Oggi viviamo quasi sempre in ambienti artificiali e in isolamento, comunicando poco e male con chi abita i nostri spazi, passando molte ore davanti allo schermo di un computer, tutti collegati e allo stesso tempo "scollegati". Ma la realtà è un'altra, come tornarci dentro?
fonte: Il Cambiamento
di Sonia Savioli
Oggi passiamo molte ore davanti allo schermo di un computer, tutti collegati e allo stesso tempo 'scollegati'
Quando si cominciò a parlare degli organismi geneticamente modificati e, di conseguenza, delle turpi vicende legate alla multinazionale Monsanto, mi domandai chi fossero le persone che potevano lavorare per una simile azienda e che cosa provassero sapendo ciò di cui anch’esse erano, se pure più o meno involontariamente, responsabili. Non pensavo ai dirigenti: su quelli non c’era bisogno di farsi troppe domande. Pensavo a uscieri, impiegati, operai.
Al tempo in cui lavoravo come fotografa della Camera del Lavoro di Milano, mi capitò di fare un servizio fotografico alla fabbrica Agusta. Quella degli elicotteri da guerra. Era una fabbrica metalmeccanica, ovviamente. Fui accompagnata da un sindacalista della FIOM e accolta cordialmente da operai e tecnici che mi fecero visitare i reparti, spiegandomi mansioni e lavorazioni, agevolando il mio lavoro. Erano compagni, lottavano per i diritti degli operai e per una maggiore giustizia sociale. Costruivano macchine da guerra per un paese “dominatore”. Un paese capitalista e imperialista, anche se di “seconda fila”, e che ha ben dimostrato in questi anni di volerle usare per assoggettare altri popoli, altri lavoratori. E "assoggettare” con le armi significa uccidere, mutilare, distruggere.
Eppure operai, sindacalisti, compagni continuano a lavorare per l’Agusta. Come per la Monsanto, per la Coca Cola, per la Mc Donald’s…
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Internet è come il labirinto degli specchi: ci dà l’impressione di una vastità infinita e di una infinita possibilità di informazione e di comunicazione
Mi piaceva un tempo questa poesia di Bertotlt Brecht, mi dava speranza. Negli ultimi anni, però, quando c’inciampo mi viene da pensare con fastidio “caro poeta, questa volta non ci hai azzeccato”.
Ho visto in un servizio televisivo operaie gettare pulcini vivi nel tritacarne: donne e madri di famiglia, gente che per istinto e cultura i “pulcini” li alleva, accudisce, protegge; li tiene al sicuro. Ho visto, nel mio lavoro di fotografa, donne che legavano ratti supini e a zampe aperte su tavolette di legno, come crocifissi, per iniettargli sostanze chimiche; tecnici che iniettavano cellule tumorali ai topolini e che avevano a casa un cagnolino amato come un famigliare.
Del resto, non vediamo tutti i giorni genitori amorevoli che rimpinzano i propri figli di veleni, soci del WWF con la Land Rover a Milano, amanti degli animali col giaccone col collo di pelo di cane?
Perché? Perché è cresciuta così tanto l’ignoranza irresponsabile, lo 'scollegamento', la contraddizione nei comportamenti umani?
Forse perché gli esseri umani dell’attuale società industriale non hanno quasi più alcun contatto con la realtà della vita, se non a frammenti. Per questo non sono in grado di valutare le conseguenze e nemmeno le cause dei propri comportamenti.
La realtà della vita è l’ambiente naturale, terra e acque, alberi e animali, ed è l’ambiente sociale, gli altri esseri umani che fanno parte della famiglia, della comunità, dell’umanità.
Oggi viviamo quasi sempre in ambienti artificiali e non comunichiamo quasi nemmeno con i nostri famigliari: con loro ci raduniamo intorno al moderno focolare, la televisione. Sempre che ognuno non stia nella propria stanza con il proprio computer.
Una società di dominio e competizione è una società di isolamento, alienazione, divisione. E specializzazione.
Viviamo nell’artificio e nella solitudine.
Una società di dominio e competizione è una società di isolamento, alienazione, divisione. E specializzazione
Viviamo sempre di meno all’aria aperta. Persino il contadino “intensivo” lavora perlopiù con e nelle macchine e, finito il tempo di lavoro, si schiaffa davanti al televisore o accompagna la moglie all’ipermercato. Gli altri, i “cittadini”, vivono in auto, nel televisore, su internet, dentro le vetrine dei negozi, in palestra; e questo vale ancora di più, tragicamente, per i bambini.
Non abbiamo alcun rapporto reale nemmeno con gli ambienti in cui passiamo le vacanze o i fine settimana, non li conosciamo, non li comprendiamo, non subiamo le conseguenze dei guasti che vi provochiamo. E il motivo per cui li abbiamo scelti, che spesso è solo la pubblicità pagata su riviste specializzate o in specializzate trasmissioni televisive, altrettanto spesso è anche la competizione per la vacanza più alla moda, il motivo nemmeno lo capiamo: ci sembra una scelta libera e "naturale".
