da: SU LA TESTA!
Delfino Filippo |
di Gianni Lannes
Intelligenti, sensibili, belli. Insomma: eccezionali terapeuti, in
grado di arrecare benefici all’essere umano, di aiutarlo a guarire da alcuni malanni.
La chiamano “delfinoterapia”. E’
praticata dagli psicologi dell’International University of Florida di Miami. In
Europa è poco conosciuta. La terapia con l’ausilio dei delfini (“animal-assisted
therapy”) è un’esperienza nuova in Italia. E’ stata introdotta
dall’associazione scientifica Arion di Roma, dopo un attento studio delle
esperienze internazionali, in particolare quella del dottor David Nathanson, in Florida. L’incontro
con i cetacei (delfini “Tursiops
truncatus”) avviene nel Delfinario di Rimini, dove l’Arion opera con
progetti educativi e terapeutici, nonché programmi di ricerca specifici. E’
l’unico caso italiano di delfinoterapia. Un èquipe di psicologi, educatori e
biologi marini coordina un trattamento di immersioni controllate con i delfini
per bambini autistici. Il progetto sperimentale pluriennale è stato studiato in
collaborazione con le università di Bologna, Siena e Parma.
«I programmi - spiegano alla Arion - sono destinati prioritariamente a bambini (6-12 anni) affetti da autismo e ad adulti sofferenti di depressione. Persone con altre patologie, legate a problemi relazionali e di comunicazione, verranno inserite solo in numero limitato e dopo attenta valutazione dei vantaggi che la terapia con i delfini può offrire loro».
«I programmi - spiegano alla Arion - sono destinati prioritariamente a bambini (6-12 anni) affetti da autismo e ad adulti sofferenti di depressione. Persone con altre patologie, legate a problemi relazionali e di comunicazione, verranno inserite solo in numero limitato e dopo attenta valutazione dei vantaggi che la terapia con i delfini può offrire loro».
Delfino Filippo. |
A prova
di bimbo - Puntualizza la dottoressa Giuseppini: «Tutto ciò che accade in
vasca è spontaneo: i delfini cioè non vengono addestrati a comportarsi in modo
particolare in situazioni di terapia». L’incontro è concepito come un gioco,
lasciato all’iniziativa di queste geniali creature marine. Le immersioni durano
mediamente 20-30 minuti, ma anche più se occorre. Il “paziente” impara a
nuotare con il delfino, a toccarlo, a fidarsi di lui e il cetaceo riesce con la
sua spontaneità a divertire i piccoli, a sorprenderli, a liberarli dalle loro
paure e a farli uscire dalla solitudine. «Il lavoro è supervisionato da
personale qualificato in ogni momento - osserva l’etologa Eugenia Natoli - ma è
il delfino che agisce in completa autonomia ed accetta il piccolo ospite senza
nessun problema». Non è facile, infatti, convincere uno di questi animali a
fare una cosa che non vuole. I delfini coadiuvano le terapie tradizionali ed il
risultato è che tantissimi bambini hanno imparato ad esprimersi, ad essere meno
aggressivi e chiusi nel proprio mondo. «I delfini sono abilissimi a cogliere i
diversi atteggiamenti dei ragazzi, a captare le loro emozioni, gli stati
d’animo - racconta l’anima ispiratrice di Arion - hanno una sensibilità estrema
e una dolcezza rara a condizione che si sentano liberi di fare quello che gli
suggerisce l’istinto e non gli si imponga nulla con la forza». Insomma, sono
loro che spontaneamente scelgono di avvicinarsi ad un bambino e di occuparsene.
I delfini riescono a catturare l’attenzione delle persone autistiche (e non
solo) in un modo che non ha precedenti. Bimbi che spesso, nelle sedute più
tradizionali sono assenti e ignorano le consegne dell’educatore, in vasca, non
solo seguono costantemente i delfini con lo sguardo, ma sono più in contatto
con l’operatore e ne seguono spontaneamente le indicazioni, in se si tratta di
suggerimenti sul modo di avvicinarli. L’autismo e la depressione sono le “patologie”
che meglio si prestano nella co-terapia con questo straordinario animale.
