fonte: Terra
Nic Perle (Terra a Nordest)
IL PROGETTO. La società En&En vuole costruire una impianto elettrico a valle della diga nel Comune di Castellavazzo.
In questi giorni fiumi e torrenti del Cadore sono gonfi d’acqua ma anche di polemiche perchè sulla risorsa idrica “robuste società” hanno deciso di piazzare turbine a go go. E al “banchetto dei chilowattora” non hanno declinato l’invito alcune amministrazioni comunali: quelle di Longarone, Erto e Casso colte con le “mani nella marmellata” si sono affrettate a confermare di aver già firmato con la società En&En (legata a doppio filo con l’Associazione industriali di Belluno) un accordo preliminare per una centrale elettrica a valle della diga del Vajont, a Ponte Campelli, nel Comune di Castellavazzo.
“Nulla di deciso”, si sono dilungati a dichiarare i sindaci sostenendo che nella casse comunali arriverebbe il 60 per cento degli introiti “prodotti dai 15 chilowattori annui”. Ma tanto è bastato per dar fuoco al tormento che da 47 anni evoca il nome Vajont. Il problema sarebbe soprattutto morale anche se più di qualcuno vuole vederci chiaro attraverso le riunioni pubbliche già programmate in queste ore. Già si annotano alcuni distinguo: Gioacchino Bratti, sindaco di Longarone al tempo del disastro si è detto favorevole al progetto purchè il Comune possa destinare parte degli introiti alla memorie delle vittime del Vajont. Di parere opposto sono invece molti familiari delle vittime. Affermano che la memoria non si compra. La discussione è alle prime battute e l’esito è incerto.
Ha fatto invece molta più strada la discussione a Busche, nel Comune di Cesiomaggiore: a valle dell’asta del Piave sempre la En&En intende piazzare una centrale elettrica. Qui nella partita c’è l’Enel ed il progetto coinvolge pure i Comuni di Santa Giustina, San Gregorio e Sospirolo perchè l’impianto si svilupperebbe anche attraverso condotte sotterranee. Lo sfruttamento dell’acqua è proprio una “passione” da queste parti perchè la musica, suonata dagli stessi musici - En&En ed Enel - non cambia. Il tema ha inondato le stanze della politica. A Palazzo Piloni, sede dell’amministrazione provinciale il Pd avversa il progetto mentre la lega che sta al governo avrebbe un posizione non chiara comunque non in sintonia con il Pdl,partner in giunta. Diversamente a ricordare come la pensa la gente della zona è uno striscione appeso in bella evidenza sul ciglio della strada che porta a Belluno: nessuno ha provato a rimuoverlo nemmeno le sventagliate di auto e camion. Con il Piave ormai “intubato” soprattutto nel tratto alpino l’attenzione è ora per l’ uso dell’acqua dei torrenti delle montagne del bellunese.
Si vogliono piazzare turbine sul Talagona, sul Bois, sul Cridola. Pure sul Lago del Mis anche grazie all’Ente parco delle Dolomiti che modificando lo statuto ha aperto la strada allo sfruttamento delle acque (Polemiche a non finire tra il direttore del parco e le associazioni ambientaliste e cittadini). Per capire quanto sta avvenendo nelle dolomiti bellunesi diamo qualche numero: la società En&En ha presentato ben 11 progetti in commissione regionale Via per l’installazione di centraline elettriche. Ma non sono da meno le società pubbliche perchè anche loro vogliono partecipare al banchetto: il Bim - bacino imbrifero montano - è una realtà intercomunale ma ha regole di una azienda privata e gestisce già 6 impianti. Gli introiti vengono distribuiti anche in servizi per il territorio.
Nel bellunese, privo di un piano di sviluppo alternativo al turismo e alla poca industria comunque in forte crisi, stanno per essere piazzate piccole centrali elettriche, opere di presa, condotte e tubi con buona pace della fauna ittica e non solo. La corsa all’acqua non è più una frontiera ma una cassaforte soprattutto dei privati.
Altro che acqua bene comune.
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