“Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”. Così recita l’articolo 1 della Legge nazionale 281 del ‘91 sul randagismo che, come tante altre leggi italiane, viene ignorata come se niente fosse. Lo dimostra il caso delladeportazione di massa dei cani ospitati in due strutture in provincia di Potenza, Basilicata, in un grande canile vicino Cosenza, Calabria. Un trasferimento che ha scatenato la levata di scudi delle associazioni ambientaliste di tutta Italia, prima fra tutte l’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA), che ha parlato di “grave rischio per la salute degli animali“. Senza entrare nel merito dei motivi di questo trasferimento, e senza voler fare un processo al canile al quale sono destinati questi oltre 400 cani, risulta sicuramente dubbia la modalità con la quale è stata presa questa decisione. L’ENPA critica soprattutto “l’importo irrisorio base della gara d’appalto e della trattativa negoziata” con la quale la struttura cosentina si è aggiudicata la gara: ovvero i 1,60 euro giornalieri che verranno spesi per ciascun cane. Una cifra che, secondo gli esperti, è del tutto insoddisfacente ad assicurare il benessere degli animali (alimentazione, assistenza veterinaria, accalappiamento e smaltimento dei corpi delle bestiole morte).
L’ENPA ha addotto altre ottime ragioni per dire NO a questo trasferimento, tra le quali le gravi conseguenze psico-fisiche per i cani, la violazione della legge regionale 6 del ‘93, la competenza delle Asl territoriali e l’impossibilità per i cittadini potentini di ritrovare i propri animali smarriti. E poi ancora, il parere contrario del Ministero della Salute, secondo cui “sradicare un cane del suo territorio non risponde a quanto previsto dalla normativa vigente”, e dell’Unità Operativa Veterinaria dell’Azienda sanitaria di Potenza che parla di “inutile sofferenza psicofisica degli animali”.
Un coro di NO, sia dalla popolazione che da esperti animalisti, completamente inascoltato alle autorità locali, che hanno già iniziato il trasferimento dei primi cuccioli. Una storia che, non soltanto colpisce al cuore i tanti amanti degli amici a quattro zampe e volontari delle associazioni animaliste, ma rappresenta l’ennesima frustrazione al concetto di “parere esperto”, un concetto che sta diventando sempre più utopia in Italia. Che si parli di animali, immigrazione, informazione o manovre finanziarie, il problema è sempre lo stesso: il parere qualificato degli esperti del settore in questione viene regolarmente inascoltato, ignorato o addirittura condannato. Nel caso del trasferimento di questi 420 cani, sono tutti contro: animalisti, enti nazionali, Asl e addirittura un Ministero…ma tutto questo non basta. La politica, in questo caso locale, va avanti per la sua strada, ha deciso che la vita di questi cani vale 1,60 euro l’una (1,80 quelle dei cani provenienti da rifugio) e così deve essere. L’ENPA ha parlato di “randagi trattati come rifiuti tossici, sballottati da un canile all’altro, senza che vengano attuate le politiche previste dalla legge per arginare il fenomeno del randagismo”. Oltre questi poveri randagi, ritengo che a rimetterci sia anche il buon senso, la capacità di ascoltare chi della materia ne sa qualcosa in più. “Parere esperto”, questo sconosciuto. Luigi de Magistris
giovedì 17 giugno 2010
Vita da cani
di Luigi De Magistris
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