Luca Galassi
Crisi degli alloggi? Il governo approva la costruzione di migliaia di nuovi insediamenti illegali nei Territori Occupati
Nel pieno della crisi degli alloggi, con decine di migliaia di persone in piazza a protestare contro la carenza di case a basso costo, il governo israeliano ha approvato la costruzione di migliaia di nuovi appartamenti per i coloni a Gerusalemme Est. "Il via libera - ha reso noto il portavoce del ministero degli Interni, Roei Lachmanovich - si è reso necessario a causa della crisi economica in Israele. La gente vuole case, cerca un luogo dove costruire a Gerusalemme, e questa decisione li aiuterà. Non c'è nulla di politico, è una scelta esclusivamente economica".
Difficile non considerare ipocrita tale dichiarazione, alla luce del fatto che l'approvazione provvisoria ai nuovi insediamenti era stata data nel marzo 2010, esattamente durante la visita in Israele del vice-presidente Usa Joe Biden, proprio mentre questi si trovava in Medio Oriente per rilanciare il processo di pace israelo-palestinese. La decisione fu uno schiaffo morale che svelò le reali intenzioni - politiche, non economiche - di Israele: proseguire l'occupazione colonialista nei Territori Occupati, alla faccia di qualsiasi 'road map'.
Ogni decisione di costruire in tali aree è illegale, secondo il diritto internazionale, anche se le risoluzioni Onu non fanno legge, per lo Stato ebraico. Israele occupa la Cisgiordania dal 1967. Nello stesso anno è stata annessa Gerusalemme Est, mossa quest'ultima condannata dalla comunità internazionale anche attraverso precise disposizioni di legge, emanate dalle stesse Nazioni Unite (risoluzione 442, 446 e 465, quest'ultima sul divieto di costruire nei Territori Occupati).
Doppiamente beffarda risulta quindi la dichiarazione di Lachmanovich e il collegamento alle manifestazioni di protesta delle ultime settimane da parte della popolazione israeliana contro il costo della vita in aumento e il rincaro dei prezzi degli immobili: "Le unità sono state approvate perché qui in Israele c'è la crisi economica", ha tagliato corto il portavoce ministeriale. In totale, è stata approvata in via definitiva la realizzazione di 1.600 alloggi a Ramat Shlomo, insediamento situato nella zona settentrionale del settore orientale della Città Santa. Ma non finisce qui: altre 2.700 unità abitative, di cui duemila a Givar Hamatos e settecento a Pisgat Zeev, riceveranno il via libera per la costruzione nei prossimi giorni, sempre secondo le parole di Lachmanovich. Totale: 4.300 nuove case, un quadro complessivo che appare destinato ad acuire ancora di più la tensione non solo con l'Anp, ma anche con l'Unione Europea e con gli stessi Stati Uniti. Ciò che appariva poco chiaro ai più è oggi sotto gli occhi di tutti: Tel Aviv sta procedendo a passi spediti alla cementificazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, in coerente obbedienza alla sua cultura espansionista.
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