PERCHÉ LA PRESIDENTE FERNANDEZ VINCE E OBAMA PERDE
DI JAMES PETRAS
Global Research
Global Research
Il 23 ottobre di quest’anno, la Presidente Cristina Fernandez ha vinto le elezioni ricevendo il 54% dei voti, 37 punti percentuali al di sopra del suo più diretto avversario. La coalizione presidenziale ha conquistato anche il Congresso, il Senato e le Regioni, come pure 135 dei 136 fra i più grandi municipi di Buenos Aires. In netto contrasto il Presidente Obama che, in base ai recenti sondaggi che vedono avanzare i candidati repubblicani, pare sia destinato a perdere il controllo di entrambe le camere del Congresso nel prossimo 2012. Che cosa ha creato questa monumentale differenza nelle preferenze dei voti per i due presidenti uscenti? Una parallela discussione storica sulle politiche socioeconomiche ed estere, come pure sulle risposte date dagli establishment alle profonde crisi economiche, è necessaria per comprendere i punti che stanno alla base di questi risultati pressoché opposti.
Metodologia
Al fine di paragonare la prestazione della Fernandez con quella di Obama, è necessario porle nel loro contesto storico. Più precisamente, entrambi i presidenti e i loro immediati predecessori, George Bush negli Stati Uniti e Nestor Kirchner in Argentina, hanno dovuto affrontare delle grandissime crisi economiche e sociali. Da rimarcare, ad ogni modo, sono le differenti risposte date alle crisi e i loro risultati totalmente divergenti. Da un lato crescita sostenuta e giustizia sociale in Argentina, inasprimento delle condizioni e politiche fallimentari negli Stati Uniti.
Contesto storico argentino: la depressione, la rivolta e la ripresa
Fra il 1998 e il 2002 l’Argentina affrontò la peggiore crisi economica della sua storia. L’economia sprofondò passando da una recessione a una depressione su larga scala, culminata con una crescita negativa in doppia cifra fra il 2001 e il 2002. La disoccupazione raggiunse e superò il 25% e nei quartieri operai arrivò oltre il 50%. Decine di migliaia di professionisti impoveriti, appartenenti alla classe media, si mettevano in fila per il pane e la minestra pochi isolati più in là del palazzo presidenziale. Centinaia di migliaia di lavoratori disoccupati, i “piqueteros”, bloccarono le maggiori autostrade e alcuni assalirono i treni che portavano il bestiame e i cereali all’estero. Le banche chiusero, privando milioni di correntisti dei loro risparmi. Milioni di contestatori organizzarono collettivi radicali in tutti i quartieri e si unirono con le assemblee dei disoccupati. Il paese era pesantemente indebitato e la gente profondamente impoverita. Il malcontento popolare stava sfociando in una sollevazione rivoluzionaria. Il Presidente uscente Fernando De La Rua fu rovesciato (2001), numerosi manifestanti furono feriti o uccisi dal momento che la ribellione popolare stava minacciando di impossessarsi del palazzo presidenziale. Entro la fine del 2002 centinaia di fabbriche in bancarotta furono occupate, rilevate e gestite dai lavoratori. L’Argentina dichiarò il default verso il suo debito estero. All’inizio del 2003 Nestor Kirchner fu eletto presidente nel bel mezzo di una crisi di sistema e cominciò a rifiutare le pressioni che lo spingevano al pagamento del debito e alla repressione dei movimenti popolari. Al contrario inaugurò una serie di programmi d’emergenza per il pubblico impiego. Autorizzò il pagamento di un sussidio per i lavoratori disoccupati (150 pesos al mese) per andare incontro ai bisogni fondamentali di circa la metà della forza lavoro.
Lo slogan più popolare della maggioranza dei movimenti che occupavano distretti finanziari, fabbriche, edifici pubblici e strade era “Que se vayan todos”. L’intera classe politica, i dirigenti e i partiti, il Presidente e il Congresso, furono rinnegati completamente. Tuttavia, anche se i movimenti erano di ampia portata, attivi e uniti in ciò che rifiutavano, non avevano un programma coerente per prendere il potere nello Stato, né avevano una leadership politica che li guidasse. Dopo due anni di tumulti e disordini, il popolo tornò alle urne ed elesse Kirchner con il mandato di produrre risultati oppure farsi da parte. Kirchner recepì il messaggio, almeno per quanto riguarda la crescita economica accompagnata dalla giustizia sociale.
