giovedì 28 ottobre 2010

Contenuti legati e morti e ancora vivi



Certi fatti li conoscono in pochi, sono marginali, certi altri  li leggono in un numero ancora più esiguo, sopratutto se si tratta di detenuti contenuti  legati e morti, mai prosciolti da certa cronaca nera, che diventa sempre più buia, fino alla fine:  “pericolosi per sè e per gli altri e/o se si arreca pubblico scandalo“. La mia filosofia da 4 soldi è quella di farli circolare e comunicare, non fosse altro che per darne notizia. Così iniziavo il 17 agosto 2009 per  denunciare la morte di Francesco Mastrogiovanni, tramite la segnalazione di un amico.  Ne ho avuta un’altra   alcuni giorni fa:  il titolo dell’Unione Sarda il 21 ottobre ,  L’ambulante morto in psichiatria:accusati di sequestro sette medici redatto da Maria Francesca Chiappe. Il fatto si svolge nel Reparto psichiatria dell’ospedale Ss.Trinità di Cagliari.
“Clamoroso colpo di scena nel caso della morte dell’ambulante quartese Giuseppe Casu. Sette medici del reparto psichiatria del Santissima Trinità di Cagliari sono stati accusati di sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere. Giuseppe Casu è stato ucciso da un farmaco tossico per il cuore. Questa, almeno, è l’idea dei periti del Tribunale. Anche se sottolineano: non c’è la certezza ma un’«elevata probabilità». Il processo sul sessantenne quartese morto il 26 giugno 2006 dopo sei giorni di ricovero in Psichiatria al Santissima Trinità si giocherà tutto su quelle due parole. Però: il paziente è stato legato al letto per tutta la durata del ricovero, dal giorno del trattamento sanitario obbligatorio firmato dal sindaco di Quartu durante lo sgombero degli ambulanti da una piazza, fino a quando si è scoperto che non respirava più. E questo, dicono i periti, non si poteva fare. Di lì la nuova, clamorosa accusa contestata ieri al primario Gian Paolo Turri e agli psichiatri del suo reparto Maria Rosaria Cantone, Antonella Baita, Maria Rosa Murgia, Marco Murtas, Luciana Scamonatti, Marisa Coni: sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere. Roba da dieci anni di reclusione. La notifica dell’avviso di conclusione delle indagini firmato dal sostituto Giangiacomo Pilia ha provocato stupore, rabbia, sconcerto negli ambienti medici cagliaritani. Eppure il nuovo stralcio di indagine è sostanzialmente un atto dovuto dopo il deposito della perizia, l’11 ottobre scorso, davanti al Tribunale monocratico che processa Turri e la Cantone per omicidio colposo aggravato: durante il dibattimento il pm lo ha quasi annunciato insieme al tentativo di portare la discussione sulla contenzione fisica. La difesa dei due psichiatri è insorta poiché è stato escluso che quella circostanza abbia portato alla morte del paziente. E allora il giudice Simone Nespoli ha chiesto al pm di motivare le sue domande e Pilia a quel punto ha dichiarato che la perizia avrebbe potuto portare alla contestazione di nuovi reati. In effetti i periti parlano senza mezzi termini di sequestro di persona e lo fanno sotto un profilo strettamente giuridico. Affrontando la questione della contenzione fisica hanno escluso che Casu sia stato ucciso da una trombo-embolia polmonare legata alla lunga immobilità, come invece avevano diagnosticato i medici del Santissima Trinità subito dopo l’improvvisa morte dell’ambulante. I periti Elda Feyles, specialista in anatomia e istologia patologica, Guglielmo Occhionero, psichiatra, e Rita Celli, medico legale, hanno innanzitutto individuato le norme: gli articoli 13 e 32 della Costituzione sulla inviolabilità della libertà personale e sul consenso all’atto terapeutico, il codice deontologico di medici e infermieri sulla contenzione fisica e farmacologica come evento straordinario e motivato, il codice penale: se c’è uno stato di necessità la misura di contenzione, sempre proporzionale al pericolo attuale di un danno grave non altrimenti evitabile, non solo può ma deve essere applicata se non si vuole incorrere nel reato di abbandono di incapace. I periti sono sicuri: «La contenzione fisica è ammessa solo allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona… qualora la contenzione fosse sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o per convenienza del personale sanitario si possono configurare i reati di sequestro di persona, violenza privata, maltrattamenti». Non solo, i periti negano che la contenzione a letto sia da considerare un trattamento sanitario vero e proprio: «In generale, per prestare le prime cure il medico deve intervenire e vincere la resistenza solo se il paziente si