fonte: L'espresso
di Riccardo Bocca
Gigantesche esplosioni, colonne di fumo alte chilometri, nubi tossiche. E troppe morti sospette. In una struttura militare sulla costa sud orientale della Sardegna si sperimentano da decenni armi e materiali segreti. E ora la Procura di Lanusei indaga.
Un'esplosione nel poligono di Salto di QuirraMauro Artizzu non sospetta niente. E' a Cagliari, in casa, e il 3 marzo scorso si sta confidando con la sua ragazza e un amico. Sapesse che c'è un registratore, nascosto nella stanza, tacerebbe subito. Invece ignora l'interesse che gli investigatori hanno per i suoi ricordi, e racconta ciò che ha visto e fatto nel 1997, quand'era militare di leva al Pisq: il Poligono sperimentale interforze Salto di Quirra.
Dodicimila ettari di meraviglia naturale sulla costa sudorientale della Sardegna, convertiti nel 1956 in area per operazioni off limits. Un territorio dove nei decenni eserciti e aziende di mezzo mondo, incluse quelle italiane, hanno sperimentato armi e materiali segreti. Ma dietro i cancelli del poligono, sarebbe successo anche altro: ed è appunto questo il retroscena che Artizzu, classe 1978, riferisce agli amici: "Ho fatto un giuramento per non dire niente!", frena all'inizio. Ma poi prevale la rabbia, la voglia di condividere quei pensieri. E ricostruisce quella che, a suo dire, era un'abitudine consolidata al poligono di Quirra: brillare giganteschi cumuli di armi e munizioni, con esplosioni avvolte dal silenzio dei militari.
"Lì hanno brillato tutte le armi di tutto, non solo della Sardegna: di tutta l'Italia", dice Artizzu. "Venivano da Milano, da ogni parte arrivavano i camion...".
Entravano nella base e, a circa un chilometro e mezzo dagli uffici di Perdasdefogu, raggiungevano una buca profonda 80 metri: "un vulcano", lo definisce Artizzu, in cui scendevano mezzi articolati carichi di munizioni e armi. Dopodiché i militari piazzavano più cariche, certe volte senza neppure togliere i proiettili dai rimorchi, e procedevano con le esplosioni. Che avevano esiti indimenticabili, almeno per questo ex militare di leva: "Il posto intorno diventava bianco", dice Artizzu, "che ne so, nel mese di maggio, come se avesse nevicato!".
All'improvviso, continua, il terreno si copriva di una strana sostanza: "Ce l'hai presente un pezzo di gommapiuma? Però era pesante". E i militari "la raccoglievano... sì, la mettevano nei barili e la sotterravamo". Perché era tanta, tantissima, quella materia. Così parte dei fusti venivano trasferiti altrove, a bordo di camion, mentre la "gommapiuma" in eccesso finiva dentro contenitori seppelliti sotto al poligono: proprio dove passavano i pastori, che avevano terreni in concessione nella zona militare. Calpestavano quegli spazi con il bestiame, e le mucche "morivano perché mangiavano quell'erba...".
Non ha dubbi, Mauro Artizzu: "L'esercito nasconde tutto!".
Dodicimila ettari di meraviglia naturale sulla costa sudorientale della Sardegna, convertiti nel 1956 in area per operazioni off limits. Un territorio dove nei decenni eserciti e aziende di mezzo mondo, incluse quelle italiane, hanno sperimentato armi e materiali segreti. Ma dietro i cancelli del poligono, sarebbe successo anche altro: ed è appunto questo il retroscena che Artizzu, classe 1978, riferisce agli amici: "Ho fatto un giuramento per non dire niente!", frena all'inizio. Ma poi prevale la rabbia, la voglia di condividere quei pensieri. E ricostruisce quella che, a suo dire, era un'abitudine consolidata al poligono di Quirra: brillare giganteschi cumuli di armi e munizioni, con esplosioni avvolte dal silenzio dei militari.
"Lì hanno brillato tutte le armi di tutto, non solo della Sardegna: di tutta l'Italia", dice Artizzu. "Venivano da Milano, da ogni parte arrivavano i camion...".
Entravano nella base e, a circa un chilometro e mezzo dagli uffici di Perdasdefogu, raggiungevano una buca profonda 80 metri: "un vulcano", lo definisce Artizzu, in cui scendevano mezzi articolati carichi di munizioni e armi. Dopodiché i militari piazzavano più cariche, certe volte senza neppure togliere i proiettili dai rimorchi, e procedevano con le esplosioni. Che avevano esiti indimenticabili, almeno per questo ex militare di leva: "Il posto intorno diventava bianco", dice Artizzu, "che ne so, nel mese di maggio, come se avesse nevicato!".
All'improvviso, continua, il terreno si copriva di una strana sostanza: "Ce l'hai presente un pezzo di gommapiuma? Però era pesante". E i militari "la raccoglievano... sì, la mettevano nei barili e la sotterravamo". Perché era tanta, tantissima, quella materia. Così parte dei fusti venivano trasferiti altrove, a bordo di camion, mentre la "gommapiuma" in eccesso finiva dentro contenitori seppelliti sotto al poligono: proprio dove passavano i pastori, che avevano terreni in concessione nella zona militare. Calpestavano quegli spazi con il bestiame, e le mucche "morivano perché mangiavano quell'erba...".
Non ha dubbi, Mauro Artizzu: "L'esercito nasconde tutto!".
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