fonte: Medicinenon
Questo articolo è un invito ad acquisire maggiore consapevolezza. Quando ho scritto l’articolo sulla raccolta del cotone in Uzbekistan dove vengono schiavizzati bambini in età scolare, parecchi sono cascati dalle nuvole, non sapendo che probabilmente hanno un capo fatto proprio con quel cotone raccolto dalle mani ferite di quei bambini.
Viviamo in mondo difficile, dove la gentilezza e l’amenità spesso nasconde crudeltà e malvagità e dovremmo chiederci sempre cosa c’è dietro le quinte di ogni cosa bella, buona e carina che acquistiamo.
Dentro l’uovo di pasqua e il cioccolato in particolare, c’è una sorpresa invisibile, una storia di crudeltà, malvagità, terrore e morte. Ha a che fare con la raccolta del cacao.
Questa che vi racconto inizia nel Mali e continua in Costa D’Avorio. Non finisce, perché nessuno ha voglia di fermare un giro di affari di più di 60 miliardi di euro all’anno a livello mondiale.
Questa che vi racconto inizia nel Mali e continua in Costa D’Avorio. Non finisce, perché nessuno ha voglia di fermare un giro di affari di più di 60 miliardi di euro all’anno a livello mondiale.
Costa D’Avorio, Nigeria, Ghana, Camerun, Burkina Faso e altri paesi in quell’area producono circa il 90% del cacao che arriva poi al consumatore finale come polvere e prodotti finiti.
Ci sono grandi gruppi di trading che acquistano la totalità del cacao e poi lo rivendono alle varie multinazionali e grossisti, questi ultimi poi lo rivendono ai cioccolatieri artigianali.
I traders si trattengono il 70% dei 60 miliardi, il 25% viene distribuito tra multinazionali (inutile che faccia nomi, basta che leggi la marca dei produttori sulle confezioni in vendita al supermercato), grossisti, artigiani, grande distribuzione e dettaglianti.
Ai produttori va il 5% di tutto il business, ma 3 miliardi di euro sono una grande somma per i paesi dell’Africa equatoriale.
A chi raccoglie materialmente il cacao va il rimanente 0%. Gli schiavi non vengono retribuiti.
In Costa D’Avorio ci sono più di 2.000 fattorie e centinaia di migliaia di bambini dai 9 anni d’età all’età adolescenziale vi vivono in stato di schiavitù.
Questa è la storia di Aly, un bambino di 6 anni, simile a quella di molti bambini che hanno subito la stessa sorte.
Aly sta giocando fuori della sua modesta casa dai muri di argilla essiccata, in un piccolo villaggio del Mali. Ha appena piovuto e sta facendo degli argini di fango in cui scorre l’acqua, come un piccolo fiume, e osserva divertito il pezzo di sughero che naviga come se fosse una zattera.
La madre lo chiama e quando entra in casa vede che c’è uno sconosciuto che parla con i suoi genitori, una persona gentile e cordiale, a cui viene presentato e gli viene detto che andrà con lui per andare a studiare, imparare a leggere e scrivere.
Aly è felice, finalmente riuscirà a capire cosa sono quei simboli su quei fogli che chiamano giornali con cui a volte avvolgono i pacchi al mercato. Il suo sorriso pulito e sincero è testimone della sua autentica felicità.
In realtà i genitori lo hanno venduto per 30 dollari, il cibo è scarso e il compratore ha promesso che mangerà tutti i giorni e questo li rincuora, pensano di aver fatto la scelta giusta per lui.
Aly non sa ancora che è stato tradito per 30 denari proprio dai suoi genitori. Il viaggio, su un vecchio pickup bianco è lungo, entrano in Costa D’Avorio, è notte, si addormenta ma si sveglia diverse volte perché il boss lo molesta. Aly gli dice di non toccarlo ma la risposta lo lascia raggelato. Aly deve stare zitto perché lo ha comprato e di lui può fare quello che vuole. Inoltre il boss è arrabbiato perché il viaggio non è stato redditizio, ha trovato solo lui da comprare quel giorno.
Arrivano alla piantagione all’alba e Aly viene mandato subito a lavorare. Lo zaino con le sue poche cose viene gettato in una baracca. In un fusto tagliato a metà c’è dell’acqua giallastra, chi ha sete deve bere da lì. Aly non sa fare nulla, per ora porterà i sacchi di fave al piazzale.
Il sacco da portare è più alto di lui, due bambini più grandi lo aiutano a metterglielo sulla testa e gli indicano dove andare.