Così è per tutto. Il dirigente d’azienda vampiresco e l’operaio che fabbrica le mine antiuomo, il vivisezionatore e il trasportatore di rifiuti tossici alle discariche della camorra non “vedono” le conseguenze, non sono in grado di immedesimarsi, di immaginare, di com-patire.
È difficile, se vivi in un appartamento in condominio, collegare ciò che finisce nei tubi di scarico di casa tua con il cancro di un tuo famigliare; così come, se comperi cosmetici o comperi cibi al supermercato è difficile collegarli alle crudeli e infinite sofferenze degli animali nei laboratori chimici o negli allevamenti intensivi.
Si potrebbero fare infiniti esempi dello “scollegamento” umano, dell’alienazione e deresponsabilizzazione nell’avanzata società industriale.
Ma oggi c’è un nuovo strumento di separazione dalla realtà e di isolamento dell’individuo: Internet.
Internet ci “chiude dentro”. Illudendoci di aprirci spazi immensi.
Internet è come il labirinto degli specchi: ci dà l’impressione di una vastità infinita e di una infinita possibilità di informazione e di comunicazione. Invece, come nel labirinto degli specchi, si tratta solo del riflesso di noi stessi e dell’ambiente in cui già viviamo; in quel riflesso continuiamo a camminare ripercorrendo i nostri passi, senza trovare via d’uscita.
Comunichiamo con persone che già hanno più o meno le nostre idee e la nostra cultura, ci illudiamo in questo modo di “aver fatto la nostra parte”, di aver dato impulso a un movimento o ad una battaglia. Ma non è così. E anche quando lo è in parte, anche quando la mobilitazione su internet porta in piazza migliaia di persone, è una battaglia che “viaggia in galleria”: non tocca quelli che su internet non ci vanno o non vi cercano quello che cerchiamo noi; non cresce, non cambia i modi di pensare e di agire di chi non fa parte di tale movimento, non mette a confronto.
Come in una conventicola, parliamo tra di noi. Ci sfoghiamo.
Confermiamo i nostri dubbi sulle notizie “ufficiali” cercando un’informazione alternativa che chi, a differenza di noi, non nutre dubbi sull’informazione fornitaci dai padroni del vapore, non cercherà a non troverà nella miriade infinita di informazioni che anche su internet i padroni del vapore hanno il tempo e la voglia di ammassare.
Basta camminare su una strada di campagna o persino in un parco cittadino, coltivare un orto o persino delle piante su un balcone per recuparare il contatto
E noi, una volta trovate quelle informazioni? Le mandiamo alla nostra “mailing list” nel migliore dei casi. O, in uno sforzo supremo, organizzeremo un incontro, una conferenza, un dibattito su quell’argomento, avvertendo appunto quelli della mailing listi o quelli che “comunicano” con noi su “facebook”. Sbattendo contro i nostri riflessi.
E non portiamo nulla, nemmeno noi stessi, in quella realtà che sta fuori del labirinto.
Ma non sarebbe difficile.
Porto con me il magico turchese
e mi nascondo sotto le ali dell’aquila dell’alba,
tra le piume dell’uccello di cielo.
Ed ecco, i miei nemici non mi vedono.
Essi pensano di avere una medicina potente
ma ecco, io me ne vado tra loro,
non visto e mortifero.
e mi nascondo sotto le ali dell’aquila dell’alba,
tra le piume dell’uccello di cielo.
Ed ecco, i miei nemici non mi vedono.
Essi pensano di avere una medicina potente
ma ecco, io me ne vado tra loro,
non visto e mortifero.
Canto tradizionale dei Navajo
È come uno di quei piccoli incantesimi delle fiabe, basta la parola giusta o il giusto sguardo per ritornare alla realtà.
Basta camminare su una strada di campagna o persino in un parco cittadino, coltivare un orto o persino delle piante su un balcone, preparare il pane o comunque i cibi, cucirsi un abito, per esempio, per ricominciare a prendere contatto con la realtà materiale della vita.
E la “medicina potente”, che ci rende invisibili ai nemici perché non più isolati, perché parte di una comunità in lotta per un cambiamento radicale?
Basterebbe mettere un volantino nelle caselle dei nostri vicini di casa per dare un’informazione “alternativa” o invitarli ad un dibattito; fare una riunione di condominio che non parli del condominio ma piuttosto del riciclaggio dei rifiuti e del sistema capitalistico-mafioso che sta dietro gli inceneritori; fare un presidio al mercato, davanti a una fabbrica o una scuola per informare e discutere di spese militari, di cosa e come bisogna produrre.
Basterebbe usare internet solo come spunto, a piccole dosi, mantenendo una salutare diffidenza verso uno strumento che a volte è utile ma che rimane ambiguo, e usare la presenza fisica, la parola, l’incontro, per uscire dal labirinto. Per riprendere contatto con la realtà umana e, come è inevitabile con qualsiasi contatto, cambiarla e cambiare.
