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(discorso di Silvano Agosti)
Siamo intrappolati in angoli angoscianti: così si comprende per quale motivo avvertiamo un'esigenza di pienezza, di autenticità. Grandi moralisti e scrutatori dell'animo umano, come Pascal e Kierkegaard, seppero descrivere l'anelito dell'infinito, la condizione di esuli che accompagna gli uomini nell'esistenza e li attanaglia. E' come se fossimo stati espulsi da una dimensione immemore (il nulla?) ed ora imboccassimo ogni volta una strada che, però, non conduce ad alcuna meta, sicché dobbiamo tornare indietro sui nostri passi per cercare nell'intrico dei giorni un altro sentiero. Invano. Qualcuno pensa che il cosmo sia una sorta di gioco: come pedoni di una scacchiera gigantesca ci muoviamo (o siamo mossi?) sempre con il rischio di sdrucciolare sulla lucida superficie. Alla fine qualcuno ci avvertirà che è stato tutto uno scherzo, sebbene a volte crudele: "Sorridi: sei su Candid Camera!".
Incerti se cedere all'idea dell'inconsistenza ontologica o della persistenza, vediamo i duri "fatti" esplodere, proiettando aguzze schegge intorno. Anche il destino si sgretola e ne restano povere rovine, come rocchi consunti di un tempio greco, tra ciuffi d'erba ed oleastri.
Libri, maestri, esperienze poco o nulla valgono, se si devia dal centro del senso che è in ogni dove ed in nessun luogo. Anche l'uomo medio, quello che, come notava Pascal, perde il tempo a rincorrere una palla o una lepre, cerca, sebbene in modo ingenuo, un'apertura verso il significato, auspicando un contatto con l'altro, purchessia: si cerca spesso all'esterno quello che potremmo trovare in noi stessi, se possedessimo una bussola.
La domanda si spezza di fronte alla presenza palese, eppure elusiva ed inafferrabile del mondo. Intanto l'enigma resta tale e l'attesa si protrae nella tensione spasmodica verso l'invisibile.
Come il deserto agogna la pioggia fecondatrice grazie alla quale sbocceranno effimeri fiori dai colori rutilanti, così noi aspettiamo la benedizione delle lacrime.
Incerti se cedere all'idea dell'inconsistenza ontologica o della persistenza, vediamo i duri "fatti" esplodere, proiettando aguzze schegge intorno. Anche il destino si sgretola e ne restano povere rovine, come rocchi consunti di un tempio greco, tra ciuffi d'erba ed oleastri.
Libri, maestri, esperienze poco o nulla valgono, se si devia dal centro del senso che è in ogni dove ed in nessun luogo. Anche l'uomo medio, quello che, come notava Pascal, perde il tempo a rincorrere una palla o una lepre, cerca, sebbene in modo ingenuo, un'apertura verso il significato, auspicando un contatto con l'altro, purchessia: si cerca spesso all'esterno quello che potremmo trovare in noi stessi, se possedessimo una bussola.
La domanda si spezza di fronte alla presenza palese, eppure elusiva ed inafferrabile del mondo. Intanto l'enigma resta tale e l'attesa si protrae nella tensione spasmodica verso l'invisibile.
Come il deserto agogna la pioggia fecondatrice grazie alla quale sbocceranno effimeri fiori dai colori rutilanti, così noi aspettiamo la benedizione delle lacrime.
Grazie per aver diffuso il video di Agosti, pubblicandolo su questo meraviglioso Weblog.
RispondiEliminaCome si chiama la tua utenza su YouTube?