Di Vittorio, ultimo comizio a Cerignola. |
di Gianni Lannes
«Il nome di mio padre, Giuseppe Di Vittorio, è intimamente legato alla storia dei lavoratori delle campagne
pugliesi. Un secolo fa, in provincia di Foggia, nel Tavoliere, a Cerignola, i lavoratori
dei campi vivevano in condizioni terribili. Miseria analfabetismo, fatica. Ma
soprattutto, una assoluta assenza di diritti» racconta Baldina, figlia del mitico Peppino. «Un’assenza così totale da
farci dire che quegli uomini, quelle donne, quei bambini che partivano all’alba
da quei paesi per andare sui campi non erano persone libere. Ciò che fede mio
padre, allora, fu innanzitutto questo: far capire ai suoi compagni, ai
braccianti e alle loro famiglie, che la prima cosa cui ha diritto chi lavora è
la dignità: la dignità che non può mai essere negata a un essere umano, a un
lavoratore, a un cittadino».
Baldina Di Vittorio |
Extraterrestri - «Apprendere che a cinquant’anni dalla
scomparsa di mio padre, proprio nelle campagne pugliesi, si sono ricreate
condizioni disumane di lavoro e di vita che mettono in questione la dignità e
la libertà dei nuovi braccianti, è stato per me motivo di profondo dolore. E il
fatto che questi braccianti siano in maggioranza lavoratori stranieri è
un’aggravante che rende ancora più netto, per noi italiani, il dovere di
reagire a una situazione insopportabile. Di reagire, naturalmente, coinvolgendo
nella lotta noi tutti e i nostri nuovi vicini di casa».
Eterni migranti - Gli esseri umani camminano da sempre. Per
migliaia di chilometri, solcando mari e monti a costo della vita. Si muovono
nel tempo e nello spazio, in fuga o in avanscoperta, per allontanarsi o
avvicinarsi, per conoscere o per dimenticare. Il movimento, il ricordo, la
nostalgia, la ricerca e il desiderio di nuovi orizzonti, il mutamento e
l’avventura fanno parte dell’esperienza umana. Le immagini delle donne africane
che affrontano il pericolo di interminabili cammini, a volte in teatri di
guerra, per portare l’acqua alla propria famiglia, raccontano che cosa
significa essere una popolazione in movimento.
Quel passo delle donne nelle terre senza apparente futuro ha solcato il
Mediterraneo, fino a raggiungere le nostre sponde. L’emigrazione perenne del
Sud: è il presente ancorato al passato. Se è vero che i confini sono fatti da coloro
che l’attraversano, quella dei popoli in cammino è una storia di coraggio
prometeico, di continua trasgressione, di limiti superati ogni volta. Perché
noi umani siamo fatti per migrare. Siamo fatti per spostarci e superare
barriere, geografiche e linguistiche. Fatti per assorbire culture.
Orta Nova (FG). |
Impedire
questo destino genetico vuol dire privare il genere umano della sua libertà. La
migrazione è una predestinazione, una compiutezza genetica dell’umanità. I
popoli si sono spostati sempre per migliorare le proprie condizioni. Pensiamo
agli spostamenti dei popoli nordeuropei migliaia di anni avanti Cristo: dal Mediterraneo
sudorientale verso l’Europa, un’onda di avanzamento inarrestabile che,
popolando nuovi territori contribuì alla graduale diffusione delle pratiche
agricole. I Greci giunsero sulle sponde dell’odierna Italia (“Italia”: che gli
ebrei chiamavano “isola delle meraviglie”) e i Celti fino all’Irlanda e perfino
alla Groenlandia. “Fare ponti e viaggiare leggeri” diceva Alex Langer. Chissà cosa avrebbe pensato Di Vittorio dei tempi
correnti che corrono a perdifiato verso l’autodistruzione. La terra che viene
divorata, la violenza dell’uomo sulla natura e sui suoi simili. Sicuramente
Peppino avrebbe osato, perché la forza di un’idea libera può cambiare il mondo.
Migrante africano |
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