RICICLO. Dal sito che offre i manuali per riparare i gioielli Apple, fino ai designer che giocano con i cartoni da imballaggio. Il recupero è ormai una necessità per il Pianeta, con tanto di manifesto.
Riparare fa bene alla Terra. Fa risparmiare denaro; fa imparare l’ingegneria. Il miglior modo per capire come funziona una cosa è smontarla! Se non lo aggiusti non lo possiedi». Sono solo alcuni passaggi del “Self-repair manifesto”, la campagna lanciata dal sito iFixit per incentivare e diffondere la pratica dell’autoriparazione. Bastano pochi minuti, una dose di pazienza e un po’ di pratica per donare nuova vita a tutti i nostri oggetti. Un tempo il recupero era la prassi: non si buttava via nulla, tutto rientrava in un percorso virtuoso che donava nuova vita agli oggetti. Poi il consumismo sfrenato ha schiacciato tutto.
Oggi, con l’aria di crisi che avvolge il mondo, qualcosa sta cambiando e, con un po’ d’attenzione, una vecchia rete in legno può trasformarsi in un supporto per una pianta rampicante; gli avanzi della cena diventare un piatto da gourmet; il vecchio computer ritrovare tante nuove vite e cartoni pressati trasformarsi in un divano di alto design. La prassi virtuosa di un tempo è diventata la moda di oggi, un movimento ormai necessario, che a partire dagli Stati Uniti si sta diffondendo in tutto il Pianeta. Un modo semplice per uscire dalla logica dell’usa e getta che colpisce soprattutto il settore dell’hi-tech. In tanti, infatti, al primo segno di stanchezza del cellulare (uno spegnimento improvviso o un tasto che non funziona più) sono pronti a gettare tutto nel cestino e correre nel primo negozio di elettronica per comprare un nuovo modello con sempre più funzioni che non useremo mai.
Per fare un esempio, in base ai dati di Worldometers, sito che raccoglie statistiche e dati in tempo reale, solo nella giornata del 21 febbraio nel mondo sono stati venduti oltre 2,5 milioni di cellulari, una cifra che rende bene la quantità di telefonini che vengono dismessi ogni giorno. In base ai dati dell’Unione Europea, inoltre, il vecchio continente produce circa 9,1 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Un trend in continua crescita con notevoli rischi per la salute considerando che i componenti interni dei nostri computer possono contenere materiali cancerogeni come mercurio e policlorobifenili.
Se proprio non riusciamo a far ripartire il nostro Pc possiamo sempre rivolgerci a iFixit.com, un sito nato nel 2003 ad opera di due giovani studenti del Politecnico della California alle prese con un iBook della Apple con problemi allo schermo. Senza ricorrere all’assistenza e senza soldi per poter acquistare un nuovo portatile, i due sperimentarono la riparazione manuale. Si accorsero che non esistevano manuali ad hoc e dopo molti tentavi e notti insonni, misero tutto in rete condividendo l’esperienza con gli amici. Oggi iFixit è un punto di riferimento per gli appassionati di elettronica e fai da te. La community produce ogni hanno centinaia di manuali per poter riparare oggetti come l’iPhone o l’iPad con la possibilità di seguire le istruzioni, consultare video e all’occorrenza comprare pezzi di ricambio. Basta armarsi di microcacciavite, una buona connessione e il gioco è fatto.
Altro modo di recupero e quello di far rivivere piccoli oggetti quotidiani: da un sacchetto avanzato dalla spesa, alla carta avanzata dai regali di natale oppure trasformare i vasetti degli omogeneizzati in bomboniere perfette. Basta fare un giro su “Un’idea nelle mani”, un blog che raccoglie con novizia di particolari tante informazioni ed esempi per dare nuova vita a tutti gli oggetti.
Al di là dell’elettronica, il recupero può diventare una forma d’arte, così come avviene nel lavoro di Courtney Hunt e Alex Witko, due giovani designer canadesi che trasformano in arredamento i rifiuti abbandonati nelle discariche. Dal loro girovagare è nato un marchio, Organelle, che propone lampade da soffitto realizzate con grucce abbandonate, cerchi di biciclette e pezzi metallici. Tutto, ovviamente, è in vendita. Anche il cartone da imballaggio, quello che molto spesso viene utilizzato in quantità spropositate nel packaging degli oggetti commerciali, può trovare una nuova vita. Come accade con Kartonchair, la sedia multiuso realizzata con un unico foglio (kartonchair.com) oppure con la moda lanciata dal gruppo Bug House che compone divani a partire dalle vecchie custodie degli lp. Ma in quest’ultimo caso il consiglio è custodirli gelosamente.
Il problema delle schede elettroniche è che contengono sostanze altamente tossiche e sono difficili e costose da riciclare. In più non esistono ancora regole certe, quindi soprattutto le aziende - grosse produttrici di rifiuti tecnologici - se ne fregano.
RispondiEliminaVero Paòlo, l'ettronica rischia di rivelarsi oltremodo nefanda per l'ambiente. L'ignavia delle aziende è voluta.
RispondiEliminaLoro meglio di tutti sanno quel che fanno e spingono perchè le regole restino come sono vaghe ed imprecise.
Detto questo resta la tematica del riciclo del riuso e della riparazione. Il mondo non può più permettersi il consumismo sfrenato, pena la fine.
Dobbiamo percorrere la strada del duraturo ed abbandonare quella del caduco...il mercato è la più grande delle truffe.
Un abbraccio Paòlo e buona giornata :-))
Namastè
Sarebbe ideale riuscire a formare dei mercatini dove scambiare e barattare quello che non si usa più e magari serve ad altri ma come al solito lo devono fare i cittadini, burocrazia permettendo, alle istituzioni e ai produttori non gliene frega niente anzi,l'elettronica è ormai diventata usa e getta è più conveniente comprare che riparare
RispondiEliminaCiao Zak, si sono d'accordo!
RispondiEliminaIn effetti ci si sta muovendo in questa direzione, ed in diverse città questi mercatini sono già una realtà.
Esiste anche il baratto on-line a questo link: http://www.zerorelativo.it/
Invece qui: http://www.zerorelativo.it/blog/ trovi le città in cui si svolgono i mercatini e le relative date.
Un abbraccione :-))
Namastè
Utilissimi, grazie
RispondiEliminaDi nulla Zak ^_^
RispondiEliminaNamastè