domenica 18 aprile 2010

La salute in cenere



di Rossella Anitori - 18/04/2010

Fonte: Terra



Oggi a Parma la manifestazione nazionale contro gli impianti di incenerimento dei rifiuti. Ne parliamo con Patrizia Gentilini, oncoematologo e responsabile Isde dei rapporti con i comitati dei cittadini.

«Le alternative all’incenerimento dei rifiuti esistono e vanno immediatamente attuate». Non ha dubbi Patrizia Gentilini, responsabile dei rapporti con i comitati dei cittadini dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde). Oggi, a Parma, il Comitato per la corretta gestione dei rifiuti ha convocato una manifestazione nazionale contro tutti gli inceneritori. Per ribadire, ancora una volta e in maniera unitaria, che l’ultima cosa che bisogna fare con i nostri rifiuti è bruciarli.

Quali sono i pericoli associati a questa tecnica di smaltimento?

Incenerire i rifiuti significa provocare danni alla salute e all’ambiente. Nessuna tecnologia, neanche le migliori possono evitarli. Vivere in aree inquinate comporta conseguenze gravi, basti pensare all’aumento dei tumori. Negli Stati Uniti l’incremento è dello 0.6 per cento annuo, in Europa dell’1.1, in Italia invece è del 2 per cento all’anno. Se poi parliamo dei bambini la situazione peggiora: i linfomi per la fascia di età compresa tra 0 e 14 anni crescono nel nostro Paese del 4 per cento all’anno contro una media europea dello 0,9 per cento.

Uno scenario che non può che suscitare inquietudine.

Non possiamo ancora pensare che il problema del cancro sia un problema dello stile di vita. I bambini non bevono né fumano. Il problema è legato alle sostanze cancerogene con cui ogni giorno entriamo in contatto, sostanze che la madre trasmette al feto. Un rischio che in un Paese corrotto come l’Italia aumenta. Ogni giorno si sente parlare di un nuovo inceneritore sotto inchiesta, di controlli non eseguiti e forni alimentati con materiale pericoloso.

Come invertire la rotta?

Bisogna puntare al riciclo completo della materia. Il tumore che guarisce al centro per cento è quello che non viene: la prevenzione primaria non è la cenerentola della medicina. È necessario quindi smettere di bruciare l’immondizia e implementare tutte le pratiche di riduzione dei rifiuti alla fonte, ridurre gli imballaggi, introdurre il vuoto a rendere e i prodotti alla spina, sistemi che in altri Paesi del mondo si stanno già affermando e che i cittadini sono pronti ad accogliere.

È vero che una parte dei rifiuti selezionati dai cittadini attraverso la raccolta differenziata finisce comunque negli inceneritori?

Assolutamente sì. D’altronde in Italia mancano quegli impianti di riciclaggio che servono per il recupero dei rifiuti. Motivo per cui fare la raccolta differenziata o dire sì ad un sistema porta a porta non basta, i cittadini devono verificare qual è il destino dei materiali selezionati, perché spesso è proprio lì che casca l’asino.

Quale strada bisogna percorrere?

Quella della riduzione dei rifiuti alla fonte, del riuso, del riciclaggio, di impianti per il recupero della frazione secca come quello inaugurato da Carla Poli a Vedelago. Bisogna smetterla anche di parlare di gestione integrata, perché è un sistema che accanto agli impianti di riciclaggio prevede pur sempre quelli di incenerimento. Dobbiamo spezzare con forza questa logica. Gli inceneritori servono solo a procurare danni all’uomo e all’ambiente.

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