La Cina, in buona sostanza, sta dicendo al mondo di provare un po’ ad arrangiarsi. Ci sono sviluppi nella grana dei metalli rari (o terre rare) indispensabili all’Occidente non solo per l’elettronica ma anche per le tecnologie pulite: pannelli solari, turbine eoliche, luci a Led.
Il 95% circa della produzione mondiale di metalli rari viene dalla Cina, che però ne consuma solo la metà e sta diminuendo le esportazioni. Secondo l’Unep (l’agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite) i giacimenti di metalli rari della Terra potrebbero esaurirsi nel giro di 30-40 anni.
Infatti Bloomberg ha appena diffuso una stima secondo la quale la domanda cresce del 9% all’anno e nel 2014 la produzione globale sarà inferiore alla richiesta di ben 20.000 tonnellate.
Il 95% circa della produzione mondiale di metalli rari viene dalla Cina, che però ne consuma solo la metà e sta diminuendo le esportazioni. Secondo l’Unep (l’agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite) i giacimenti di metalli rari della Terra potrebbero esaurirsi nel giro di 30-40 anni.
Infatti Bloomberg ha appena diffuso una stima secondo la quale la domanda cresce del 9% all’anno e nel 2014 la produzione globale sarà inferiore alla richiesta di ben 20.000 tonnellate.
La Cina vuol fare uso oculato delle sue miniere: non c’è da stupirsene.Sostiene che l’Occidente le sta facendo richieste “ipocrite” e “irragionevoli” a proposito dei metalli rari a buon mercato. Dice che ha il diritto di decidere da sè in quale quantità esportarli. Ovvero: son dolori.
I metalli rari portano nomi come gallio, selenio, indio… Senza una pur minima quantità di neodimio è impossibile fabbricare una turbina eolica; idem per il lantanio e le batterie delle auto elettriche, tanto per fare due esempi
La presa di posizione della Cina a proposito delle esportazioni di metalli rari è in un articolo comparso sul quotidiano del Partito Comunista che è stato ripreso in inglese dall’agenzia Reuters.
Vi si legge che la Cina possiede solo un terzo delle riserve mondiali di metalli rari, ma i Paesi occidentali trovano troppo costoso estrarli dalle loro miniere, e quindi preferiscono acquistarli dalla Cina a basso prezzo: e adesso la Cina ha il problema di “dover” esportare grandi quantità di terre rare a buon mercato in Occidente. Le virgolette sono nel testo originale.
I metalli rari sono beni economici – è sempre la posizione espressa dal quotidiano del Partito comunista cinese – e ogni Paese ha il diritto di decidere quanto produrre e quanto esportare.
La Cina continua a smentire di voler bloccare o ridurre le esportazioni. Però – a torto o a ragione – il mondo teme che stia verificando esattamente questo, o che stia per verificarsi. Reuters riferisce che l’Unione Europea considera l’accesso ai metalli rari un elemento chiave della sua politica industriale, e segue la situazione con attenzione costante.
Al di là di guerre commerciali ed interessi economici, il problema a mio avviso è che, se anche esistono miniere di metalli rari al di fuori della Cina, esse non possono sfornare produzioni massicce dall’oggi al domani.
E dunque, come costruire le turbine eoliche senza il neodimio made in China? Una soluzione sarebbe il riciclaggio accurato dei metalli rari contenuti nelle apparecchiature che si rompono o che cadono in disuso.
Lo ha suggerito l’Unep nel momento stesso in cui ha richiamato l’attenzione del mondo sull’esaurimento delle scorte. Sarebbe economico ed ecologico: del resto i due aggettivi vanno sempre a braccetto. Solo che l’Occidente rischia di svegliarsi un attimino troppo tardi.
Su Bloomberg la domanda di metalli rari cresce del 9% all’anno
Sul Sole 24 Ore la Cina e le terre rare
Su Peace Reporter terre rare, intrecci abbondanti
Foto Flickr
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