Il mercato asiatico fa gola all’Italia: imprese e banche cercano nel Paese orientale sviluppo e liquidità.
La nuova frontiera delle piccole e medie imprese italiane si chiama Chongqing. In questo agglomerato gigantesco di nebbia, grattacieli e 32 milioni di persone, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha aperto ufficialmento la terza “missione di sistema” (le prime nel 2004 e 2006 guidate da Ciampi e Prodi) che servirà a “rafforzare un buon clima tra i due paesi “. Il viceministro Adolfo Urso ha spiegato: «La Cina era vissuta come un rischio, ma oggi è un’opportunità con il suo enorme mercato». L’esempio è sotto gli occhi: la delegazione è ospite dello stabilimento che Iveco ha in joint venture con Saic e Hongyan e da dove escono 30 mila camion all’anno (saranno 54mila nel 2012), il 95% rimane in Cina.
CONCENTRARE LA MISSIONE – paesi come Francia e Germania mandano i capi di governo molto più spesso e i loro grandi gruppi fanno la parte del leone nelle commesse del piano di stimolo da 575 miliardi di euro varato da Pechino, l‘Italia risponde assecondando il desiderio cinese di spostare lo sviluppo verso questa regione occidentale. Sacconi in sostituisce il dimesso Scajola al seguito di un piccolo esercito di piccole imprese. Ben 130 ieri hanno partecipato agli incontri bilaterali (circa 900) per farsi conoscere e trovare partner. Nell’intero programma della missione (che si sposterà a Shanghai e Pechino) saranno 230, affiancate da 9 gruppi bancari e 22 associazioni di categoria. «C’è un mercato di 800 mila milionari e 200 milioni di persone ascrivibili alla classe media – spiega il vicepresidente di Confindustria Paolo Zegna -le missioni di sistema vanno bene ma dobbiamo saper cambiare marcia e innovare le nostre strategie di internazionalizzazione con missioni più snelle, più concentrate su uno due settori». Anche perché gli accordi industriali non saranno di grande portata, ieri si è cominciato dai maiali: la Cina importerà delle razze ibride italiane per la produzione in loco di 600 mila tonnellate di carne e prodotti trasformati. Per le intese bilaterali tra i governi (saranno nell’ambito della proprietà intelletuale, energia e ambiente e turismo) bisognerà aspettare venerdì.
CHI INSEGNA A CHI? - Le banche giocano un’altra partita: riuscire a intercettare una parte della grande liquidità cinese e magari portarla verso investimenti italiani, come è riuscita fare Intesa con il fondo di private equity Mandarin. La Cina è il paese emergente dove sono più presenti: 7 filiali e 22 uffici di rappresentanza. Nel frattempo l‘Italia sta trovando il suo spazio in Cina con le solite armi: imprenditorialità diffusa (oltre 2000 le aziende stabilmente presenti), l’appeal della sua storia ( prima in Europa per visti turistici rilasciati ai cinesi) e il suo talento (il padiglione italiano dell’Expo di Shanghai con un milione di visitari e il più frequentato dopo quello cinese). La politica cerca di non perdere il passo, e trova il tempo di dare qualche lezione: «Incontrerò il ministro cinese delle risorse umane, il è molto interessato a sviluppare un sistema di protezione sociale e sanitaria di stampo europeo» ha annunciato Sacconi.
fonte: www.giornalettismo
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