martedì 15 giugno 2010

Il sogno di Neda sull’onda verde della resistenza iraniana

di Martina Lacerenza.

Cercare di capire e raccontare l’Iran significa addentrarsi in un territorio dominato dalle contraddizioni, dai compromessi con la tradizione, da una storia che vede la posizione diplomatica delle potenze straniere agire sulla scacchiera internazionale in base a interessi economici che si intrecciano con la questione del petrolio e dell’uranio arricchito. Significa essere pronti a farsi investire da un vento di guerra che riguarda il regime interno del Paese, inserito nella minaccia più ampia della rottura degli equilibri nei rapporti internazionali.

Le minacce nucleari che riguardano la costruzione della bomba atomica, e che tengono il mondo con il fiato sospeso, vengono usate dalle autorità iraniane più “per finalità interne”, di controllo della popolazione dissidente, che come reale minaccia di una guerra internazionale. In più recenti occasioni, infatti, Ahmadinejad ha definito l’Iran “una nazione nucleare, in grado di produrre uranio altamente arricchito”. Secondo il parere di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, il Presidente iraniano sfida la comunità internazionale per compattare la società iraniana attorno al regime sciita: questo è il ricatto del governo verso il popolo iraniano che vuole un cambiamento.

Il desiderio di libertà che nutre questo Paese è rappresentato dall’Onda Verde, un movimento di opposizione al regime teocratico nato dal basso e che rappresenta la voce della resistenza iraniana. L’Iran vuole democrazia e libertà, nonché il superamento della repressione che il governo attua attraverso la violenza e la censura dell’informazione.

L’Onda Verde nasce in seguito ai brogli elettorali che esattamente un anno fa avevano decretato la rielezione di Ahmadinejad, spodestando il reale vincitore Mir Hosein Musavi, principale candidato dell’opposizione. La protesta della popolazione si diffuse in tutto il Paese e culminò il 20 giugno 2009 con l’uccisione della giovane Neda: un militare le sparò nel petto, facendola morire sull’asfalto in meno di due minuti. La vicenda non venne riportata dai media iraniani, essendo tutti controllati dal regime, ma il video amatoriale che mostrava i suoi ultimi istanti di vita venne diffuso su Internet insieme a un messaggio: “fate in modo che il mondo sappia”. Neda, che in persiano significa “voce”, “chiamata”, è tutt’ora il simbolo della resistenza iraniana. La Rivoluzione Verde contro il governo di Ahmadinejad è ancora in corso e ricorre soprattutto all’uso delle reti tecnologiche e informatiche per stabilire contatti certi con l’esterno e diffondere le notizie di quello che accade

Nonostante il bavaglio imposto ai giornalisti e la rigida censura calata su Internet, infatti, le notizie sull’Iran circolano grazie ai social network e ai video su Youtube. Un esempio è la pagina face book di Ahmad Rafat, membro fondatore dell’associazione Iniziativa per la Libertà d’Espressione in Iran e membro del comitato esecutivo di Information Safety and Freedom, che in questi giorni ha pubblicato una notizia risalente al 12 giugno: “600 uomini e 100 donne arrestati durante le diverse manifestazioni che si sono svolte nel Paese”. La popolazione iraniana, infatti, attualmente sta cercando di portare avanti delle manifestazioni in virtù dell’anniversario dei brogli politici del 2009.

Le potenze occidentali, più che inasprire le sanzioni economiche e promuovere l’esportazione di un modello occidentale di democrazia, dovrebbero sostenere la diffusione della cronaca senza compromettere l’indipendenza delle forze d’opposizione: è quello che sostiene proprio Shirin Ebadi in un’intervista rilasciata a Der Spiegel.

Teheran non vuole testimoni, mentre i cittadini iraniani dimostrano che hanno bisogno di farci sapere qualcosa: sapere è fondamentale per non ‘fermarsi’ e per stimolare la riflessione.

“La brutalità e le intimidazioni del governo possono opporsi al progresso della storia per anni, ma non all’infinito. Qualsiasi cosa succeda al Movimento Verde nel breve periodo, milioni di manifestanti iraniani hanno fatto capire al mondo che la centenaria ricerca di una forma di democrazia è un’idea il cui tempo è ormai giunto”: Karim Sajadpour, membro associato presso il Carnegie Endowment for International Peace.

Fonti:

www.medarabnews.com www.liberoreporter.it

www.newnotizie.it www.wordpress.com

www.facebook.com

Foto di Pietro Masturzo, l’italiano vincitore del Wolrd Press Photo 2010. Lo scatto immortala alcune donne che gridano su un tetto di Teheran in segno di protesta contro il regime.

http://ildemocratico.com

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