Se ci riuscissimo, a ritornare e così a far ritornare nella realtà altri esseri umani, forse il poeta potrebbe ancora dimostrare la propria lungimiranza.
condivido al 100%
RispondiEliminaAnche io Anonimo! :)
EliminaNamastè
Non sono gli strumenti il male, ma è come li si usa. Internet? Una rivoluzione, permette di aver vicine persone lontane, di tenere contatti prima impensabili. Può essere un validissimo alleato, in più rende alla portata di tutti informazioni, può uccidere la censura, dà voce al popolo. Certo, come tutti gli strumenti, va usato con cervello.
RispondiEliminaE' ovvio che non siano gli strumenti ma la cultura che li sottende, però anch'essi sono il prodotto della medesima cultura, a mio parere, l'utilità di Internet non ne nega i limiti.
EliminaPersino la detestabile e pestilente televisione di per sè potrebbe essere uno strumento utile, ma il fatto che potrebbe, non significa affatto che lo sia, anche perchè una cultura diversa ed alternativa a quella del potere, in realtà ed allo stato, non esiste e quindi i media, tutti, con scarsissime eccezioni sono in mano saldissimamente al potere.
Buon pomeriggio Paòlo :)
Namastè
Un gran bell'articolo perché scritto senza presunzione.
RispondiEliminaAbbiamo abbandonato il contatto con la Terra da troppo tempo, e stiamo impazzendo di solitudine, anche la politica subisce lo stesso destino.
Sono cresciuto con i comizi, nelle piazze, oggi i comizi non esistono più, sostituiti da infinite trasmissioni televisive ove diffondere la linea.
Anche il lavoro retribuito è complice di questo scollamento con la Terra, con la Natura, con la realtà. Sono bravissimo con i miei software, costruisco inviti, locandine, manifesti, anche qualche sito web: ma non so costruirmi una sedia, un letto, non so piantare una patata o mungere una capra, e non sono certamente uno che con le mani non sa fare.
Ehhh.... è un mondaccio davvero :)
Tutto vero, e anche ora ne è un esempio: io che penso di essere amico tuo e non ti ho mai vista :)))
Ma di questo ne sono sicuro, non so su cosa mi baso per questa ultima affermazione ma ti voglio bene.
E non so chi sei.
Cara amica, un abbraccio
Namstè
Sono d'accordo Paolo, ed è certamente vero che esiste una sintonia, una empatia, un collegamento, che se ne fotte del tempo, degli anni, delle distanze e di quante vite passino. Un filo d'oro che avvicina le anime che hanno la stessa vibrazione, che si "riconoscono" attraverso le vite e le esperienze che attraversiamo.
EliminaAnche io sono figlia dell'epoca dei comizi, ma erano anni in cui le cose le facevi succedere progettando altri mondi ed altri paesaggi. Non accettavi supinamente la cultura del sistema ma cercavi un tuo linguaggio, una tua capacità espressiva.
Oggi va tutto bene, tutto è vendibile e non esiste alternativa al nulla, perchè tutto può essere opportunamente confezionato e venduto con comode rate.
Per trovare un comportamento realmente alternativo bisogna parlare di spiritualità e d'amore, perchè solo lì si riesce ad essere "diversi" dal sistema e solo partendo da lì possiamo pensare davvero al cambiamento e di conseguenza ad una alternativa. Essere il cambiamento che stiamo cercando!
Grazie per l'affetto che ovviamente ricambio...e neppure io so chi sei :)))
Un abbraccione.
Namastè
Credo che a piccole dosi andrebbero usate tutte le innovazioni tecnologiche. Ma anche i necessari ritorni alla natura.
RispondiEliminaVero Adriano, l'equilibrio è indispensabile, ma anche qui vale il discorso culturale. Senza una cultura alternativa che sorregga lo sforzo di essere altri dal potere nelle manifestazioni del pensiero non sarà mai possibile "usare" bene i mezzi a disposizione, perchè molto sta in quello che si dice, e se questo è una variazione sul tema della cultura condivisa e dominante è inutile cercare d essere altro da quel che si è, cioè controllati, gestiti e variamente dominati.
EliminaUn abbraccio :)
Namastè
Ma siamo proprio sicuri che tutta questa consapevolezza che ci viene dai mezzi di informazione (internet compreso) sia un bene per l'umana gente?
RispondiEliminaLa storia ci insegna che il comando è detenuto da pochi: così è sempre stato e così sempre sarà.
Quindi mi domando: tutte queste possibilità di dire la nostra ci sarebbero concesse se il tutto non facesse parte di un disegno di massificazione più grande del nostro pensiero?
O, per caso, qualcuno di voi pensa ancora che stiamo vivendo in una democrazia...
Sono d'accordo, le perplessità che esprimi sono assolutamente condivisibili ed è molto più che probabile che pessime intenzioni si nascondano nella medesima corrente in cui scorrono le informazioni e le occasioni.
EliminaBuona serata.
Namastè
Sono virtuale. Non esisto.
RispondiEliminaCapisco il tuo punto di vista dall'interno della rete e mi tranquillizza pensare che la follia possa essere, a volte, guardiana della libertà.
EliminaQuindi esisti, temo per te, nonostante tu sia virtuale:/
Un abbraccio Squili :)
Namastè