fonte: HumanitaUomo
Oggi nel mondo, circa 1,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua pulita e circa 2,6 miliardi non hanno accesso a servizi igienici sanitari adeguati.
Sono stati calcolati 60 milioni di decessi e tra questi 10,6 milioni riguardano bambini di età inferiore ai 5 anni. La diarrea rappresenta la seconda causa di decessi infantili e il mancato accesso all’acqua potabile e a servizi sanitari di base è il diretto responsabile della diffusione di questa malattia.
Per una persona che vive in un paese ricco è difficile immaginare cosa significhi non avere accesso diretto ad una fonte d’acqua sicura o a un servizio igienico-sanitario.
Sono stati calcolati 60 milioni di decessi e tra questi 10,6 milioni riguardano bambini di età inferiore ai 5 anni. La diarrea rappresenta la seconda causa di decessi infantili e il mancato accesso all’acqua potabile e a servizi sanitari di base è il diretto responsabile della diffusione di questa malattia.
Per una persona che vive in un paese ricco è difficile immaginare cosa significhi non avere accesso diretto ad una fonte d’acqua sicura o a un servizio igienico-sanitario.
Senza usare troppi giri di parole, se abbiamo bisogno d’acqua, andiamo in bagno o in cucina, apriamo il rubinetto e il gioco è fatto. Se abbiamo bisogno di defecare, il procedimento è allo stesso modo elementare, andiamo in bagno e quando abbiamo finito, tiriamo la sciacquone. Questi semplici gesti ci portano a consumare dai 200-300 litri d’acqua al giorno per uso domestico (media europea). Nel Regno Unito, ogni abitante consuma all’incirca 50 litri al giorno solo di scarico della toilette. In media per riempire una vasca da bagno servono 100 litri d’acqua e per una doccia più o meno la metà.
L’Organizzazione Mondiale per la Salute in accordo con l’Unicef, ha stabilito che il minimo giornaliero d’acqua pulita non deve essere inferiore ai 20 litri per persona, quantità sufficiente per bere e per l’igiene personale essenziale, e che la fonte di approvvigionamento non deve distare più di un chilometro dall’abitazione. Aggiunge inoltre che se consideriamo l’acqua usata per farsi un bagno e per lavare i panni, il consumo sale a 50 litri.
Per gli 1,6 miliardi di persone che vivono in una condizione di crisi idrica, oltre a dover compiere più di un chilometro ogni giorno per procurarsi l’acqua, spesso questa proviene da fonti potenzialmente inquinate e la quantità media raccolta è di soli 5 litri per persona. Questo faticosissimo compito nella maggioranza dei casi spetta a donne e bambini che ogni giorno devono percorrere lunghi tragitti trasportando dai 5 ai 10 chilogrammi d’acqua.
Di questa parte di popolazione mondiale priva d’accesso all’acqua “migliorata”, 406 milioni di persone vivono in Asia orientale e Pacifico, 314 milioni vivono in Africa subsahariana, 228,8 milioni in Asia meridionale, 49,4 milioni in America latina e Caraibi e 37,7 milioni negli Stati arabi.
Per quanto riguarda le persone prive di accesso a servizi igienico-sanitari, la distribuzione mondiale è la seguente: 958,2 milioni vivono in Asia orientale e Pacifico, 925,9 milioni in Asia meridionale, 436,7 milioni in Africa subsahariana, 119,4 milioni in America latina e Caraibi e 80,1 milioni negli Stati arabi, per un totale di 2,6 miliardi di persone.
In percentuale ad oggi, il 40% della popolazione mondiale non ha accesso a servizi-igienici e il 16% della popolazione mondiale non ha accesso a una fonte d’acqua sicura.
L’Organizzazione Mondiale per la Salute in accordo con l’Unicef, ha stabilito che il minimo giornaliero d’acqua pulita non deve essere inferiore ai 20 litri per persona, quantità sufficiente per bere e per l’igiene personale essenziale, e che la fonte di approvvigionamento non deve distare più di un chilometro dall’abitazione. Aggiunge inoltre che se consideriamo l’acqua usata per farsi un bagno e per lavare i panni, il consumo sale a 50 litri.