Contesto: USA con Bush e Obama
Gli ultimi anni dell’amministrazione Bush e della presidenza di Obama sono stati caratterizzati dalla peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione degli anni ‘30. Disoccupazione e sottoccupazione crebbero fino a raggiungere quasi un terzo della forza lavoro nel 2009. Milioni di ipoteche non furono riscattate. I fallimenti si moltiplicarono e le banche erano sull’orlo del collasso. La recessione e la forte deflazione dei redditi aumentarono la povertà e moltiplicarono il numero di persone con carenza di cibo. A differenza dell’Argentina, i cittadini scontenti presero la via delle urne. Attratti dalla demagogica retorica del cambiamento di Obama, riposero le loro speranze nel nuovo presidente. I democratici vinsero le presidenziali ed ottennero la maggioranza in entrambe le Camere del Congresso. La prima priorità di Obama e del Congresso fu quella di riversare trilioni di dollari nei bilanci delle banche in sofferenza anche se la disoccupazione era in aumento e la recessione continuava. La seconda priorità fu quella di rafforzare ed espandere le guerre imperiali oltreoceano.
Obama aumentò il numero di soldati in Afghanistan fino a 30 mila; ampliò il budget per le spese militari fino a 750 miliardi di dollari; lanciò nuove operazioni in Somalia, Libia, Pakistan e rafforzò il sostegno nei confronti delle forze armate israeliane; firmò accordi militari con nazioni asiatiche (India, Filippine e Australia) vicine alla Cina.
In conclusione Obama ha dato la massima priorità all’espansione dell’impero militare, svuotando le finanze pubbliche dei fondi necessari per rilanciare l’economia nazionale e ridurre la disoccupazione.
Di contro, il duo Kirchner/Fernandez ha ridotto il potere dell’esercito tagliando le spese militari, veicolando le rinnovate risorse verso i programmi per la piena occupazione, gli investimenti produttivi e le esportazioni non convenzionali.
Durante la presidenza Obama la crisi è divenuta un pretesto per rilanciare e consolidare il potere finanziario di Wall Street. La Casa Bianca ha aumentato il budget per le spese militari, acuendo il passivo di bilancio e ha poi proposto di tagliare essenziali servizi sociali per ridurre tale deficit.
Argentina: dalla crisi alla crescita esponenziale
In Argentina la catastrofe economica e l’insurrezione popolare fornirono a Kirchner l’opportunità di spostare le risorse dagli interessi militaristi e della speculazione finanziaria ai programmi sociali e ad una crescita economica sostenuta.
Le vittorie elettorali sia di Kirchner che della Fernandez riflettono il successo da loro ottenuto nel creare un “normale stato sociale capitalista”. Dopo trent’anni di regimi predatori neoliberisti servi degli americani, tutto ciò rappresenta un cambiamento notevolmente positivo. Dal 1966 al 2002 l’Argentina ha sofferto sotto il giogo di brutali dittature militari culminate con i generali genocidi che assassinarono circa trentamila argentini fra il 1976 e il 1982. Fra il 1983 e il 1989 dovette subire un regime neoliberista (Raul Alfonsin) che ha fallito nel fare i conti con l’eredità della vecchia dittatura e ha presieduto a un iperinflazione in tripla cifra. Dal 1989 al 1999 sotto il Presidente Carlos Menem, l’Argentina assistette alla gigantesca svendita a prezzi d’occasione delle sue aziende pubbliche più produttive, delle risorse naturali (petrolio incluso), delle banche, delle autostrade, degli allevamenti e delle acque pubbliche, in favore degli investitori stranieri e dei compari cleptocratici.
Ultimo ma non per importanza, Fernando De La Rua (2000 – 2001), promise dei cambiamenti, ma procedette solo ad acuire la recessione che condusse al catastrofico botto finale del dicembre 2001 col fallimento degli istituti di credito, la bancarotta di diecimila aziende e il collasso dell’economia.
