sabato 7 maggio 2011

Perché questi bombardamenti violano il diritto internazionale

Libia, un caso da manuale di informazione manipolata. Ecco dodici cose che Berlusconi, Larussa e Bersani non vi dicono
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fonte: PeaceLink
PeaceLink sta raccogliendo con il vostro aiuto le verità scomode di una guerra che contrasta con la risoluzione n. 1973 dell'Onu. Inviate i vostri contributi e suggerimenti a info@peacelink.it

6 maggio 2011 - Associazione PeaceLink

1) "Vincere o morire" 

"Noi possiamo solo vincere o morire", dice il capo dei ribelli in Libia. Eppure la risoluzione Onu richiede in primo luogo il cessate il fuoco. Non la vittoria di una delle due parti. Mustafa Jalil, capo del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) libico e leader dei ribelli, è già noto ad Amnesty International per le violazioni dei diritti umani compiute quando era ministro di Gheddafi.


2) Bombardamenti su Tripoli

La risoluzione ONU n.1973 non autorizza il bombardamento della Nato su Tripoli. Ha come primo obiettivo "l’immediata adozione di un cessate il fuoco" che gli insorti di Bengasi rifiutano e che la Nato infatti non richiede. La risoluzione recita:  
"Deliberando in base al Capo VII dello Statuto delle Nazioni Unite, 
1. Richiede l’immediata adozione di un cessate il fuoco e la completa cessazione di ogni violenza e di qualsiasi attacco o abuso a danno di civili;
2. Sottolinea l’esigenza di intensificare gli sforzi per addivenire ad una soluzione della crisi che risponda alle legittime richieste del popolo libico e prende atto delle decisioni del Segretario Generale di mandare il suo Inviato Speciale in Libia, nonché del Consiglio di Pace e Sicurezza dell’Unione Africana di inviare il suo Alto Comitato ad hoc in Libia, allo scopo di facilitare il dialogo per approdare alle riforme politiche necessarie per trovare una soluzione pacifica e sostenibile".

3) Bombardamenti "mirati"

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa le chiama "missioni mirate con missili di precisione" per colpire "obiettivi specifici", con l'intento di "evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile". Il giorno stesso, il 28 aprile, dodici ribelli libici sono rimasti uccisi per errore, e altri cinque sono stati feriti, in alcuni raid aerei della Nato a Misurata.

4) Uranio impoverito

Gli Usa lanciato uranio impoverito in Libia. Con le polveri del deserto possono arrivare fin da noi le nanoparticelle radioattive. La contaminazione radioattiva è una violazione del diritto internazionale.  Con 491 voti favorevoli, 18 contrari e 12 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato il 30/5/2008 una risoluzione che considera l'uso dell'uranio impoverito a fini bellici «contrario al diritto internazionale, umanitario ed ambientale».

5) "Tutti i mezzi necessari"

Spesso si invoca il passo della risoluzione ONU in cui di autorizza ad usare "tutte le misure necessarie" per far passare l'idea che i bombardamenti vi rientrino; a farlo sono spesso parlamentari che non hanno letto la risoluzione ONU; si legga con attenzione la risoluzione n. 1973 perché non è così. Infatti in essa il Consiglio di Sicurezza dell'Onu "autorizza gli Stati Membri che ne abbiano informato il Segretario Generale, che agiscano su iniziativa nazionale o attraverso organizzazioni o accordi regionali, operando in collaborazione con il Segretario Generale, a prendere tutte le misure necessarie, anche senza tener conto del paragrafo 9 della risoluzione 1970 (2011), per proteggere i civili e le aree a popolazione civile minacciate di attacco nella Jamahiriya Araba di Libia, compresa Bengasi, escludendo l’ingresso di una forza di occupazione straniera in qualsiasi forma e qualsiasi parte del teritorio libico, e richiede agli Stati Membri interessati di informare immediatamente il Segretario Generale sulle misure che prendono in base all’autorizzazione conferita con questo paragrafo, le quali saranno immediatamente comunicate al Consiglio di Sicurezza".
E' evidente che il termine "tutte le misure necessarie" è riferito alla protezione dei civili e non al bombardamento di Tripoli che può mietere (e ha mietuto) vittime fra i civili. La Nato dice che i suoi bombardamenti sono "mirati". Ma - se la si pone su questo piano - anche Gheddafi potrebbe inoltre asserire (come fa la Nato del resto) che i suoi crudeli bombardamenti da terra su Misurata siano "mirati" a colpire solo obiettivi militari, invocando di non essere colpito dalla Nato a Misurata quando ingaggia uno scontro a fuoco con un'altra fazione militarmente organizzata e armata.

