fonte: Terra
ARSENICO. A quasi un mese di distanza dal no alla deroga da parte della Commissione europea, il ministro della Salute Fazio cade dalle nuvole: «Non prevedevamo un parere negativo». Istituzioni nel caos.
«Non ce lo aspettavamo». È tutto quello che ha da dire il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, a tre settimane dal no della Commissione europea all’ennesima deroga ai limiti di legge richiesta dall’Italia sulle concentrazioni di arsenico nell’acqua potabile. «Non prevedevamo un parere negativo». Il ministro è stato colto impreparato. Proprio non se lo aspettava che le «prove» addotte dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal Comitato scientifico europeo facessero pendere l’ago della bilancia per il no. Eppure anche prima del pronunciamento della Commissione europea, migliaia di pagine di letteratura scientifica mettevano in correlazione l’esposizione all’arsenico con l’insorgere di patologie tumorali. Un’evidenza che aveva spinto la stessa Ue a rivedere i parametri per la concentrazione di arsenico nelle acque destinate ad uso umano già 10 anni fa.
Forse il ministro della Salute non ne era al corrente. Quegli studi avevano accertato che l’arsenico è una sostanza tossica e cancerogena, la cui presenza nell’acqua da bere è «accettabile - entro certe soglie - solo per un periodo di tempo limitato senza rischi per la salute umana». E che non si potesse quindi continuare a derogare per sempre. Fazio non se lo aspettava. Ed è per questo forse che una volta ricevuta notizia del diniego lo scorso 11 novembre ha fatto in modo di tenersela stretta. Sono passati 27 giorni da quando la Commissione europea ha siglato il documento, 12 da quando il ministro della Salute dice di averlo ricevuto. Eppure, quando Terra lo ha contattato, il 16 novembre, la sua portavoce, Elena Romanazzi, negava di esserne a conoscenza. Alla prima telefonata ne sono seguite nei giorni successivi altre 5. Nonostante l’insistenza, legata alla necessità di informare quanto prima i cittadini, non siamo mai riusciti a parlare con il ministro. Lunedì la dottoressa Romanazzi ci aveva promesso un comunicato, ma come per l’intervista, abbiamo atteso invano.
Sono stati in tanti fino a qualche giorno fa a rispondere: «Io non so nulla». Lo hanno detto il dirigente della segreteria tecnico-operativa Ato2, Alessandro Piotti; il sindaco di Velletri (città dove l’arsenico ha superato addirittura il valore consentito dalla precedente deroga), Fausto Servadio; il direttore generale della Asl Rm-H, Alessandro Cipolla e il responsabile del Dipartimento prevenzione, Agostino Messineo. L’assessore all’Ambiente Marco Mattei invece sapeva tutto, dal 12 novembre, ma non informato i sindaci dei Comuni interessati. Alla Provincia di Roma, invece, devono ancora chiarirsi le idee: da giorni cercano qualcuno che sappia dire qualcosa sull’argomento. Ma non lo hanno ancora trovato. E pensare che quella di Roma è la provincia con il maggiore numero di comuni (91) coinvolti.
Ora è tutto chiaro. E il no all’ennesima deroga da parte della Commissione europea ha fatto crollare un intero castello, fatto di mancanza di preparazione e incompetenza. Nel vuoto istituzionale promettono però di muoversi comitati di base e associazioni in difesa dei consumatori: l’ Adoc sta valutando la possibilità di promuovere una class action a tutela dei diritti delle vittime dell’acqua inquinata, il Codacoms vuole attivare una procedura sospensiva urgente davanti al Tar, finalizzata ad ottenere il blocco immediato delle fonti d’acqua contaminata; per Federconsumatori si prefigura il reato di avvelenamento; il comitato Acqua pubblica di Velletri ha inviato una diffida al presidente dell’autorità d’ambito, Nicola Zingaretti, e al Sindaco, Fausto Servadio, chiedendo che vengano attuate immediatamente tutte le iniziative per garantire l’erogazione di acqua nei limiti della legge 31/2001. I Verdi, infine, hanno presentato una interrogazione a risposta immediata al presidente del Consiglio regionale (vedi l’articolo nella pagine di Terra Lazio) sempre sul caso di Velletri, chiedendo perchè le popolazioni interessate dall’emergenza arsenico non siano state informate. Un silenzio ufficiale che dura ancora oggi.
Forse il ministro della Salute non ne era al corrente. Quegli studi avevano accertato che l’arsenico è una sostanza tossica e cancerogena, la cui presenza nell’acqua da bere è «accettabile - entro certe soglie - solo per un periodo di tempo limitato senza rischi per la salute umana». E che non si potesse quindi continuare a derogare per sempre. Fazio non se lo aspettava. Ed è per questo forse che una volta ricevuta notizia del diniego lo scorso 11 novembre ha fatto in modo di tenersela stretta. Sono passati 27 giorni da quando la Commissione europea ha siglato il documento, 12 da quando il ministro della Salute dice di averlo ricevuto. Eppure, quando Terra lo ha contattato, il 16 novembre, la sua portavoce, Elena Romanazzi, negava di esserne a conoscenza. Alla prima telefonata ne sono seguite nei giorni successivi altre 5. Nonostante l’insistenza, legata alla necessità di informare quanto prima i cittadini, non siamo mai riusciti a parlare con il ministro. Lunedì la dottoressa Romanazzi ci aveva promesso un comunicato, ma come per l’intervista, abbiamo atteso invano.
Sono stati in tanti fino a qualche giorno fa a rispondere: «Io non so nulla». Lo hanno detto il dirigente della segreteria tecnico-operativa Ato2, Alessandro Piotti; il sindaco di Velletri (città dove l’arsenico ha superato addirittura il valore consentito dalla precedente deroga), Fausto Servadio; il direttore generale della Asl Rm-H, Alessandro Cipolla e il responsabile del Dipartimento prevenzione, Agostino Messineo. L’assessore all’Ambiente Marco Mattei invece sapeva tutto, dal 12 novembre, ma non informato i sindaci dei Comuni interessati. Alla Provincia di Roma, invece, devono ancora chiarirsi le idee: da giorni cercano qualcuno che sappia dire qualcosa sull’argomento. Ma non lo hanno ancora trovato. E pensare che quella di Roma è la provincia con il maggiore numero di comuni (91) coinvolti.
Ora è tutto chiaro. E il no all’ennesima deroga da parte della Commissione europea ha fatto crollare un intero castello, fatto di mancanza di preparazione e incompetenza. Nel vuoto istituzionale promettono però di muoversi comitati di base e associazioni in difesa dei consumatori: l’ Adoc sta valutando la possibilità di promuovere una class action a tutela dei diritti delle vittime dell’acqua inquinata, il Codacoms vuole attivare una procedura sospensiva urgente davanti al Tar, finalizzata ad ottenere il blocco immediato delle fonti d’acqua contaminata; per Federconsumatori si prefigura il reato di avvelenamento; il comitato Acqua pubblica di Velletri ha inviato una diffida al presidente dell’autorità d’ambito, Nicola Zingaretti, e al Sindaco, Fausto Servadio, chiedendo che vengano attuate immediatamente tutte le iniziative per garantire l’erogazione di acqua nei limiti della legge 31/2001. I Verdi, infine, hanno presentato una interrogazione a risposta immediata al presidente del Consiglio regionale (vedi l’articolo nella pagine di Terra Lazio) sempre sul caso di Velletri, chiedendo perchè le popolazioni interessate dall’emergenza arsenico non siano state informate. Un silenzio ufficiale che dura ancora oggi.
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