BENZO(A)PIRENE. Un decreto del governo posticipa l’entrata in vigore dei limiti all’emissione di questo cancerogeno. Ieri la denuncia di Peacelink, Radicali, Verdi e associazioni: «Ripristinare la vecchia legge».
Cittadini, addetti ai lavori e parlamentari uniti. Contro un decreto legislativo, il 115/2010, noto ai più come “norma salva Ilva”. Si tratta di quel provvedimento che regola l’inquinamento del benzo(a)pirene e che consente a tale sostanza cancerogena di sforare il valore di 1 ng/m3 fino al dicembre del 2012 senza che vi sia un obbligo di intervento nelle città con più di 150 mila abitanti. Secondo quanto affermato da Elisabetta Zamparutti, deputata radicale della Commissione ambiente, «occorre immediatamente ripristinare la normativa precedente». La legislazione italiana, come sottolinea il dossier che Peacelink ha presentato alla Commissione ambiente ieri, nel 1994 aveva stabilito che il valore di un nanogrammo a metro cubo non doveva essere superato a partire dal primo gennaio del 1999 per le città oltre i 150mila abitanti.
La direttiva comunitaria fissa per tutti gli Stati membri al 31 dicembre 2012 il termine ultimo per scendere sotto il valore obiettivo di un nano grammo al metro cubo di benzo(a)pirene. Un articolo del trattato della Comunità europea, però, permette alle legislazioni nazionali di mantenere norme di migliore protezione ambientale. Pertanto, la scadenza fissata al 1999 poteva essere mantenuta. Ma una disposizione del decreto legislativo 155/2010 ha spostato questa scadenza al 31 dicembre del 2012. Una bella differenza. Soprattutto alla luce di alcuni dati. L’organizzazione mondiale della Sanità, per esempio, ha stimato che ogni aumento di un nanogrammo a metro cubo di benzo(a)pirene potrebbe determinare un rischio di nuovi casi di cancro ogni 100mila persone. Il benzo(a)pirene è un potente cancerogeno che viene veicolato nei polmoni dalle polveri sottili e che è originato dalle combustioni delle industrie e delle auto.
Inoltre è genotossico, può modificare il Dna che viene trasferito ai figli ed è in grado anche di passare dalla madre al figlio attraverso il latte materno. La battaglia di Peacelink è quella di gran parte della popolazione di Taranto contro l’attività dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa. Secondo l’Arpa Puglia, dallo stabilimento pugliese sarebbe emesso il 98% di benzo(a)pirene nell’aria di Taranto. Una dura presa di posizione contro il decreto legislativo arriva dalla comunità scientifica, in particolare da Anna Moschetti in rappresentanza di un cartello che riunisce tutte le associazione dei pediatri. Lo scorso 19 ottobre Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi, aveva chiesto a Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, un’indagine epidemiologica sui cittadini di Taranto.
«Sollecitiamo di nuovo il presidente Vendola ad un’indagine sanitaria per verificare la correlazione tra le malattie dei cittadini e l’inquinamento prodotto dai complessi industriali di Taranto, Ilva inclusa». A Taranto negli ultimi decenni si è determinata una vera e propria strage difficile da quantificare. Fino al 14 novembre, la Regione poteva impugnare alla Corte Costituzionale il decreto legislativo sollevando la questione di legittimità. Non l’ha fatto. Per questo, undici cittadini di Taranto hanno proposto un ricorso al Tar Lecce.
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