da Megachip
di Paolo Bartolini*
Forse
in pochi troveranno qualcosa di interessante in queste mie righe,
tuttavia ritengo necessario ribadire – soprattutto per coloro che
intendono cogliere la portata etica e spirituale della crisi di civiltà
che stiamo attraversando – il nesso profondo che lega le sorti di un cambiamento possibile (collettivo) alla trasformazione interiore degli esseri umani,
trasformazione che, a mio avviso, non può non riguardare la sfera
religiosa e contemplativa, ampiamente intesa, anche al di là dei
tradizionali percorsi confessionali.
L’urgenza,
in questa fase inedita di Transizione per l’umanità e per il nostro
pianeta, mi pare inizialmente quella di cogliere fino in fondo la
portata della sfida che la Crisi ci sta lanciando: siamo
infatti di fronte alla necessità di reinventare nuove visioni del
mondo, realmente alternative all’unica dominante, caratterizzata dal
potere incontrastato della violenza, dal controllo tecnoscientifico
sulle menti e sulla natura, e dall’accumulazione quantitativa universale (motore perpetuo dell’attuale e insostenibile capitalismo globale).
Il mito in cui viviamo, che fa da sfondo alle nostre gioie e ai nostri quotidiani tormenti, è e resta purtroppo un mito separativo,
che invece di unire e di promuovere pace ed armonia, moltiplica la
guerra di tutti contro tutti, amplifica gli egoismi e rafforza quel
senso di separatezza dagli altri e dalla realtà circostante che ci
rende, quasi senza accorgercene, solerti competitori in una vita ormai
ridotta a libero mercato.
Ora io penso che se Marx ha parlato espressamente di una “religione della vita quotidiana”
riferendosi al potere trasfigurante del capitale, ha potuto farlo
perché ha saputo cogliere i meccanismi segreti del suo peculiare
feticismo, spiegandoci accuratamente che gli uomini, privati di
consapevolezza e di controllo sulla produzione e sull’andamento dei
rapporti sociali nel loro complesso, sono naturalmente destinati a
vivere in modo passivo la connessione impersonale di tutti e di tutto
resa possibile dalla circolazione delle cose e del denaro. Ecco allora
che la merce assume agli occhi dell’individuo/consumatore una realtà a
se stante, scollegata da tutti i passaggi (sociali, naturali e
lavorativi) che hanno contribuito a farla esistere. Più semplicemente: il mondo delle cose si fa autoevidente cancellando qualsiasi coscienza del processo umano sottostante.
Si mostrano, dinnanzi ad occhi creduli e a menti annebbiate, solo cose e
prezzi, ormai scambiati per solide certezze e realtà indiscutibili.
Il
valore di scambio, insomma, sovrasta ontologicamente il valore d’uso e
apre le porte alla reificazione delle persone e alla personificazione
delle cose.
In attesa di una rivoluzione che non arriva, e che viene spesso cercata nel posto sbagliato (http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/8657-evitare-gli-stessi-errori-lunga-e-la-via-per-la-rivoluzione.html), ci piace rileggere queste affermazioni del monaco zen vietnamita Thich Nhat Hanh, che nel suo famoso “Essere pace” (Ubaldini, 1989) inizia così un capitoletto intitolato programmaticamente “Inter-essere”:
“Un poeta, guardando questa pagina, si accorge subito che dentro c’è una nuvola. Senza la nuvola, non c’è pioggia; senza pioggia, gli alberi non crescono; e senza alberi, non possiamo fare la carta. La nuvola è indispensabile all’esistenza della carta. […] Guardando più in profondità in questa pagina, vedremo anche brillare la luce del sole. Senza luce del sole le foreste non crescono. Niente cresce in assenza della luce solare, nemmeno noi. Ecco perché in questo foglio di carta splende il sole. La carta e la luce del sole inter-sono. Continuiamo a guardare: ecco il taglialegna che ha abbattuto l’albero e l’ha trasportato alla cartiera dove è stato trasformato in carta. Sappiamo che l’esistenza del taglialegna dipende dal suo pane quotidiano, quindi in questo foglio di carta c’è anche il grano che è finito nel pane del taglialegna…”.
Il
lettore sensibile avrà già compreso che questa lucida consapevolezza
delle interconnessioni vitali che hanno portato al “foglio di carta” può
allargare il suo raggio fino a comprendere i genitori del taglialegna, i
suoi avi e tutte le condizioni che, dalla notte dei tempi, hanno fatto
sì che il foglio di carta potesse un giorno “manifestarsi”.
Ebbene, questo sguardo sapiente
(qui buddhista, ma comune indubbiamente a tutti i grandi cammini
contemplativi antichi e moderni), che penetra in profondità la realtà
delle cose senza credere ciecamente alla religione del denaro e al suo
spettacolo alienante, a me sembra propedeutico a qualsiasi progetto di cambiamento della storia.
Con
questo non sto sostenendo, anche se la tentazione è forte, che per
cambiare il mondo bisogna essere poeti visionari o mistici, ma
quantomeno che si debba riconoscere – qui ed ora – l’importanza di formare il carattere e di coltivare la spiritualità di chiunque intenda superare lo stato di cose presenti.
Ogni giorno di più mi convinco che questa sia la premessa
irrinunciabile per cominciare ad uscire dalle tenebre che ci avvolgono e
costruire un nuovo tempo di pace e di luce, per tutti e tutto.
* Ufficio Centrale Alternativa - Alternativa Marche
Il primo passo è cambiare dentro di noi.
RispondiEliminaTi auguro una serena giornata.
Infatti Cavaliere, altrimenti non cambierà mai nulla!
EliminaFelice giorno anche a te :)
Namastè
Questo articolo è molto interessante. Ci indica una via che pare faticosa ma non lo è... anzi, è l'unica percorribile per la nostra sopravvivenza come essere civili. Ci siamo imbarbariti e non ce ne rendiamo conto.
RispondiEliminaMi è piaciuto il riferimento zen che istruisce attraverso gli occhi del poeta. Credo fermamente che se tutto sarà perduto, ci salveremo solo grazie a loro. Non solo ai poeti celebri ma anche a tutti coloro che lo sono nel cuore, nello sguardo, nel pensiero, nell'amore.
Grazie per averci riportato questo bell'articolo, Rosa.
Ciao
Anche io lo trovo interessante, sono solitamente aliena dall'occuparmi di politica ma questa "Visione" mi intriga. Perchè comprende, a mio parere quella "prospettiva di cambiamento personale e comportamentale" indispensabile perchè davvero qualche cosa possa cominciare a muoversi. Sono assolutamente d'accordo che la "contemplazione dell'insieme" di causa ed effetto sia utile alla lettura della realtà che ci circonda. In qualche modo questa inizia ad essere la capacità di vedere e di descrivere con nuove parole il mondo che ci circonda.
EliminaGrazie a te Sari, un abbraccio :)
Namastè