In questa Italia che sul versante dell’immigrazione si caratterizza per l’avvento del reato di clandestinità e per la stipula del trattato italolibico che intende proteggere la frontiera mediterranea con i respingimenti indiscriminati in mare, si tende a nascondere talune di quelle realtà efficaci ed edificanti che tanto avrebbero da insegnare agli sterili pregiudizi della destra.
In quella straordinaria terra di contraddizioni, slanci e arresti che è la Calabria, non distante da Rosarno, che ha scelto di essere ricordata per la deportazione dei braccianti extracomunitari, si erge, fisicamente dalla cima di un cucuzzolo e moralmente dall’alto della sua recente esperienza di integrazione, Riace. Un paesino che, destinato ad un lento abbandono demografico, è ora risorto grazie alla volontà del Sindaco Mimmo Lucano di aderire al «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati» (Sprar) che ha permesso l’accoglienza di profughi dall’Iraq e dalla Siria; curdi, afghani, eritrei, somali, serbi rom che rimpiazzano i riacesi emigrati a loro volta verso il mondo.
L’esperienza di Riace, nata il 1° luglio 1998 quando un barcone con trecento profughi approdò sulle spiagge del suo territorio, è stata già narrata dal regista Wim Wendres nel documentario “Il volo” con Ben Gazzarra nella parte del Sindaco perché ha qualcosa di veramente esaltante il programma di reinsediamento dei rifugiati che stanno ripopolando Riace facendo riaprire le scuole, ristrutturare le case, riscoprire le antiche tradizioni artigianali.