tratto da LIBRE
Penso che non c’è nessuna speranza, con l’euro, perché i tedeschi non rinunceranno mai a fare dell’euro una moneta della quale i cittadini non possono riappropriarsi. Loro vogliono che sia totalmente nelle mani della Bce, e che questa banca sia indipendente. In questo quadro non si può fare niente, non si può difendere il tessuto industriale europeo perché l’Europa ha senso solo se si costruisce per proteggere i cittadini europei dalla concorrenza sfrenata del resto del mondo. Viviamo un’età da fine dell’Impero d’Occidente, ma la Cina oggi fa parte dell’Occidente e la fine dell’Occidente sarà anche la fine della Cina sotto questa forma: perché, quando nave affonda, anche se coloro che stanno sulla prua per un momento salgono in alto, finiscono poco dopo anche loro sott’acqua.
Alcuni economisti della felicità della decrescita hanno dimostrato che non c’è correlazione tra il Prodotto Interno Lordo e la Felicità. Al contrario, la New Economy Foundation ha stabilito un indice da cui sembra che i paesi con la felicità siano tra quelli considerati più poveri, come la Repubblica Domenicana.
Al contrario, gli Usa sono al rango 150. E allora? Il debito non sarà mai pagato, non serve aiutare a pagare il debito: si deve cancellare il debito e partire verso un’altra direzione. Tutti gli economisti lo sanno da anni che questo debito che è diventato gigantesco non sarà mai pagato. Ma il problema è che siccome vogliono continuare con questa economia da casinò, si deve far finta che sia ancora credibile che sia pagato. E allora si deve “aiutare” i paesi a pagare: non il debito, ma gli interessi sul debito, per continuare a fare finta. Ma questo non può durare ancora per molto tempo.
Alcuni sostengono che conviene guidare una bancarotta, una sorta di modello Argentina? Ci sono molte esperienze di riconversione del debito. Anche recentemente l’Ecuador ha deciso di fare un audit e di pagare solo il 40-50% considerato come un debito giusto, giustificato, e penso che è sia la prima cosa da fare. Nella storia ci sono tantissimi casi di bancarotta, già da Carlo V nel ‘500. E’ la condizione per risanare l’economia e risanare la società. Un cambiamento radicale di sistema: perché il nostro attuale è basato sulla accumulazione illimitata per “la crescita che deve far crescere”, non per soddisfare i bisogni, perché prima di tutto si deve far crescere all’infinito i bisogni per giustificare la produzione illimitata e il consumo illimitato. Si dovrà produrre meno, ma produrre meglio. E soprattutto eliminare lo spreco incredibile che ne deriva.
Non uso mai la parola decrescita per parlare di recessione, che al massimo si può dire che è una decrescita forzata. La decrescita non è la “crescita negativa”, che in una società basata sulla crescita è la cosa più terribile al mondo perché fa aumentare la disoccupazione, non ci sono più le risorse per pagare la salute, l’educazione, la cultura. Questa è appunto la situazione tragica che viviamo oggi. Per questo dico sempre che non c’è niente di peggio di una “società di crescita” senza crescita. La società di crescita con la crescita all’infinito ci porta direttamente a fracassarci contro “il muro” dei limiti del pianeta: la società di crescita senza crescita porta alla disperazione.
Per questo dobbiamo uscire da questa logica. Non è una cosa facile: non si farà senza lacrime, sangue e sudore. Ma sangue, sudore e le lacrime le abbiamo già oggi, e abbiamo anche perso la speranza. Almeno, il progetto di decrescita può creare la speranza e andare verso una società di prosperità senza crescita: una società di abbondanza frugale.
(Serge Latouche, recenti dichiarazioni su crisi, debito e crescita, richiamate da Claudio Giorno nell’intervento “Recessione non è decrescita”, pubblicato il 31 dicembre 2011 sul blog “Democraziakmzero”).
Ciao Rosa...la nave affonda, ma i topi non scappano!
RispondiEliminaBuona giornata
L'hai detto, caro Dioniso...i topi non scappano.
RispondiEliminaBuona giornata a te amico mio :)
Namastè
Non si può crescere "per sempre".
