Galeotto fu l’emendamento e chi lo scrisse. È il famigerato comma 28: in Rete c’è grandissima attenzione per questa norma inserita nella legge anti-intercettazioni appena approvata in Senato (e pronta al passaggio finale della Camera). Il comma obbliga “i siti e le pagine diffusi per via telematica” alla rettifiche che vanno obbligatoriamente pubblicate “con le stesse caratteristiche grafiche e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono, entro quarantotto ore”, pena una multa che può arrivare fino a 12 mila euro.
Nel calderone “siti e pagine” diffusi sul Web, c’è tutto: blog, forum, pagine Wikipedia; nella stragrande maggioranza pagine gestite da non professionisti. La rettifica “può farla la redazione di un giornale – denuncia Antonio Di Pietro – non certo un sito amatoriale . Non ha senso, a meno che non si voglia impedire qualunque opinione fuori dal coro. Significa censura di regime, né più né meno”. Sia l’Italia dei Valori che il Partito democratico avevano presentato degli emendamenti che sono poi stati inghiottiti dalla fiducia imposta dal governo. Mentre lo opposizioni promettono battaglia in Parlamento, anche blogger e utenti lanciano l’allarme.
Il blog Nichilista e ByoBlu chiamano in causa l’onorevole Cassinelli (Pdl), sempre attento alle questioni digitali. Cassinelli propone un emendamento da discutere in Rete e da presentare alla Camera: l’ipotesi di partenza prevede che l’obbligo di rettifica si allunghi a sette giorni. A scendere in campo, anche l’avvocato Guido Scorza, che, denunciando “il colpo alla libertà di informazione online” propone una contromossa: approvata la legge “sarà sufficiente pubblicare in calce ad ogni post un link che inviti, chiunque abbia interesse alla rettifica, a comporre autonomamente un commento di un numero di caratteri corrispondente all’informazione da rettificare”. Una via di uscita possibile, nella speranza che alla Camera il pessimo comma di una pessima legge venga eliminato del tutto.
Da il Fatto Quotidiano
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