In questo scenario di totale e assoluto fallimento e disastro umanitario causato dalla politiche liberiste promosse dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale, Kirchner/Fernandez dichiararono il default per il debito estero, nazionalizzarono i fondi pensione e numerose imprese precedentemente privatizzate, aiutarono le banche e raddoppiarono la spesa sociale, espandendo gli investimenti pubblici e tonificando i consumi di massa, al fine di intraprendere la strada della ripresa economica. Dalla fine del 2003 l’Argentina passò dalla recessione a una crescita del PIL pari all’8% annuo.
Diritti umani, programmi sociali e politica economica estera indipendente
L’economia argentina è cresciuta di circa il 90% dal 2003 al 2011, più di tre volte di quella statunitense. La sua ripresa è stata accompagnata da una spesa sociale triplicata, direzionata specialmente verso i programmi per ridurre la povertà. La percentuale di argentini che vivono sotto la soglia di povertà è passata dal 50% del 2001 a meno del 15% del 2011. In contrapposizione la povertà negli Stati Uniti è salita dal 12% al 17% nella medesima decade e sta continuando a seguire una traiettoria al rialzo in un analogo periodo.
Gli Stati Uniti sono divenuti il paese con le maggiori disuguaglianze nell’area OCSE, con l’1% di popolazione che detiene il 40% della ricchezza nazionale (percentuale in ascesa dal 30% dell’ultimo decennio). In contrapposizione, le disuguaglianze in Argentina sono state ridotte di circa la metà. L’economia statunitense non è riuscita a riprendersi dalla profonda recessione del biennio 2008-2009, in cui è diminuita di oltre l’8%. Quella argentina, invece, è scesa meno dell’1% nel 2009 e sta crescendo a un salutare tasso dell’8% durante l’ultimo biennio. L’Argentina ha nazionalizzato i fondi pensione, raddoppiato le pensioni minime e introdotto programmi sociali universali per l’infanzia al fine di contrastare la malnutrizione e garantire la frequenza scolastica.
Al contrario, il 20% dei bambini in USA sta attualmente soffrendo di un carente regime alimentare, di un alto tasso di abbandono scolastico e la malnutrizione colpisce ormai il 25% dei minori. Con gli ulteriori tagli in corso alle spese per la salute e l’educazione, le condizioni sociali non possono che peggiorare. In Argentina il livello dei redditi dei lavoratori salariati è cresciuto del 50% nell’ultimo decennio, mentre negli Stati Uniti è sceso di circa il 10%.
La forte crescita del Prodotto Nazionale Lordo argentino è stata alimentata dall’aumento dei consumi interni e dai guadagni derivati dalle esportazioni. L’Argentina ha un notevole attivo nella bilancia commerciale dovuto ai favorevoli prezzi di mercato ed all’accresciuta competitività. Negli Stati Uniti invece i consumi interni sono stagnanti, la bilancia commerciale ha un deficit di quasi 1,5 trilioni di dollari e le entrati fiscali vengono sprecate in improduttive spese militari per un valore di oltre 900 miliardi all’anno.
Mentre in Argentina l’impulso verso una politica di ripudio del debito e di crescita sostenuta è provenuto dalla ribellione popolare e dai movimenti delle masse, negli Stati Uniti il malcontento popolare è stato convogliato verso l’elezione di un truffatore colluso con la finanza di Wall Street chiamato Obama. Egli ha continuato a investire le risorse nel salvataggio delle élite finanziarie invece di farle andare in bancarotta e sostenere la crescita, la competitività e i consumi di massa.
L’alternativa argentina ai salvataggi e alla povertà
L’esperienza argentina va contro tutti i precetti delle agenzie finanziarie internazionali (il FMI e la Banca Mondiale), dei loro sostenitori politici e dei giornalisti della stampa economica. Sin dal primo anno (il 2003) della ripresa fino ad oggi, gli esperti in economia “predissero” che la sua crescita non fosse ”sostenibile” invece è proseguita in maniera robusta per oltre un decennio. La stampa economica affermò che il default avrebbe condotto l’Argentina ai margini dei mercati finanziari e la sua economia sarebbe collassata. L’Argentina si basò sull’autofinanziamento derivato dai guadagni sulle esportazioni e sulla riattivazione dell’economia domestica e contraddisse i prestigiosi economisti.
