchio, i cumuli si coagulano sopra i gruppi degli alberi, tingendo di cupe sfumature lo smeraldo del fogliame.
Salendo ancora, ammiriamo il giardino del firmamento: gli astri sono boccioli, le costellazioni bordure raggianti, le galassie e le nebulose argentei ammassi di vegetazione. La linea delle coste sui pianeti, per una corrispondenza sottile, si svolge lungo il filo invisibile che lega le stelle.
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Freschi brividi
Splendore nell'ombra
(Kobayashi Issa)
Si è smarrito oggi del tutto o quasi il significato esoterico del giardino. Nelle nostre tetre città, le aree verdi sono patetiche sopravvivenze di alberi e cespugli assediati dal cemento, sfigurati da cartelli, pali, antenne.
Il giardino tradizionale era, invece era una creazione in cui le geometrie delle aiuole e la bellezza delle essenze vegetali rispecchiavano l'armonia del cosmo. Il giardino, il cui mistico silenzio si impregna di soffi e si increspa di cinguettii, è in primis un paesaggio dell'anima: le linee rette si ammorbidiscono nelle curve delle chiome, trasfigurando le esperienze caduche della vita nell'avvolgente concordanza della pace interiore. L'aria, l'acqua, la luce e la terra permeano il giardino in cui la natura e la cultura si compenetrano, fino a fondersi.
E' noto che il verziere, soprattutto nella tradizione islamica, è metafora del Paradiso che appunto significa "giardino" in greco, luminoso adombramento della condizione ineffabile di unione con il divino. I primi capitoli del Genesi sono ambientati in un luogo verdeggiante ed ameno in cui spira una piacevole brezza: è la dimora perfetta per i progenitori, prima della loro caduta.
Il frutteto delimitato dal chiostro è uno spazio della contemplazione il cui chiarore si attenua nella mistica penombra dei portici. Ancora più spirituale è il giardino Zen in cui le rocce e la ghiaia, un una grisaille appena svariata di verde tenue, sfiorano la consistenza del vuoto.
Il giardino e l'orto (i due vocaboli sono collegati sul piano etimologico) uniscono quindi il basso e l'alto: le quadripartizione di molti giardini con al centro una scintillante fontana è simbolo della terra con al centro la sua scaturigine. I poligoni delle aiuole ed il cerchio della fontana, in cui gli zampilli assumono movenze e riflessi sempre mutevoli, evocano la compresenza di finito ed infinito. I sentieri che conducono al centro sono percorsi iniziatici.
Anche suggestivi sono i giardini all'inglese, ove le siepi sinuose e le masse di alberi distribuite con studiata naturalezza, paiono profilare la forma sempre cangiante delle nuvole e dei fiumi azzurri che le lambiscono. Talvolta, come in uno specchio, i cumuli si coagulano sopra i gruppi degli alberi, tingendo di cupe sfumature lo smeraldo del fogliame.
Salendo ancora, ammiriamo il giardino del firmamento: gli astri sono boccioli, le costellazioni bordure raggianti, le galassie e le nebulose argentei ammassi di vegetazione. La linea delle coste sui pianeti, per una corrispondenza sottile, si svolge lungo il filo invisibile che lega le stelle.
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