6) Frecce Tricolori su Tripoli

Il 30 agosto 2009 le Frecce Tricolori volavano Tripoli per celebrare il "Trattato di amicizia" tra Italia e Libia. Il ministro La Russa disse: "L'esibizione delle Frecce Tricolori a Tripoli è un impegno che il Governo ha assunto sulla base di una richiesta venuta dalla Libia". 

7) Trattato di amicizia italo-libico del 2009

Cosa prevedeva il "Trattato di amicizia"? Articolo 4 (Non ingerenza negli affari interni): "Le Parti si astengono da qualunque forma di ingerenza diretta o indiretta negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell'altra Parte, attenendosi allo spirito di buon vicinato". Su tale trattato vi sono ampie analisi del prof. Natalino Ronzitti. Nel comma 2 dell'articolo 4 si legge: "Nel rispetto dei principi della legalità internazionale, l'Italia non userà, ne permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà, né permetterà, l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l'Italia".

8) Uccisione di minorenni in raid Nato

La notte del 30 aprile Saif al-Arab, uno dei figli di Muammar Gheddafi, è rimasto ucciso in un raid della Nato. Si trovava nella sua abitazione di Tripoli. Nell'attacco sono morti anche tre nipoti del colonnello libico, tutti minorenni. Secondo quanto riferito il governo locale, nell'abitazione era presente anche il rais. La Nato ha riferito che c'è stato un attacco e che l'obiettivo era una struttura militare.  Il ministro della Difesa Ignazio La Russa le chiama "missioni mirate con missili di precisione" per colpire "obiettivi specifici", con l'intento di "evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile".

9) Chi è il leader dei rivoltosi che è a capo dell'azione militare anti-Gheddafi?

E' MuṣṭafÄ� Ê¿Abd al-JalÄ«l. Così ci informa Wikipedia: "Ministro della giustizia della Libia dal gennaio 2007, MuṣṭafÄ� Ê¿Abd al-JalÄ«l Faá¸ï¿½Ä«l è stato criticato nell'agosto 2010 dall'Human Rights Watch per i metodi di arresto e prolungata detenzione senza processo di cittadini libici, nel dicembre 2010 anche Amnesty International ha fortemente criticato l'operato del ministero della giustizia libico.In seguito alle sommosse popolari in Libia cominciate il 16 febbraio 2011, il 21 febbraio ha dato le dimissioni dal governo di Muhammad Abu l-Qasim al-Zuwayy ed è passato alle forze anti-Gheddafi".

10) "Dai diecimila ai trentamila massacrati da Gheddafi"

Fonti Usa parlano di una responsabilità di Gheddafi nell'aver fatto massacrare quantità di civili variabili dai 10 mila ai 30 mila. Al direttore di Limes, Lucio Caracciolo, esperto di conflitti internazionali, è stato chiesto: "Nei primi giorni abbiamo ascoltato notizie di fosse comuni e di diecimila morti. Un'invenzione?" la risposta è stata: "Senza dubbio. L'emergenza umanitaria non c'era e, se c'era, non era delle dimensioni che ci sono state raccontate. La rappresentazione della realtà in quei termini è stata un'operazione voluta da Al Jazeera e da altri media che hanno ripreso acriticamente quello che ci raccontavano le tv satellitari arabe. Anche gli americani ci sono cascati "naturalmente"".

11) "Notizie spesso manipolate"

Scrive Lucio Caracciolo, direttore di Limes: "La guerra di Libia merita di essere studiata come esempio di collasso dell'informazione. Abbiamo iniziato una campagna militare sulla base di notizie spesso manipolate se non del tutto false, in uno scenario che conoscevamo poco o punto. E ora non sappiamo come uscirne. L'unica certezza è che le prime vittime della “guerra umanitaria” costruita dalla disinformazione sono i libici che pensavamo di salvare dalla morsa di Gheddafi".

12) Uno strappo alla Costituzione italiana

L'articolo 11 della Costituzione sancisce che l'Italia ripudia la guerra. Con questa guerra si è compiuto uno strappo, e ciò che i giornali chiamano "guerra" diviene legale solo perché il Presidente della Repubblica Napolitano la definisce come operazione militare a tutela della pace. Si cambiano le parole per evitare che si configuri una illegalità sotto il profilo forma quando lo è di fatto sotto il profilo sostanziale. La legge 331/2000 prescrive il rispetto dell'articolo 11 della Costituzione nelle missioni militari all'estero.

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