Quando la crescita continuò, i critici del Financial Times e del Wall Street Journal sostennero che sarebbe terminata una volta che la capacità produttiva inutilizzata si fosse esaurita. Invece i proventi derivati dalla crescita consentirono l’espansione di un mercato interno e trovarono nuovi sbocchi specialmente nei mercati emergenti dell’Asia e del Brasile.
Persino recentemente, il 25 ottobre 2011, gli opinionisti del Financial Times ancora blateravano di un imminente crisi nella maniera messianica con cui i fondamentalisti predicono un’incombente apocalisse. Ripetevano sempre il ritornello dell’elevata inflazione, dei programmi sociali insostenibili, della valuta troppo forte come predizioni sulla fine della prosperità. Tutti questi terribili avvertimenti ci rivengono in mente di fronte alla persistente crescita all’8% registrata nel 2011 e alla schiacciante vittoria elettorale della Fernandez. Gli scribacchini finanziari angloamericani dovrebbero focalizzare l’attenzione sul fallimento delle loro politiche di libero mercato in Europa e in Nord America, invece di denigrare un esperienza di un modello economico da cui dovrebbero imparare.
Nel confutare le teorie dei critici del Wall Street, Mark Weisbrot e i suoi collaboratori sottolineano come (“La storia del successo argentino” del Centro di Ricerca sulle Cattive Politiche Economiche - ott. 2011) la crescita argentina fu basata sull’espansione dei consumi interni, sull’aumento dell’esportazioni manifatturiere verso i partner commerciali della regione come pure sul tradizionale export di prodotti agricoli e minerari verso il mercato asiatico. In altre parole, l’Argentina non è totalmente dipendente dalle esportazioni industriali; ha sviluppato un commercio equilibrato e non è neanche troppo dipendente dai prezzi delle materie prime. Per quanto riguarda l’inflazione elevata, Weisbrot sottolinea che “l’inflazione può anche essere alta in Argentina ma quello che conta è la crescita reale e la distribuzione della ricchezza finalizzata al benessere della maggioranza della popolazione”.
Gli Stati Uniti sotto Bush e Obama hanno seguito un percorso totalmente divergente da quello del duo Kirchner-Fernandez. Hanno dato la priorità alla spesa militare e all’espansione dell’apparato di sicurezza a discapito dell’economia produttiva. Obama e il Congresso hanno puntato forte su politiche recessive di taglio delle spese sociali, aumentando lo stato di polizia e violando sempre di più i diritti civili dei cittadini. In contrapposizione, Kirchner/Fernandez hanno punito severamente dozzine e dozzine di autori di violazioni dei diritti civili appartenenti alla polizia e all’esercito ed hanno indebolito il potere politico dei militari.
In conclusione, i presidenti argentini hanno respinto le pressioni dei gruppi di interesse militari che richiedevano maggiori fondi per le spese in armamenti. Hanno creato un modello di stato più adatto al loro progetto politico di competitività economica, nuovi mercati e programmi sociali. Bush e Obama hanno ridato slancio alla finanza parassitaria sbilanciando ulteriormente l’economia. Kirchner e la Fernandez si sono assicurati che il settore bancario sostenesse la crescita delle esportazioni, la manifattura e i consumi interni. Obama taglia lo stato sociale per pagare i creditori, Kirchner e la Fernandez hanno imposto un haircut del 75% ai titolari delle obbligazioni governative per finanziare la spesa sociale.
Kirchner e la Fernandez hanno vinto tre elezioni presidenziali con largo margine. Obama potrebbe essere un presidente dal singolo mandato nonostante la campagna elettorale miliardaria finanziata da Wall Street, l’appoggio delle lobby industriali e militari e la sua politica filo-israeliana.