trova in vero pericolo di vita. Nei casi psichiatrici quel pericolo non c’è quasi mai perché raramente esiste un pericolo di vita rispetto a una malattia mentale. Non risulta che mai nessuno sia morto di allucinazioni o delirio». I periti valutano dunque «eccessivo» legare a letto un paziente anche se per impedirgli il suicidio o costringerlo a curarsi. Di lì la conclusione: «La diretta coercizione non è fra le prestazioni richiedibili allo psichiatra. E visto che l’organigramma del nuovo assetto della psichiatria non prevede figure di personale di custodia (come prima della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi), essendo venuta meno tale esigenza che caratterizzava la vecchia normativa manicomiale, il ricorso all’uso della forza fisica è esterno al rapporto terapeutico». Nell’indagine-stralcio Baita, Murgia, Murtas, Scamonatti e Coni sono accusati anche di omicidio colposo, reato per il quale Turri e la Cantone sono già sotto processo: per il 29 novembre è fissata la requisitoria del pm. La Asl 8 ha intanto annunciato che in questa fase non prenderà provvedimenti nei confronti dei medici.”
Carmelo Musumeci ha invece redatto un documento che uno spazio come Macelleria Carceraria l’ha avuto. Porta una prefazione il suo “pezzo”: “Amami quando lo merito di meno, perché sarà quando ne ho più bisogno(Catullo) ” Dall’inizio dell’anno i suicidi in carcere sono 55 … e nessuno ne parla. Molte persone aldilà del muro di cinta si domandano perché molti detenuti si tolgano la vita. Invece molti detenuti al di qua del muro si domandano quale motivo hanno per non  togliersi la vita. La verità è che la morte in carcere è l’unica cosa che può portare un po’ di speranza, amore sociale e felicità,  perché quando ti togli la vita hai il vantaggio di smettere di soffrire. Una volta il carcere era solo una discarica sociale,  ora è diventato anche un cimitero sociale…
E da un po’ di anni a queste parte la cosa più difficile in carcere non è più morire,   ma vivere. I detenuti in carcere vengono controllati, osservati, contati, ogni momento del giorno e della notte,  eppure riescono facilmente a togliersi la vita. Diciamo la verità: i detenuti non sono amati e non importa a nessuno se si tolgono la vita. Ormai le persone perbene si voltano dall’altra parte,  mentre altri fanno finta di non vedere quello che vedono. Diciamoci la verità: questo accade perché la grandissima maggioranza della popolazione detenuta è costituita da individui disperati, poveri cristi, immigrati, tossicodipendenti, disoccupati e analfabeti. Persone di cui non importa a nessuno. Eppure di questa “gentaglia”, di questa “spazzatura umana”  non andrebbe buttato via nulla,  perché con lo slogan “Tutti dentro” e “Certezza della pena” i partiti  più forcaioli vinceranno le prossime elezioni. Nella stragrande maggioranza dei casi la morte in carcere è la conseguenza di un  comportamento passivo e omissivo dello Stato, che scaraventa una persona  in una cella, la chiude a chiave e se ne va. Eppure l’eutanasia in Italia è proibita. Lo Stato non fa nulla per evitare la morte in carcere, non per niente l’Italia è il Paese più condannato della Corte Europea dei Diritti Umani. Carmelo Musumeci Carcere Spoleto, ottobre 2010.”
Per concludere il mio articolo di certo non allegro e  leggero, che ho letto  su Facebook  tramite il gruppo Ecumenici, aggiungo Percorsi Sbarrati, un video sull’ergastolo ostativo prodotto dagli stessi ergastonali. Anche questo su Facebook, come “Urla dal silenzio“, unendomi   alla voce di Ecumenici che sottoscrive così  la Macelleria Carceraria: ” Ecumenici solidarizza con gli ergastolani in Italia contro il c.d. “fine pena mai!” Non ne vogliamo sapere di partiti e politici forcaioli, di destra e di sinistra, fascisti, liberali, democratici o comunisti. -… Dovrete fare i conti anche con noi!! Digiuno della fame il prossimo primo dicembre ovunque, dentro le carceri e fuori.”
Mi auguro che quanto ho scritto sia segnalato e non solo da quelle persone che quotidianamente ritengono corretto farlo al Team di Facebook, qualunque cosa io  comunichi sulla mia pagina, anche privatamente e  chiedendone la rimozione, me compresa, ovviamente:  non le ringrazio affatto, nè a nome mio, nè di nessuno e mi spiace ma non ci fermeranno, possono contarci.  Lo scrivo pubblicamente.
“Alcuni dicono che la pioggia sia brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime”: è parte di un dialogo tra due diavoli all’inferno e un’amica loro che gli scrive.
Doriana Goracci





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