RispondiEliminaSe la felicità è nella Repubblica Dominicana, preferisco stare qui.
Mamma mia che quadro! Ho dovuto leggere questo post una seconda volta...infatti durante la prima lettura mi sono incazzato a metà e ho cambiato post! Va beh, buon anno lo stesso cara Rosa, un abbraccio
RispondiElimina@Not_Only
RispondiEliminaMah, credo che sia una questione di opinioni, consentimi di pensare che criteri di scientificità delle misurazioni della felicità siano almeno credibili quanto il PIL, solo che partono da postulati differenti.
Non cofodiamo la Repubblica Dominicana con Haiti (non sono la stessa cosa)...permettimi quindi di preferire un criterio di misurazione basato sulla felicità dei molti ad uno fondato sulla immensa ricchezza di pochi :)
Un abbraccio.
Namastè
Ciao Nico, mi spiace che il buon Latouche ti faccia arrabbiare, spero che sia per l'evidenza delle sue tesi e per la stoltezza di chi non lo ascolta... e non per quel che dice, che a me sembra, appunto, assolutamente condivisibile.
RispondiEliminaUn abbraccione caro amico e buon anno anche a te ;)
Namastè
"[...] consentimi di pensare che criteri di scientificità delle misurazioni della felicità siano almeno credibili quanto il PIL [...]
RispondiEliminaA mio avviso hai ragione parzialmente, Rosa. I criteri di misurazione della felicità sono un fatto soggettivo, il PIL è la cosa più oggettiva che possa caratterizzare un Paese.
Ma in fondo io chi sono per discutere i postulati di Latouche?
@Not_Only
RispondiEliminaSe prendessimo quattro economisti e li mettessimo insieme avremmo quattro definizioni differenti, quattro regole diverse, quattro visioni differenti, questo per dire quanto l'economia sia scientifica nella sua analisi.
Certamente altro discorso è la misurazione di parametri che sono dati fissi, sia nel caso del PIL che della felicità o benessere, e che comunque non misura Latouche, ma la New Economy Foundation, che adotta nel farlo criteri fissi e non di fantasia.
Proprio qui sta, credo, il nodo. Moltissime scuole economiche (per esempio quella argentina) sostengono che il PIL non sia affatto sufficiente a definire lo stato di una nazione, si tratta quindi di decidere cosa sia importante e se il PIL racchiuda in sè il senso di una nazione e la storia di un popolo.
Ri-abbraccio :)
Namastè
Abbondanza frugale, grande.
RispondiEliminaLatouche, uno dei geni meno ascoltati di sempre.
Consentimi. Non ho parlato di economia in senso lato, la cui interpretazione, convengo con te, ha l'aleatorietà di un cirro in una giornata di vento, ho parlato di PIL: un dato oggettivo.
RispondiEliminaIl fatto che poi che sia la New Economy Foundation a misurare la felicità o il benessere di un Paese, per il solo fatto che le regole di misura le stabilisce la Fondazione stessa, non cambia la mia opinione sul fatto che si stia meglio qui che nella Repubblica Dominicana (lo so che non è Haiti).
Un abbraccio.
Latouche dovrebbe essere finalmente ascoltato in modo serio ed attento!
RispondiEliminaCaro Stefano, purtroppo è vero... ed anche molto frainteso. Eppure è la strada del possibile. L'unica che dia garanzie e che guardi realmnte al futuro ponendo la compatibilità come primo termine.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Namastè
@Not_Only
RispondiElimina^_____^
Namastè
Sono assolutamente d'accordo con te Adriano. Una volta per tutte dovremmo avere il coraggio di affrontare seriamente le tematiche che pone.
RispondiEliminaIl movimento che si è creato attorno alle sue tesi è fra le cose più interessanti di questo momento storico.
Un abbraccio.
Namastè
"Una società di abbondanza frugale"
RispondiEliminaQuanto mi è piaciuta questa frase!!!
Un abbraccio
Buongiorno Ruhevoll!
RispondiEliminaSì anche a me, essenziale ed efficace.
In effetti rende molto bene l'idea di come andrebbe intesa la decrescita felice.
Una giornata buona a te...e ricambio l'abbraccio :)
Namastè