L’opposizione popolare contro Obama, specialmente il movimento “Occupy Wall Street” , ha ancora tanta strada da fare per emulare il successo ottenuto dagli antagonisti argentini che rimossero i presidenti in carica, bloccarono le autostrade paralizzando la produzione e la circolazione e imposero un programma politico di stampo socialista che privilegiasse l’economia reale a discapito della finanza, i consumi sociali rispetto alle spese militari. Il movimento “Occupy Wall Street” ha compiuto un primo passo verso la mobilitazione di cittadini partecipanti e attivi necessario per creare il tessuto sociale che ha trasformato l’Argentina da uno stato clientelare filo-statunitense a un dinamico e indipendente stato sociale.
Al fine di paragonare la prestazione della Fernandez con quella di Obama, è necessario porle nel loro contesto storico. Più precisamente, entrambi i presidenti e i loro immediati predecessori, George Bush negli Stati Uniti e Nestor Kirchner in Argentina, hanno dovuto affrontare delle grandissime crisi economiche e sociali. Da rimarcare, ad ogni modo, sono le differenti risposte date alle crisi e i loro risultati totalmente divergenti. Da un lato crescita sostenuta e giustizia sociale in Argentina, inasprimento delle condizioni e politiche fallimentari negli Stati Uniti.
Contesto storico argentino: la depressione, la rivolta e la ripresa
Fra il 1998 e il 2002 l’Argentina affrontò la peggiore crisi economica della sua storia. L’economia sprofondò passando da una recessione a una depressione su larga scala, culminata con una crescita negativa in doppia cifra fra il 2001 e il 2002. La disoccupazione raggiunse e superò il 25% e nei quartieri operai arrivò oltre il 50%. Decine di migliaia di professionisti impoveriti, appartenenti alla classe media, si mettevano in fila per il pane e la minestra pochi isolati più in là del palazzo presidenziale. Centinaia di migliaia di lavoratori disoccupati, i “piqueteros”, bloccarono le maggiori autostrade e alcuni assalirono i treni che portavano il bestiame e i cereali all’estero. Le banche chiusero, privando milioni di correntisti dei loro risparmi. Milioni di contestatori organizzarono collettivi radicali in tutti i quartieri e si unirono con le assemblee dei disoccupati. Il paese era pesantemente indebitato e la gente profondamente impoverita. Il malcontento popolare stava sfociando in una sollevazione rivoluzionaria. Il Presidente uscente Fernando De La Rua fu rovesciato (2001), numerosi manifestanti furono feriti o uccisi dal momento che la ribellione popolare stava minacciando di impossessarsi del palazzo presidenziale. Entro la fine del 2002 centinaia di fabbriche in bancarotta furono occupate, rilevate e gestite dai lavoratori. L’Argentina dichiarò il default verso il suo debito estero. All’inizio del 2003 Nestor Kirchner fu eletto presidente nel bel mezzo di una crisi di sistema e cominciò a rifiutare le pressioni che lo spingevano al pagamento del debito e alla repressione dei movimenti popolari. Al contrario inaugurò una serie di programmi d’emergenza per il pubblico impiego. Autorizzò il pagamento di un sussidio per i lavoratori disoccupati (150 pesos al mese) per andare incontro ai bisogni fondamentali di circa la metà della forza lavoro.
Lo slogan più popolare della maggioranza dei movimenti che occupavano distretti finanziari, fabbriche, edifici pubblici e strade era “Que se vayan todos”. L’intera classe politica, i dirigenti e i partiti, il Presidente e il Congresso, furono rinnegati completamente. Tuttavia, anche se i movimenti erano di ampia portata, attivi e uniti in ciò che rifiutavano, non avevano un programma coerente per prendere il potere nello Stato, né avevano una leadership politica che li guidasse. Dopo due anni di tumulti e disordini, il popolo tornò alle urne ed elesse Kirchner con il mandato di produrre risultati oppure farsi da parte. Kirchner recepì il messaggio, almeno per quanto riguarda la crescita economica accompagnata dalla giustizia sociale.