Per gli 1,6 miliardi di persone che vivono in una condizione di crisi idrica, oltre a dover compiere più di un chilometro ogni giorno per procurarsi l’acqua, spesso questa proviene da fonti potenzialmente inquinate e la quantità media raccolta è di soli 5 litri per persona. Questo faticosissimo compito nella maggioranza dei casi spetta a donne e bambini che ogni giorno devono percorrere lunghi tragitti trasportando dai 5 ai 10 chilogrammi d’acqua.
Di questa parte di popolazione mondiale priva d’accesso all’acqua “migliorata”, 406 milioni di persone vivono in Asia orientale e Pacifico, 314 milioni vivono in Africa subsahariana, 228,8 milioni in Asia meridionale, 49,4 milioni in America latina e Caraibi e 37,7 milioni negli Stati arabi.
Per quanto riguarda le persone prive di accesso a servizi igienico-sanitari, la distribuzione mondiale è la seguente: 958,2 milioni vivono in Asia orientale e Pacifico, 925,9 milioni in Asia meridionale, 436,7 milioni in Africa subsahariana, 119,4 milioni in America latina e Caraibi e 80,1 milioni negli Stati arabi, per un totale di 2,6 miliardi di persone.
In percentuale ad oggi, il 40% della popolazione mondiale non ha accesso a servizi-igienici e il 16% della popolazione mondiale non ha accesso a una fonte d’acqua sicura.
L’APARTHEID IDRICA
Queste cifre riflettono la portata della crisi idrica e igienica attuale che colpisce, si può dire esclusivamente, i “paesi in via di sviluppo”. Certamente esiste un rapporto positivo tra ricchezza e sviluppo dei servizi di base, avere più disponibilità economiche permette agli Stati o alle regioni di investire di più in opere pubbliche. Il ragionamento sembra abbastanza scontato ma spesso viene usato dai politici come alibi per nascondere le proprie responsabilità, come ad esempio nel caso dell’India rispetto al Bangladesh. Infatti, nonostante l’India abbia un reddito medio superiore di quello del Bangladesh, presenta una minor copertura a livello di servizi igienico-sanitari. Altro esempio, l’Egitto riguardo alla disponibilità d’acqua, nonostante abbia un reddito medio inferiore a quello della Cina, vanta livelli di copertura idrica più elevati.
Nel Rapporto sullo Sviluppo Umano del 2006 si parla di “apartheid idrica”. Con questa espressione si vuole indicare la realtà che si cela dietro le medie nazionali. Ad esempio in Brasile, il 20% di popolazione più ricca gode di un livello di accesso all’acqua e servizi igienico-sanitari paragonabile a quello dei paesi ricchi, mentre il 20% più povero presenta tassi di copertura decisamente bassi.
All’interno dello stesso paese si possono riscontrare realtà completamente differenti e queste in un certo senso riproducono la profonda disuguaglianza nel reddito familiare, tanto che la collocazione sociale di una famiglia la si può percepire vedendo da dove essa attinge l’acqua e di quali servizi igienici si serve.
È possibile che una famiglia sia povera e quindi non abbia accesso a una fonte d’acqua sicura e servizi igienici adeguati o il fatto che non abbia accesso ai servizi igienici e all’acqua la renda povera. Da qualunque lato si legga la storia, le statistiche sottolineano una forte coincidenza tra povertà e mancanza di accesso all’acqua.
Uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale per la Salute ha messo in evidenza i costi non solo umani ma anche economici che i paesi colpiti dalla crisi idrica subisco. La conclusione dell’analisi ci dice che non risolvere il deficit idrico e igienico-sanitario in termini economici, costerebbe nove volte di più che risolverlo. Inoltre considerando che la maggior parte delle persone che si trovano ad affrontare situazioni di stress idrico vivono con meno di 2 dollari al giorno, questi riceverebbero dei benefici proporzionalmente maggiori che porterebbero alla riduzione della povertà e di conseguenza a una forte spinta economica.
