La giustizia tedesca ha fatto chiarezza, così, una volta per tutte, sul controverso tema dell'accanimento terapeutico, che nel Paese era finora soggetto a interpretazioni diverse, con una conseguente forte confusione giuridica. Il caso in questione riguardava una donna di 71 anni, Erika Kuellmer, che era entrata in stato vegetativo nell'ottobre del 2002, dopo un'emorragia cerebrale. Da allora, la donna veniva alimentata attraverso un tubo, anche se - quando era ancora lucida - aveva espressamente detto che non desiderava essere mantenuta in vita qualora fosse entrata in coma. Proprio sulla base di questa richiesta, la figlia si era rivolta a un avvocato che le aveva consigliato di staccare il tubo dell'alimentazione che manteneva in vita la madre. Sentito il parere dell'avvocato e d'accordo con il resto della famiglia, la figlia aveva tentato di tagliare il tubo ma il personale della clinica era intervenuto e l'anziana signora era sopravvissuta altre due settimane prima di morire per cause naturali. Nonostante questo, l'avvocato, Wolfgang Putz, specializzato in medicina legale, era stato condannato a nove mesi di reclusione con la condizionale. La decisione della Corte federale di giustizia tedesca proscioglie il legale e fa piena chiarezza su un tema finora nebuloso. "Staccare un ventilatore e tagliare un tubo dell'alimentazione rientra nella categoria delle forme accettabili per interrompere il trattamento" se c'è il consenso del paziente, ha infatti detto il giudice della Corte, Ruth Rissing van Saan. Il caso della Kuellmer è simile a quello di Eluana Englaro, anche se in Germania la Corte federale aveva stabilito con una sentenza del 1994 che - con il consenso del paziente - si possono interrompere le cure. Nonostante questo pronunciamento, la materia non era mai stata chiarita a fondo, poichè la legge non specificava quando l'interruzione del trattamento avrebbe potuto costituire un reato. Nel 2009 era stata approvata una nuova legge, secondo cui il biotestamento del paziente deve essere preso sempre in considerazione. Secondo i vescovi tedeschi rimane però il rischio di
"delicati problemi etici". Alla luce della sentenza, infatti, la Conferenza episcopale del Paese ha sottolineato che è "determinante una differenziazione tra eutanasia attiva e passiva", riservandosi di sottoporre ad una "analisi accurata e differenziata" le motivazioni del giudice Rissing van Saan. Una differenziazione di questo genere, hanno spiegato i vescovi, "rappresenta un sussidio etico indispensabile per decidere e ci sembra che non sia stata sufficientemente considerata ai fini della sentenza".
Fonte: Ansa
via aamterranuova
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