Contesto: USA con Bush e Obama
Gli ultimi anni dell’amministrazione Bush e della presidenza di Obama sono stati caratterizzati dalla peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione degli anni ‘30. Disoccupazione e sottoccupazione crebbero fino a raggiungere quasi un terzo della forza lavoro nel 2009. Milioni di ipoteche non furono riscattate. I fallimenti si moltiplicarono e le banche erano sull’orlo del collasso. La recessione e la forte deflazione dei redditi aumentarono la povertà e moltiplicarono il numero di persone con carenza di cibo. A differenza dell’Argentina, i cittadini scontenti presero la via delle urne. Attratti dalla demagogica retorica del cambiamento di Obama, riposero le loro speranze nel nuovo presidente. I democratici vinsero le presidenziali ed ottennero la maggioranza in entrambe le Camere del Congresso. La prima priorità di Obama e del Congresso fu quella di riversare trilioni di dollari nei bilanci delle banche in sofferenza anche se la disoccupazione era in aumento e la recessione continuava. La seconda priorità fu quella di rafforzare ed espandere le guerre imperiali oltreoceano.
Obama aumentò il numero di soldati in Afghanistan fino a 30 mila; ampliò il budget per le spese militari fino a 750 miliardi di dollari; lanciò nuove operazioni in Somalia, Libia, Pakistan e rafforzò il sostegno nei confronti delle forze armate israeliane; firmò accordi militari con nazioni asiatiche (India, Filippine e Australia) vicine alla Cina.
In conclusione Obama ha dato la massima priorità all’espansione dell’impero militare, svuotando le finanze pubbliche dei fondi necessari per rilanciare l’economia nazionale e ridurre la disoccupazione.
Di contro, il duo Kirchner/Fernandez ha ridotto il potere dell’esercito tagliando le spese militari, veicolando le rinnovate risorse verso i programmi per la piena occupazione, gli investimenti produttivi e le esportazioni non convenzionali.
Durante la presidenza Obama la crisi è divenuta un pretesto per rilanciare e consolidare il potere finanziario di Wall Street. La Casa Bianca ha aumentato il budget per le spese militari, acuendo il passivo di bilancio e ha poi proposto di tagliare essenziali servizi sociali per ridurre tale deficit.
Argentina: dalla crisi alla crescita esponenziale
In Argentina la catastrofe economica e l’insurrezione popolare fornirono a Kirchner l’opportunità di spostare le risorse dagli interessi militaristi e della speculazione finanziaria ai programmi sociali e ad una crescita economica sostenuta.
Le vittorie elettorali sia di Kirchner che della Fernandez riflettono il successo da loro ottenuto nel creare un “normale stato sociale capitalista”. Dopo trent’anni di regimi predatori neoliberisti servi degli americani, tutto ciò rappresenta un cambiamento notevolmente positivo. Dal 1966 al 2002 l’Argentina ha sofferto sotto il giogo di brutali dittature militari culminate con i generali genocidi che assassinarono circa trentamila argentini fra il 1976 e il 1982. Fra il 1983 e il 1989 dovette subire un regime neoliberista (Raul Alfonsin) che ha fallito nel fare i conti con l’eredità della vecchia dittatura e ha presieduto a un iperinflazione in tripla cifra. Dal 1989 al 1999 sotto il Presidente Carlos Menem, l’Argentina assistette alla gigantesca svendita a prezzi d’occasione delle sue aziende pubbliche più produttive, delle risorse naturali (petrolio incluso), delle banche, delle autostrade, degli allevamenti e delle acque pubbliche, in favore degli investitori stranieri e dei compari cleptocratici.
Ultimo ma non per importanza, Fernando De La Rua (2000 – 2001), promise dei cambiamenti, ma procedette solo ad acuire la recessione che condusse al catastrofico botto finale del dicembre 2001 col fallimento degli istituti di credito, la bancarotta di diecimila aziende e il collasso dell’economia.
In questo scenario di totale e assoluto fallimento e disastro umanitario causato dalla politiche liberiste promosse dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale, Kirchner/Fernandez dichiararono il default per il debito estero, nazionalizzarono i fondi pensione e numerose imprese precedentemente privatizzate, aiutarono le banche e raddoppiarono la spesa sociale, espandendo gli investimenti pubblici e tonificando i consumi di massa, al fine di intraprendere la strada della ripresa economica. Dalla fine del 2003 l’Argentina passò dalla recessione a una crescita del PIL pari all’8% annuo.
