da: PeaceReporter
In Italia si allarga la forbice tra pochi tra ricchi e poveri. La metà degli italiani ha in mano meno del 10 per cento della ricchezza complessiva.
Il quarantacinque per cento della ricchezza italiana è in mano al 10 per cento delle famiglie. Lo segnala Bankitalia nel supplemento al bollettino statistico dedicato alla ricchezza delle famiglie alla fine del 2008. Al contrario, il portafoglio della metà più povera degli italiani non arriva ad avere neppure il 10 per cento della ricchezza complessiva. Insomma, la forbice si allarga e lo Stivale fa i conti con poche famiglie ricchissime e molti italiani che tirano a campare.
Anche nel confronto internazionale, l'Italia registra un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie.
Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano poco indebitate: alla fine del 2008 l'ammontare dei debiti era stato pari al 78% del reddito disponibile lordo, mentre in Germania e in Francia esso risultava pari a circa del 100 per cento, negli Stati Uniti e in Giappone al 130 per cento. Il 41 per cento dei debiti delle famiglie italiane è rappresentato dai mutui per l'acquisto della casa.Anche nel confronto internazionale, l'Italia registra un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie.
È l'abitazione, infatti, la "voce" di maggior ricchezza per le famiglie italiane: il mattone rappresenta un valore pari a 4.667,4 miliardi, poco più della metà del valore complessivo della ricchezza (9.088,9 miliardi), ossia circa 196 mila euro a famiglia. Tra le attività reali, dopo l'abitazione, ci sono gli oggetti di valore per un valore di 122,1 miliardi.
Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali.
Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali.
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