Fra speranza e timore, dopo la rivoluzione si affaccia un nuovo Egitto: merito anche delle “Sorelle musulmane” che si raccontano fra sogni e problemi duri a morire
La sorellanza delle donne musulmane ha svolto un ruolo di sostegno nella rivoluzione egiziana, e ora vuole giustamente avere un adeguato peso nel plasmare il futuro democratico del paese, in cui già vi erano stati venti di estremismo. Anche se molte di loro infatti indossano abiti occidentali sotto il velo, usano Facebook e Twitter, e parlano di emancipazione, sembrano spesso in lotta con la società, impaurita dal concetto di donna moderna musulmana.
SOGNI - Jihan, la maggiore, è seduta in poltrona nel suo appartamento al Cairo. Un velo fiorito le incornicia le guance rosse, e ha in mano un bicchiere di succo di mela. Lei spera che, dio volendo, un giorno anche una donna possa diventare presidente del nuovo Egitto. Arwa è la più giovane, è seduta davanti a un computer e scorre il suo blog. “Mubarak è andato,” dice. “Quando sarò vecchia abbastanza, avrò un seggio in Parlamento”. Zahraa è in piedi all’ombra della prigione di Tora del Cairo. Si tira il suo hijab bianco stretto intorno al viso: “Il nostro compito è quello di far crescere la nazione”, dice. Jihan, Arwa e Zahraa sono tre sorelle musulmante, ciascuna appartenente ad una generazione diversa. Sono tre delle centinaia di migliaia di “sorelle islamiche” che lottano per se stesse e un nuovo Egitto. Il loro obiettivo è quello di una società islamica moderna. Sono sicure di sé, e il loro messaggio è chiaro: questo è nanche il nostro tempo. Anche se abbiamo il velo, siamo forti come gli uomini della Fratellanza Musulmana. Forse anche di più. Ogni giorno che passa dalla rivoluzione, le sorelle vincono una battaglia: l’ultima riguardava il referendum costituzionale che ha dato tutti gli egiziani – comprese le donne – tante libertà che prima sembravano solo utopia. Ogni giorno che passa dalla cacciata di Hosni Mubarak è per le sorelle e tutte le donne egiziano un giorno speciale. La Sorellanza è nata del 1932 ed è l’ala femminile dei Fratelli Musulmani, organizzazione islamica sempre repressa da Mubarak, e temuta dall’Occidente. Il gruppo è stato volutamente accostato a parole che in Occidente sono ormai sinonimo di paura, come “Sharia”, “jihad” e “terrore”. Prima della rivoluzione, gli Stati Uniti classificavano la Fratellanza come estremista, anti-occidentale e anti-israeliana. Ma ora che il vecchio regime è caduto, è diventato una delle più forti forze politica nel paese e ha mostrato il suo volto democratico. Nonostante decenni di repressione, la Fratellanza è riuscita ad attirare centinaia di migliaia di sostenitori, che ora sono pronti a svolgere un ruolo nel plasmare il futuro dell’Egitto. Circa la metà di loro sono donne: figlie e madri come Zahraa, Jihan e Arwa, che ora chiedono a gran voce un nuovo ruolo nella società.
UN POSTO PER DONNE? - Che tipo di ruolo, però? Lo chiediamo a Zara che ci dice inizialmente: “Non ci sono distinzione tra uomini e donne, che si completano a vicenda. Eravamo tutti a Tahrir, uomini e donne, di ogni orientamento” Ma poi dice: “Le donne non vogliono fare le stesse cose che fanno gli uomini”. E ‘nella loro natura, aggiunge, avere figli, essere più emotive e perciò adatte a responsabilità sociali. Infatti essere bandita dalla vita politica per tanto tempo ha portato la Confraternita a diventare particolarmente attiva nella società, nella gestione di ospedali, istituti di istruzione, asili e mense. Anche così ha guadagnato molti sostenitori. I Fratelli musulmani sono stati autorizzati a prestare servizio solo nel Parlamento egiziano come indipendenti. Molti sono stati tenuti sotto sorveglianza, seguiti e arrestato. Dal momento che le donne della Fratellanza non sono state mai considerate pericolose, hanno mantenuto in vita l’organizzazione, la cura per le famiglie dei prigionieri, l’organizzazione di marce di protesta e raccolta di fondi per gli avvocati. Ma non hanno poututo mai essere leader politici: “Non è stato possibile – dice Zahraa per motivi di sicurezza dello Stato. L’idea che una donna possa essere arrestato è un tabù per il gruppo.” Inoltre, aggiunge, molti Fratelli musulmani sentono che è meglio per le donne svolgere ciò per cui sono “naturalmente” portate. Come essere madri.
STRADA – C’è ancora tanta strada per arrivare a far avverare i sogni delle sorelle musulmane, quindi, anche di quelle che immaginano un futuro politico, in Parlamento, al Governo. Immagini lontane anche da quelle della Fratellanza, che però dopo la rivoluzione sembrano sempre più a portata di mano. Una lotta, quella delle donne, che continua senza sosta, senza il clamore delle bombe e delle armi, ma con la forza della pazienza e del lavoro continuo. E continuano, le sorelle, a sperare in un domani migliore, quando anche i loro “fratelli” possano capire che essere madri non vuol dire per forza non essere bravi politici. Anzi.
http://www.giornalettismo.com/archives/120115/nuove-donne-degitto/
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