Diritti umani, programmi sociali e politica economica estera indipendente
L’economia argentina è cresciuta di circa il 90% dal 2003 al 2011, più di tre volte di quella statunitense. La sua ripresa è stata accompagnata da una spesa sociale triplicata, direzionata specialmente verso i programmi per ridurre la povertà. La percentuale di argentini che vivono sotto la soglia di povertà è passata dal 50% del 2001 a meno del 15% del 2011. In contrapposizione la povertà negli Stati Uniti è salita dal 12% al 17% nella medesima decade e sta continuando a seguire una traiettoria al rialzo in un analogo periodo.
Gli Stati Uniti sono divenuti il paese con le maggiori disuguaglianze nell’area OCSE, con l’1% di popolazione che detiene il 40% della ricchezza nazionale (percentuale in ascesa dal 30% dell’ultimo decennio). In contrapposizione, le disuguaglianze in Argentina sono state ridotte di circa la metà. L’economia statunitense non è riuscita a riprendersi dalla profonda recessione del biennio 2008-2009, in cui è diminuita di oltre l’8%. Quella argentina, invece, è scesa meno dell’1% nel 2009 e sta crescendo a un salutare tasso dell’8% durante l’ultimo biennio. L’Argentina ha nazionalizzato i fondi pensione, raddoppiato le pensioni minime e introdotto programmi sociali universali per l’infanzia al fine di contrastare la malnutrizione e garantire la frequenza scolastica.
Al contrario, il 20% dei bambini in USA sta attualmente soffrendo di un carente regime alimentare, di un alto tasso di abbandono scolastico e la malnutrizione colpisce ormai il 25% dei minori. Con gli ulteriori tagli in corso alle spese per la salute e l’educazione, le condizioni sociali non possono che peggiorare. In Argentina il livello dei redditi dei lavoratori salariati è cresciuto del 50% nell’ultimo decennio, mentre negli Stati Uniti è sceso di circa il 10%.
La forte crescita del Prodotto Nazionale Lordo argentino è stata alimentata dall’aumento dei consumi interni e dai guadagni derivati dalle esportazioni. L’Argentina ha un notevole attivo nella bilancia commerciale dovuto ai favorevoli prezzi di mercato ed all’accresciuta competitività. Negli Stati Uniti invece i consumi interni sono stagnanti, la bilancia commerciale ha un deficit di quasi 1,5 trilioni di dollari e le entrati fiscali vengono sprecate in improduttive spese militari per un valore di oltre 900 miliardi all’anno.
Mentre in Argentina l’impulso verso una politica di ripudio del debito e di crescita sostenuta è provenuto dalla ribellione popolare e dai movimenti delle masse, negli Stati Uniti il malcontento popolare è stato convogliato verso l’elezione di un truffatore colluso con la finanza di Wall Street chiamato Obama. Egli ha continuato a investire le risorse nel salvataggio delle élite finanziarie invece di farle andare in bancarotta e sostenere la crescita, la competitività e i consumi di massa.
L’alternativa argentina ai salvataggi e alla povertà
L’esperienza argentina va contro tutti i precetti delle agenzie finanziarie internazionali (il FMI e la Banca Mondiale), dei loro sostenitori politici e dei giornalisti della stampa economica. Sin dal primo anno (il 2003) della ripresa fino ad oggi, gli esperti in economia “predissero” che la sua crescita non fosse ”sostenibile” invece è proseguita in maniera robusta per oltre un decennio. La stampa economica affermò che il default avrebbe condotto l’Argentina ai margini dei mercati finanziari e la sua economia sarebbe collassata. L’Argentina si basò sull’autofinanziamento derivato dai guadagni sulle esportazioni e sulla riattivazione dell’economia domestica e contraddisse i prestigiosi economisti.
Quando la crescita continuò, i critici del Financial Times e del Wall Street Journal sostennero che sarebbe terminata una volta che la capacità produttiva inutilizzata si fosse esaurita. Invece i proventi derivati dalla crescita consentirono l’espansione di un mercato interno e trovarono nuovi sbocchi specialmente nei mercati emergenti dell’Asia e del Brasile.