L’orario di lavoro è dalle quattro del mattino alle sei di sera. Il pranzo e la cena sono patate bollite, quando va bene con il “sugo” di acqua salata.
Di notte si dorme nella baracca, su letti a castello fatti di bancali inchiodati senza materasso. I compagni gli chiedono da dove viene, perché è venuto lì. Parlano per un po’ poi rassegnati si accucciano sulle assi di legno per dormire.
Aly ha la sua lattina vuota di birra, quella che bevono i sorveglianti, per urinare nel caso che avesse bisogno, non si può uscire, la baracca viene chiusa con un lucchetto di notte, per impedire le fughe.
I sorveglianti raccontano storie paurose di bambini scappati fatti a pezzi con il machete, non tutte sono false.
Il lavoro è routinario, si raccolgono le fave tagliandole con il machete, che vengono poi aperte una ad una, sempre con il machete. I semi vengono raccolti e lasciati fermentare in casse di legno per una settimana, poi distesi su un piazzale ad essiccare.
Infine vengono messi in sacchi e caricati sui pickup e portati al centro di raccolta del trader.
Tutte queste fasi vengono condotte da bambini e adolescenti, tutti in stato di schiavitù.
Dopo qualche giorno Aly scopre quanto malvagi possano essere gli atti che un uomo può fare a un suo simile.
Quel giorno stava portando un sacco che gli sembrava più pesante e continuava a cadergli, faceva una gran fatica a rimetterselo in testa e uno dei sorveglianti arrivò di gran passo gridando come un ossesso e lo frustò fino a quando riusci a portare il sacco nella rimessa.
La frusta usata dai caporali delle piantagioni di cacao è standard. E’ una catena di bicicletta, difficilmente riesce a farsi un’idea del genere di ferite che lascia chi non le ha mai viste. I bambini sanno che quando ricevono quelle frustrate devono coprirsi gli occhi perché la catena rimbalzando potrebbe lacerarli.
Un giorno c’era un bambino nella baracca accucciato per terra. Si faceva gli escrementi nei pantaloni e si muoveva poco. Era malato, ma non arriva mai un medico per visite mediche. Il giorno dopo dove c’era il bambino c’era solo una chiazza per terra. Nessuno sa, e nessuno ha mai chiesto dov’era andato quel bambino.
Aly ha raccolto cacao per tre anni, poi è riuscito a scappare e a passare la frontiera dove è stato trovato da un attivista di una associazione umanitaria.
Aly non ha mai assaggiato un pezzo di cioccolato, non sa che sapore abbia.
I trader dicono che tutte queste storie sono inventate, non hanno mai visto bambini tenuti schiavi nelle piantagioni che hanno visitato.
Questa è probabilmente la storia del tuo uovo di pasqua o coniglietto pasquale, ora è questo che va di moda.
Che fare?
Boicottare peggiora le cose. Se il costo del cacao scende, i produttori costringeranno gli schiavi che trattengono a lavorare di più per ricuperare la differenza.
I governi sono troppo occupati a fare altro, l’industria del cioccolato significa posti di lavoro, oneri tassabili, interessi mutui, lobbies, pubblicità sui media, servizi sulle virtù del cioccolato, merendine per crescere in salute i bambini, film sul cioccolato, insomma fa parte della vita. E ce lo possiamo permettere tutti fino a farne indigestione perché all’origine ci sono degli schiavi che raccolgono cacao e che non hanno mai assaggiato cioccolato.
L’unica cosa sensata è scrivere alle multinazionali del cioccolato per far sapere che sappiamo da dove viene il cacao che usano e il dolore che esso contiene e che in quanto consumatori vorremmo che facessero qualcosa per far diventare un lavoro quello che ora è schiavitù. (Se non c’è scritto da dove viene, è quasi certo che è quello della Costa D’avorio).
Più gente scrive, più si inducono le multinazionali a cambiare, non certo per ragioni umanitarie, ma anche se solo per ragioni di pubbliche relazioni ci può andar bene.
http://www.medicinenon.it/cacao-e-bambini
Medicinenon.it e Arnoldehret.it sono due siti di Luciano Gianazza.
Medicinenon.it è da molti anni un punto di riferimento per chi vuole liberarsi della disinformazione e poi acquisire la corretta conoscenza.
Mamma mia .....
RispondiEliminaGià! :(
RispondiEliminaUn abbraccio Valerio.
Namastè
non ci viene risparmiato più nulla, maledetti!
