Pietro Greco
NAPOLI. La fame e la malnutrizione continuano a essere uno dei grandi problemi irrisolti del mondo. Alla fine del secolo scorso le Nazioni Unite avevano indicato come obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero di persone che nel 1990 non avevano accesso a una quantità sufficiente di cibo, passando da 800 a 400 milioni.
Non solo siamo ancora lontani dal traguardo, me ce ne stiamo allontanando. Già alla fine dello scorso anno la Fao, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di agricoltura e alimentazione, aveva documentato che a causa della crisi finanziaria mondiale e delle forti perturbazioni nel prezzo delle derrate alimentari, tra il 2008 e il 2010 il numero di persone malnutrite era aumentato di circa 200 milioni di unità: passando da circa 8000 a oltre 1.000 milioni di persone. E tutto questo in un mondo che produce più cibo di quanto ne consumi.
Si era detto: è una drammatica - anzi, tragica - conseguenza della crisi. Non appena terminerà la burrasca e l'economia mondiale tornerà in acque tranquille il numero di persone che non hanno accesso a una quantità sufficiente di cibo ritornerà a diminuire.
Purtroppo, a dirci che l'asserzione è infondata ecco che è arrivato, nelle scorse settimane, The millennium development goals report 2010, il nuovo rapporto delle Nazioni Unite sullo "stato di avanzamento" degli Obiettivi del Millennio. Non perché è sbagliata la previsione di quanto accadrà in futuro, ma perché è sbagliata il dato del passato.
Anche prima della crisi, infatti, mentre l'economia del mondo cresceva al ritmo del 4 o 5% l'anno, mentre le persone in povertà estrema diminuivano da 1,8 a 1,4 miliardi, il numero delle persone malnutrite nei PVS non è diminuito affatto. Né in valore assoluto, né in termini percentuali.
In termini assoluti, dagli 817 milioni in media del triennio 1990/1992 si è infatti prima scesi a 805 milioni nel triennio 2000/2002 per risalire a 830 milioni del triennio 2005/2007.
In termini relativi, si è passati da quasi il 20% della popolazione residente nei paesi in via di sviluppo nel 1990 al 15% circa nel 2000, ma poi si è rimesti inchiodati a questa percentuale fino al 2007, prima di risalire al 18% e oltre nel 2009.
Questi numeri ci dicono che la malnutrizione è una variabile abbastanza indipendente rispetto alla crescita economica. E che sarebbe illusorio pensare che, in maniera automatica, non appena l'economia mondiale ritornerà a crescere il numero degli affamati diminuirà. In realtà occorre non solo una maggiore presenza dell'economia, ma anche e soprattutto una maggiore presenza della politica. Che deve trovare il modo di superare la cecità del mercato e ridistribuire meglio le risorse alimentari prodotte.
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