di Elena Romanello
L'attuale legge sull'immigrazione ha mostrato ancora una volta il suo volto spietato e non rispettoso dei diritti umani: Faith, ragazza nigeriana di 23 anni, scappò dal suo Paese nel 2006 dopo aver provocato la morte del suo allora datore di lavoro, che aveva tentato di violentarla, aiutata dalla famiglia e dal suo avvocato, che sapeva che la famiglia del morto stava cercando di corrompere la giuria per ottenere la sua condanna a morte.
Faith arriva a Bologna, dove rimane clandestina: per due volte è scampata a due decreti di espulsione, ha trovato un compagno e un lavoro regolare, per cui ha fatto richiesta di avere il permesso di soggiorno, che però non arriva. Qualche settimana fa l'epilogo: un suo connazionale la aggredisce in casa, lei chiama aiuto, arrivano i vicini e poi le forze dell'ordine, che arrestano sì l'aggressore ma anche lei per non aver mai ottemperato ai decreti di espulsione. La ragazza finisce nel Cie di Bologna, da dove viene poi rimandata in Nigeria, dove viene arrestata: rischia la pena di morte per impiccagione, in un momento in cui nel Paese le esecuzioni sono tra l'altro riprese in maniera massiccia.
'L'unica cosa che possiamo fare", dice il suo avvocato, "non appena il suo arresto sara' ufficializzato, e' appellarci allo Stato italiano perche' intervenga, oppure a un'associazione internazionale come Amnesty International".
Una macchina dei respingimenti davvero celere ed efficace, non c'è che dire: del resto il ministro Maroni aveva appena firmato un accordo di lotta contro l'immigrazione clandestina con la Nigeria e bisogna subito dare il buon esempio.
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