RispondiEliminaInfatti theyogi!
RispondiEliminaLe multinazionali ragionano solo con il dividendo...lo sappiamo, è vero, ma ogni volta che ne scopriamo le implicazioni è una stilettata al cuore!
Un abbraccio amico mio ;)
Namastè
Ciao Rosa, storie come queste (e sono infinite in tutti gli angoli del mondo) dimostrano quanti siano gli esseri umani che vivono come schiavi, uomini donne e bambini che non hanno nessuna possibilità di scelta se non la fuga ... e noi, schiavi tecnologici e consumisti, siamo al massimo in grado di fare loro un pò di carità (sono ovviamente escluse le poche magiche persone che si danno da fare per gli altri).
RispondiEliminaE' tardi ormai per qualsiasi rivoluzione ... il cancro che ha contaggiato la nostra società (l'avidità e la vanità) è ormai in metastasi ... speriamo in una vera e folgorante "rivelazione".
Namastè
@Anonimo
RispondiEliminaPutroppo la schiavitù è una realtà di questo nostro mondo incancrenito, si è calcolato che dietro ad ogni consumatore ci siano 100 schiavi.
Dalla nostra posizione privilegiata non riusciamo nemmeno ad immaginarcelo, il più povero fa noi è un privilegiato rispetto a loro, pur nella sua oggettiva miseria.
Difficile, in effetti, pensare ad un mondo più giusto se si parte da questa realtà, eppure dobbiamo continuare a parlarne ed ad immaginarlo, perchè è l'unica strada per ottenerlo, e per fare in modo che i "magici" siano sempre di più.
Un abbraccio caro amico ;)
Namastè
Ho girato il tuo post ad un mio contatto , l'ha portato a conoscenza su FLICKR nostro " mondo fotografico " , ti metto il link per vederlo .
RispondiEliminagrazie Rosa
http://www.flickr.com/photos/undinialessio/6419231841/in/contacts/
Grazie a te Valerio!
RispondiElimina...anche a nome di tutti i bambini sfruttati!
E grande Alessio, ho visto i suoi scatti è davvero molto bravo.
Un abbraccione Valerio, buona serata ;)
Namastè
Ciao Rosa, sono io che ringrazio te per quello che fai!
RispondiEliminaAlessio
Ciao Alessio e benvenuto! ;)
RispondiEliminaE' solo una piccola goccia nel mare, purtroppo.
Grazie per la condivisione e complimenti per i tuoi magnifici scatti!
Un abbraccio ;)
Namastè
Nel marzo 2010 ho dedicato un post sul lavoro minorile , mentre facevo delle ricerche , dovevo interrompere la lettura per prendere fiato , mi prendeva un "groppo" alla gola da paura . Non capisco come si possa permettere queste cose , si vuole portare la democrazia in giro per il mondo , poi lasciamo perdere i bambini !!!
RispondiEliminavaleriodarimini.blogspot.com/2010/03/blog-post_24.html
Già Valerio, il lavoro minorile è semplicemente terribile. Lo capisco che possa togliere il fiato e troncare il respiro.
RispondiEliminaHo letto il tuo post e le testimonianze mi hanno davvero molto colpita.
La realtà dei bambini, nel mondo, è tragica ed è molto diversa da quella, spesso iperprotettiva, del primo mondo.
Un abbraccio, buon pomeriggio ;)
Namastè
Cari amici,
RispondiEliminaacquistare ciccolata "Fair trade" no eh?
L'unica cosa che possiamo fare in concreto, in questa parte di mondo, è spendere bene quei miseri euro che crediamo di guadagnare. Acquistare equo e solidale taglia le gambe alle multinazionali.
walter
Ciao Walter, per quel che mi riguarda, i miei acquisti sono da tempo orientati verso il commercio equo&solidale.
RispondiEliminaCertamente, può essere una scelta di non complicità personale, ma a mio parere non basta. Di fatto è improbabile che allo stato il mercato equo possa sostituire in modo indolore le multinazionali e per molti il cacao resta l'unico mezzo di sostentamento.
La sostituzione dovrebbe essere graduale e guidata da una volontà positiva e da una struttura nazionale o comuque poltico-ammistativa che assista ed indirizzi le necessarie ed indispensabili riforme.
Il mercato equo ci esime forse, dalla complicità, ma non risolve il problema, non oggi, e non con i rapporti di forza attuali.
Non cancella le multinazionali e non ha la forza ecomico-strutturale per garantire una reale alternativa.
Un abbraccio ;)
Namastè