Nel Rapporto sullo Sviluppo Umano del 2006 si parla di “apartheid idrica”. Con questa espressione si vuole indicare la realtà che si cela dietro le medie nazionali. Ad esempio in Brasile, il 20% di popolazione più ricca gode di un livello di accesso all’acqua e servizi igienico-sanitari paragonabile a quello dei paesi ricchi, mentre il 20% più povero presenta tassi di copertura decisamente bassi.
All’interno dello stesso paese si possono riscontrare realtà completamente differenti e queste in un certo senso riproducono la profonda disuguaglianza nel reddito familiare, tanto che la collocazione sociale di una famiglia la si può percepire vedendo da dove essa attinge l’acqua e di quali servizi igienici si serve.
È possibile che una famiglia sia povera e quindi non abbia accesso a una fonte d’acqua sicura e servizi igienici adeguati o il fatto che non abbia accesso ai servizi igienici e all’acqua la renda povera. Da qualunque lato si legga la storia, le statistiche sottolineano una forte coincidenza tra povertà e mancanza di accesso all’acqua.
Uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale per la Salute ha messo in evidenza i costi non solo umani ma anche economici che i paesi colpiti dalla crisi idrica subisco. La conclusione dell’analisi ci dice che non risolvere il deficit idrico e igienico-sanitario in termini economici, costerebbe nove volte di più che risolverlo. Inoltre considerando che la maggior parte delle persone che si trovano ad affrontare situazioni di stress idrico vivono con meno di 2 dollari al giorno, questi riceverebbero dei benefici proporzionalmente maggiori che porterebbero alla riduzione della povertà e di conseguenza a una forte spinta economica.
LE CONSEGUENZE SUI BAMBINI
Ogni giorno muoiono 4.900 bambini per diarrea. Le cause di questa infezione si posso ricondurre per l’88% all’assenza di servizi igienici di base e all’assunzione di acqua sporca. Agire su questi ultimi avrebbe lo stesso effetto di un vaccino e quindi comporterebbe un risparmio sulle spese del sistema sanitario. Le malattie trasmesse da un’inadeguata fornitura d’acqua e servizi determinano la copertura della metà dei posti ospedalieri nei paesi “in via di sviluppo”.
Fortunatamente non in tutti i casi le malattie che si diffondono in zone colpite da crisi idrica comportano episodi patologici letali, ma possono comunque portare ad effetti dannosi sull’intero ciclo vitale e sul corretto sviluppo dell’individuo.
La cattiva salute riduce il potenziale cognitivo di un bambino e ha effetti negativi anche sullo sviluppo intellettivo e sulla crescita. Infezioni e diarree durante l’infanzia si collegano direttamente con una situazione di svantaggio, bassi guadagni e povertà in età adulta.
Come già accennato precedentemente, sono generalmente le bambine e le donne che si occupano della raccolta dell’acqua. Questo lavoro, oltre ad essere molto faticoso, “ruba” tempo all’educazione. Le bambine che ogni giorno devo recarsi alla fonte, raccogliere l’acqua e tornare all’abitazione, non hanno più tempo per andare a scuola. Questo contribuisce profondamente al consolidamento del divario di genere riguardo alla frequenza scolastica. In Tanzania i livelli di frequenza scolastica tra le bambine che vivono a meno di 15 minuti di distanza da una fonte d’acqua rispetto a quelle che vivono a più di una ora, superano il 12%. In pratica chi ha l’acqua più lontana va meno a scuola.
Inoltre la mancanza di servizi igienici separati nelle scuole fanno sì che i genitori delle bambine che hanno già superato la pubertà, per paura o mancanza di privacy, non mandino le loro figlie a scuola. L’istruzione potrebbe conferire alle ragazze più consapevolezza e un’opportunità di accrescere il loro status.