Persino recentemente, il 25 ottobre 2011, gli opinionisti del Financial Times ancora blateravano di un imminente crisi nella maniera messianica con cui i fondamentalisti predicono un’incombente apocalisse. Ripetevano sempre il ritornello dell’elevata inflazione, dei programmi sociali insostenibili, della valuta troppo forte come predizioni sulla fine della prosperità. Tutti questi terribili avvertimenti ci rivengono in mente di fronte alla persistente crescita all’8% registrata nel 2011 e alla schiacciante vittoria elettorale della Fernandez. Gli scribacchini finanziari angloamericani dovrebbero focalizzare l’attenzione sul fallimento delle loro politiche di libero mercato in Europa e in Nord America, invece di denigrare un esperienza di un modello economico da cui dovrebbero imparare.
Nel confutare le teorie dei critici del Wall Street, Mark Weisbrot e i suoi collaboratori sottolineano come (“La storia del successo argentino” del Centro di Ricerca sulle Cattive Politiche Economiche - ott. 2011) la crescita argentina fu basata sull’espansione dei consumi interni, sull’aumento dell’esportazioni manifatturiere verso i partner commerciali della regione come pure sul tradizionale export di prodotti agricoli e minerari verso il mercato asiatico. In altre parole, l’Argentina non è totalmente dipendente dalle esportazioni industriali; ha sviluppato un commercio equilibrato e non è neanche troppo dipendente dai prezzi delle materie prime. Per quanto riguarda l’inflazione elevata, Weisbrot sottolinea che “l’inflazione può anche essere alta in Argentina ma quello che conta è la crescita reale e la distribuzione della ricchezza finalizzata al benessere della maggioranza della popolazione”.
Gli Stati Uniti sotto Bush e Obama hanno seguito un percorso totalmente divergente da quello del duo Kirchner-Fernandez. Hanno dato la priorità alla spesa militare e all’espansione dell’apparato di sicurezza a discapito dell’economia produttiva. Obama e il Congresso hanno puntato forte su politiche recessive di taglio delle spese sociali, aumentando lo stato di polizia e violando sempre di più i diritti civili dei cittadini. In contrapposizione, Kirchner/Fernandez hanno punito severamente dozzine e dozzine di autori di violazioni dei diritti civili appartenenti alla polizia e all’esercito ed hanno indebolito il potere politico dei militari.
In conclusione, i presidenti argentini hanno respinto le pressioni dei gruppi di interesse militari che richiedevano maggiori fondi per le spese in armamenti. Hanno creato un modello di stato più adatto al loro progetto politico di competitività economica, nuovi mercati e programmi sociali. Bush e Obama hanno ridato slancio alla finanza parassitaria sbilanciando ulteriormente l’economia. Kirchner e la Fernandez si sono assicurati che il settore bancario sostenesse la crescita delle esportazioni, la manifattura e i consumi interni. Obama taglia lo stato sociale per pagare i creditori, Kirchner e la Fernandez hanno imposto un haircut del 75% ai titolari delle obbligazioni governative per finanziare la spesa sociale.
Kirchner e la Fernandez hanno vinto tre elezioni presidenziali con largo margine. Obama potrebbe essere un presidente dal singolo mandato nonostante la campagna elettorale miliardaria finanziata da Wall Street, l’appoggio delle lobby industriali e militari e la sua politica filo-israeliana.
L’opposizione popolare contro Obama, specialmente il movimento “Occupy Wall Street” , ha ancora tanta strada da fare per emulare il successo ottenuto dagli antagonisti argentini che rimossero i presidenti in carica, bloccarono le autostrade paralizzando la produzione e la circolazione e imposero un programma politico di stampo socialista che privilegiasse l’economia reale a discapito della finanza, i consumi sociali rispetto alle spese militari. Il movimento “Occupy Wall Street” ha compiuto un primo passo verso la mobilitazione di cittadini partecipanti e attivi necessario per creare il tessuto sociale che ha trasformato l’Argentina da uno stato clientelare filo-statunitense a un dinamico e indipendente stato sociale.
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO SCURCI
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