Curatori
spontanei - Ma i problemi di comunicazione non sono le uniche patologie curabili
con l’aiuto dei delfini. I ricercatori del Dolphin Plus centre di Key Largo, in
Florida, hanno sottoposto con successo
alla delfinoterapia anche malati terminali, paraplegici, persone che hanno
patito gravi amputazioni, nonché ragazzi ciechi e sordociechi. Si è rilevato
che il contatto con i delfini può aiutare anche chi non riesce a rassegnarsi ad
un lutto particolarmente grave. Inoltre, secondo il professor Igor Tcharkovsky, che ha offerto ad
alcune donne incinte la possibilità di nuotare con dei delfini nel Mar Nero,
«questi mammiferi marini, grazie alle loro capacità di comunicazione telepatica,
sarebbero in grado di trasmettere al feto alcune delle loro conoscenze e di
insegnargli a non aver paura dell’acqua». Sembra che le femmine dei delfini
siano particolarmente interessate alle donne in gravidanza, e Tcharkovsky
afferma che «sono anche capaci, durante
un parto sott’acqua, di portare il neonato in superficie». I delfini
aiutano a star meglio soprattutto bambini dislessici, anoressici,
psicologicamente turbati, affetti da sindrome di Down, vittime di abusi. Spiega
lo psicoterapeuta Nathanson, padre del programma Dolphin Human Therapy: «I
bambini, o chiunque soffra di un handicap mentale, manifestano un fortissimo
desiderio di interagire con i delfini. Questo desiderio è alla base della
terapia: aumenta l’attenzione, modifica il comportamento, stimola al
raggiungimento di uno scopo. Compito del
terapeuta è indirizzare l’attenzione a obiettivi quali l’apprendimento del
linguaggio, coordinazione motoria, concentrazione». Ma come e perché funziona
la delfinoterapia? Misurando le reazioni neurologiche di chi nuota coi delfini,
sono state scoperte delle alterazioni nel funzionamento del cervello: la più
notevole è la sincronizzazione dei due emisferi cerebrali, destro e sinistro,
che cominciano a lavorare con la stessa frequenza, evento che normalmente non
succede. L’ipotesi attualmente più accreditata è quella che attribuisce
l’efficacia della delfinoterapia ad «un complesso di fattori che vanno
dall’immersione nell’acqua al contatto fisico e allo scambio giocoso con gli
animali». In base all’esperienza diretta e all’osservazione clinica, la
psicologa Marina Giuseppini, ritiene che «l’immersione nell’acqua salata non
solo ha un legame simbolico con le origini stesse della vita, ma fornisce anche
al corpo un sostegno che favorisce l’equilibrio, la fluidità del movimento e il
rilassamento. E aiuta a sciogliere rigidezze corporee e blocchi emotivi. La
presenza dei delfini - prosegue l’esperta italiana - moltiplica gli effetti
positivi dell’acqua. Le testimonianze indicano che l’incontro con queste creature
è un’esperienza profondamente coinvolgente». Nuotare con i delfini può essere
utile anche a tutti quelli che desiderano beneficiare di un’esperienza
rasserenante. Arion è impegnata a promuovere la realizzazione in Italia o
comunque nel Mediterraneo, di una struttura simile alle lagune naturali
esistenti in Florida e nel Mar Rosso. L’unica controindicazione alla
delfinoterapia è etica: ne sarebbero danneggiati proprio i delfini. La regola
numero uno è rispettare i loro ritmi vitali, tenerli come compagni di giochi e
utilizzarli come amici-guaritori, ma senza sfruttarli.
che spettacolo.... i delfini mi hanno sempre affascinato....
RispondiEliminaSì, sono davvero meravigliosi e noi li comprendiamo ancora così, personalmente mi dà persino fastidio la qualifica animali che viene usata anche in questo, pur bell'articolo, preferirei la qualifica di esseri viventi...noi siamo profondamente arroganti e convinti di essere superiori a quello che nemmeno capiamo pienamente.
EliminaUn abbraccio.
Namastè
Creature uniche, molti anni fà più di 20 in egitto a nuweiba nel golfo di aqaba ho passato 2 settimane a fare immersioni e nel porticciolo si era rifugiata una madre con il suo piccolino, ho nuotato con loro, ho giocato con loro, ho visto allattare il piccolino, alla fine mi hanno fatto capire che potevo accarezzarli ed è stata, concedimi il termine, un'esperienza mistica, se ritrovo la foto, sono riuscito a ferne una decente, non volevo usare il flash per non spaventarli, la posto.
RispondiEliminaFelice giornata Rosa
Un'esperienza bellissima che sei stato molto fortunato a potere fare. Dici bene esperienza mistica, secondo me un "incontro ravvicinato". Come potremo rapportarci con le intelligenze dell'universo se non abbiamo nemmeno l'umiltà necessaria a riconoscere i nostri compagni planetari?
EliminaNoi trattiamo quelli che definiamo animali come esseri inferiori, ma quanto avremmo da imparare da loro?
Mi piacerebbe che tu ritrovassi quella foto, perchè ora mi hai incuriosita :)
Grazie, felice giorno anche a te caro Zak
Namastè