La perdita di dignità umana è inoltre associata alla mancanza di acqua e latrine. La carenza di acqua rende impossibile alle persone lavarsi e lavare i propri vestiti per lunghi periodi: questo ha delle forti implicazioni sul senso di benessere e sulla dignità degli individui. Per milioni di donne inoltre la mancanza di latrine ha un effetto negativo sia sulla sicurezza che sulla salute. In molte zone alle donne non è permesso andare a defecare di giorno, per il rischio di essere viste, così sono costrette ad aspettare le ore dopo il tramonto. Questa, oltre ad esporle al pericolo di violenza, è una delle principali cause di infezione epatica e costipazione acuta in molto paesi.
Intervenire con opere pubbliche per migliorare il sistema idrico e igienico significa limitare la diffusione di malattie, ridurre la mortalità infantile, le differenze di genere, la povertà, contenere i costi della sanità e incidere sulla dignità umana.
Quindi si può dire che la ricchezza giochi senz’altro un ruolo fondamentale per il miglioramento della copertura igienico-sanitaria e l’accesso all’acqua, ma da sola non basta, deve essere accompagnata anche da una forte volontà politica. •
Fortunatamente non in tutti i casi le malattie che si diffondono in zone colpite da crisi idrica comportano episodi patologici letali, ma possono comunque portare ad effetti dannosi sull’intero ciclo vitale e sul corretto sviluppo dell’individuo.
La cattiva salute riduce il potenziale cognitivo di un bambino e ha effetti negativi anche sullo sviluppo intellettivo e sulla crescita. Infezioni e diarree durante l’infanzia si collegano direttamente con una situazione di svantaggio, bassi guadagni e povertà in età adulta.
Come già accennato precedentemente, sono generalmente le bambine e le donne che si occupano della raccolta dell’acqua. Questo lavoro, oltre ad essere molto faticoso, “ruba” tempo all’educazione. Le bambine che ogni giorno devo recarsi alla fonte, raccogliere l’acqua e tornare all’abitazione, non hanno più tempo per andare a scuola. Questo contribuisce profondamente al consolidamento del divario di genere riguardo alla frequenza scolastica. In Tanzania i livelli di frequenza scolastica tra le bambine che vivono a meno di 15 minuti di distanza da una fonte d’acqua rispetto a quelle che vivono a più di una ora, superano il 12%. In pratica chi ha l’acqua più lontana va meno a scuola.
Inoltre la mancanza di servizi igienici separati nelle scuole fanno sì che i genitori delle bambine che hanno già superato la pubertà, per paura o mancanza di privacy, non mandino le loro figlie a scuola. L’istruzione potrebbe conferire alle ragazze più consapevolezza e un’opportunità di accrescere il loro status.
La perdita di dignità umana è inoltre associata alla mancanza di acqua e latrine. La carenza di acqua rende impossibile alle persone lavarsi e lavare i propri vestiti per lunghi periodi: questo ha delle forti implicazioni sul senso di benessere e sulla dignità degli individui. Per milioni di donne inoltre la mancanza di latrine ha un effetto negativo sia sulla sicurezza che sulla salute. In molte zone alle donne non è permesso andare a defecare di giorno, per il rischio di essere viste, così sono costrette ad aspettare le ore dopo il tramonto. Questa, oltre ad esporle al pericolo di violenza, è una delle principali cause di infezione epatica e costipazione acuta in molto paesi.
Intervenire con opere pubbliche per migliorare il sistema idrico e igienico significa limitare la diffusione di malattie, ridurre la mortalità infantile, le differenze di genere, la povertà, contenere i costi della sanità e incidere sulla dignità umana.
Quindi si può dire che la ricchezza giochi senz’altro un ruolo fondamentale per il miglioramento della copertura igienico-sanitaria e l’accesso all’acqua, ma da sola non basta, deve essere accompagnata anche da una forte volontà politica. •
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