fonte: Libre
«Maroni? Dovrebbe fare il sassofonista, non il ministro», scherza dal microfono un alpino in congedo, con in testa il cappello con la penna nera, in mezzo ai 15.000 dimostranti pacifici dell’ultima marcia No-Tav, da Giaglione a Chiomonte, il 30 luglio. Doveva essere «la giornata clou», secondo il titolare del Viminale, il “ministro della paura”: la decisiva battaglia campale in cui «fermare i violenti». Che però non si sono visti: niente sassi, ma fiori agli agenti antisommossa. «Siamo noi a decidere il da farsi, non la polizia», avverte il movimento valsusino, che incassa l’ennesimo trionfo popolare: la partecipazione era stata scoraggiata da inauditi appelli al boicottaggio da parte di media e politici, completamente ignorati. In valle di Susa hanno sfilato in massa cittadini, sindaci e anche una delegazione dall’Aquila.
«Non è questione di contestare un treno, quanto un modello fallito che impone grandi opere inutili dall’alto, sulla testa della popolazione», protesta una portavoce aquilana, in marcia sui sentieri dei No-Tav: «E la lotta civile della valle di Susa ha dimostrato, ancora una volta, anche l’inadeguatezza e l’inaffidabilità dei media: il loro è stato un autentico naufragio». In effetti, giornali e televisioni si sono appiattiti sulla linea politica Pd-Pdl, a loro volta al riparo della questura e pronti a ridurre la contestazione a una faccenda di ordine pubblico, senza mai citare le ragioni della protesta e spiegare perché una valle alpina di centomila abitanti sia in campo da anni contro quella che percepisce come un’aggressione per avallare un colossale imbroglio ai danni degli italiani. Quasi-silenzio anche sulla clamorosa denuncia che 150 docenti universitari di tutta Italia hanno rivolto al presidente Napolitano con una lettera aperta, per richiamare l’attenzione del Quirinale sul caso valsusino.
La Torino-Lione sarebbe devastante per il territorio e per le disastrate finanze italiane, con 20 miliardi di euro a carico delle generazioni future. Problemi enormi, ma forse in qualche modo negoziabili, teoricamente, se almeno fosse dimostrato che la futura linea ferroviaria ad alta velocità servisse a qualcosa. Purtroppo, al contrario, tutti gli studi rivelano che il traffico merci Italia-Francia è in caduta libera: la nuova ferrovia, spacciata per “strategica” nonostante l’attuale Torino-Modane sia ormai disertata dai treni, non avrebbe alcun significato in termini di futuro economico. L’unico vantaggio evidente? Il ghiotto boccone dei cantieri per la lobby che unisce politici, costruttori e banche. Con anche l’ombra della nuova mafia, quella che ormai sfrutta la cassaforte (pubblica) delle grandi opere, per realizzare investimenti sicuri, destinati a riciclare – senza rischio d’impresa – l’immenso tesoro del denaro sporco.
I media hanno preferito lasciarsi ipnotizzare da tre settimane di tensioni, coi No-Tav impegnati ad “assediare” gli agenti trinceratisi a Chiomonte a fine giugno dopo aver sfrattato a colpi di lacrimogeni i manifestanti asserragliati alla Maddalena, sui terreni regolarmente acquistati per opporsi legalmente all’apertura del cantiere e poi occupati dalle forze antisommossa «in modo illegittimo, senza regolari modalità di esproprio», come denunciano gli avvocati No-Tav. Una situazione esasperante, che ha spinto molti giovani a insidiare la zona rossa, in qualche caso anche col lancio di pietre e petardi in risposta ai lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, che hanno provocato il ferimento di centinaia di valsusini. Ultimo “sfregio” alla sovranità popolare, l’invio degli alpini della Taurinense, cui si sono opposte almeno 300 penne nere in congedo: «Lo spirito alpino è quello di chi le valli le difende, non quello di chi le occupa facendo la guerra alla popolazione».
Se qualcuno sperava di liquidare la protesta come fenomeno teppistico, il 30 luglio è stato beffato: come quando scesero a Torino in ventimila per la fiaccolata di metà luglio, i No-Tav hanno scelto di spiazzare ancora una volta gli avversari politici, a cui in fondo la violenza fa comodo, perché spaventa l’opinione pubblica disinformata e consente di non parlare mai della “truffa della Torino-Lione”. Per evitare ulteriori equivoci, i No-Tav si sono ora dotati di un servizio d’ordine per isolare quelle che i giornali chiamano “frange violente”, nutrite di “black bloc”: dopo la pausa di agosto, a settembre la battaglia civile ripartirà dal “presidio” della centrale elettrica di Chiomonte. «Maroni, il Pd e gli altri si rassegnino: noi non molleremo, continueremo fino alla vittoria finale. Spiegheremo al Paese quale imbroglio si sta cercando di imporre con la forza: non solo alla valle di Susa, ma a tutti i contribuenti italiani».
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