venerdì 18 marzo 2011

Come si fa a stare con Gheddafi?

Angelo Miotto
 
Domanda retorica, oggi. Già, ma ieri?

C'era una vignetta sul Secolo XIX , dieci giorni fa. Metteva in relazione una possibile no fly zone con una pompa di benzina, che per l'occasione era disegnata come una bara, con attaccata la pistola per il carburante.
La vicenda libica è fra le più confuse che il Nord Africa ci ha dato in questi incredibili mesi, la meno trasparente, la più torbida per le presenze straniere che si aggiravano sul campo quando ancora le proteste erano sul nascere.
L'informazione ha vissuto una sorta di black-out nei primi giorni, reso ancora più evidente dalle immagini ancora nei nostri occhi di piazza Tahrir. Poche informazioni e contraddittorie. Emittenti che hanno sparato cifre tremende sulla contabilità della repressione del dittatore libico. Al Arabya, ripresa da tutti i giornali italiani (noi ci siamo astenuti) arrivò a parlare di diecimila morti. In un solo giorno. Per poi calare alla chetichella nelle ore successive. I primi bombardamenti sulla folla senza prove evidenti. Gli insorti che scorrazzano a bordo di pick-up Toyota equipaggiati con armi che sarebbero, sarebbero, state prese nelle caserme dei militari passati con gli insorti.

Tutto questo senza sminuire la violenza della repressione del regime, le notizie sui mercenari arrivati in charter, le immagini drammatiche che sono arrivate dagli ospedali, le fonti mediche.
Ma il racconto di una rivoluzione non può sottostare al dubbio della propaganda.
E, fatte salve le cronache degli inviati e dei loro occhi a testimoniare, non si può negare che ci sia stata una forte accelerazione sull'opinione pubblica perché si prendesse un partito. E che questa strategia, ormai collaudata, portasse all'eventuale accettazione di un intervento armato. Che sta arrivando, in nome della risoluzione Onu che prevede una zona di non sorvolo, l'unica arma davvero determinante in uno scontro - lo ricordavano gli stessi insorti - che si gioca su ampie zone allo scoperto fra militari e aviazione che hanno gioco facile a martellare le roccaforti espugnate dai ribelli.
Di fronte alle due parti in lotta, l'intervento della comunità internazionale appare quasi liberatorio: come si fa a stare dalla parte di Gheddafi? La domanda appare retorica, oggi. Già. Ma ieri?
Come ha fatto il governo italiano, Silvio Berlusconi e la famosa finanza che non si pone certo problemi di etica, l'Europa e altri importanti Paesi amici di petrolio a tollerare, a stare con Gheddafi?
L'insorto che vuole liberare il territorio che presidia e il popolo disperato di chi attraversa deserti per approdare su spiagge e scogli europei non sono uomini eguali. I lager libici per migranti descritti così tante volte da inchieste e reportage, testimonianze dirette di violenze e torture, uccisioni, omicidi per abbandono nel deserto, tutto questo non ha provocato lo sdegno internazionale come ora accade.
Come si fa a baciare le mani al carnefice e guardiano del Grande bastione anti-immigrazione?
I motori dei jet si scaldano mentre scriviamo, la risposta tardiva della comunità internazionale è comunque arrivata, proprio quando - vero o falso che sia - i lealisti iniziavano a bombardare aeroporto e strade della città simbolo ribelle, Bengasi. Rimane quel sapore amaro dell'ineluttabilità di copioni già visti e del criminale gioco di finanza e potere che nutre le guerre.

http://it.peacereporter.net/articolo/27459/Come+si+fa+a+stare+con+Gheddafi%3F+

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