La Francia blocca i treni, spezzando i sogni dei giovani migranti
da PeaceReporter
Sara Chiodaroli
Sara Chiodaroli
Davanti alla stazione ferroviaria di Ventimiglia, anticamera della frontiera francese e delle Alpi Marittime, Lampedusa è sulla bocca di tutti. Punto di arrivo e di nuove partenze l'isola siciliana è stata solo l'inizio dei viaggi attraverso lo stivale che hanno vissuto i migranti tunisini fuggiti dal Paese in rivoluzione. Da poche settimane circa 250 di loro si trovano nella cittadina ligure in attesa del rilascio del permesso di soggiorno temporaneo richiesto presso la questura della città.
Il centro di accoglienza, l'ex caserma dei vigili del fuoco, può ospitare solo 150 persone e garantire loro la colazione e la cena, al rientro serale previsto per le 6 del pomeriggio. Per tutti gli altri i luoghi per il riposo notturno sono la spiaggia e i corridoi della stazione. Ma il giorno è il momento dell'attesa, della preoccupazione e dei progetti.
La questura ha iniziato a rilasciare i permessi di "soggiorno temporanei per motivi umanitari" il giorno 15 aprile e continuerà fino a esaurimento delle richieste. Il sabato pomeriggio in orario di chiusura alla Caserma Bligny, ci sono ancora una ventina di persone in fila, ma più numerosi sono coloro che vagano per le strade limitrofe alla ricerca di una risposta e di un chiarimento. Giunti a Ventimiglia per andare a cercare lavoro in Francia, molti si domandano "Cosa ce ne faremo di questo documento?".
Sfilano dalle tasche con cura e pazienza il prezioso documento color verde bottiglia. Riporta lettere dorate Repubblica Italiana, ha tutta l'aria di essere un passaporto e di avere una certa importanza, oltretutto correlato da un ulteriore documento elettronico. Tra le mani di Rafik quelle pagine di sigle e timbri sono una promessa di libertà, una porta spalancata verso i suoi progetti, ma lo smarrimento di fronte alle dichiarazioni del Ministro degli Esteri francese è forte. Non è chiaro se questo documento potrà garantirgli un'esistenza oltralpe, per quanto precaria e della durata di soli sei mesi. La notizia di venerdì scorso, secondo cui un gruppo di tunisini in possesso di permesso avrebbero passato la frontiera a Mentone senza incontrare alcun problema con la Gendarmerie francese, tranquillizza gli animi di chi domanda e di chi cerca rassicurazione, ma l'incertezza persiste.
Tra le persone in fila d'attesa sono tanti e variegati i racconti del viaggio. Giunti a Lampedusa, alcuni sono stati trasferiti a Taranto e poi a Bari, altri a Firenze o a Milano, mentre altri ancora sono arrivati a Ventimiglia da Caserta. Qualcuno racconta di essere arrivato a Mazara del Vallo e chi sulle coste calabresi. Da un paio di testimonianze emerge un dato inquietante rispetto alle procedure di identificazione all'arrivo in territorio italiano.
Infatti, esistono casi di tunisini giunti nel periodo previsto dal decreto legge, ovvero tra il 1° gennaio e il 5 aprile, che non sarebbero stati identificati all'arrivo. Un giovane tunisino racconta di essere sbarcato in provincia di Trapani in quell'intervallo di tempo e di essere riuscito a scappare quando ha visto la polizia. Non sapendo cosa ne sarebbe stato di lui è fuggito a differenza dei suoi compagni di viaggio, ma ora si ritrova con un ordine di espulsione. Uno fatale scherzo del destino, ma del resto la kafkiana differenza coniata da Maroni tra status di ‘clandestinità' e di ‘protezione umanitaria temporanea' si gioca sul filo della mezzanotte tra il 5 e il 6 aprile e sulla presenza di un'impronta digitale.
Domenica 17 avrebbe dovuto essere una giornata simbolica. Il Treno della Dignità avrebbe dovuto sfilare da Ventimiglia, passando per Mentone, Nizza e Marsiglia, per sostenere il passaggio frontaliero dei migranti tunisini e per sfidare il recente diniego del governo francese ad accettare la validità dei documenti rilasciati dal governo italiano oltre i confini nazionali.
L'iniziativa patrocinata da Don Gallo, e sostenuta dalla campagna Welcome, da Ong e centri sociali di Liguria, Veneto ed Emilia-Romagna, è stata bloccata in modo ancora più significativo a livello simbolico: la chiusura delle frontiere ferroviarie. Poco prima della partenza, prevista intorno all'una di pomeriggio, i tabelloni luminosi della stazione informavano della cancellazione di tutti i treni diretti in Francia. In alternativa i manifestanti hanno proposto di seguire la marcia a piedi verso il Consolato francese e poi verso la frontiera, ma il no delle forze dell'ordine ha condotto le centinaia di persone a occupare i binari della stazione, in realtà già resi inutilizzati dal blocco francese.
Intanto, i volantini custoditi con cura nelle tasche dei giubbotti dei tunisini che avrebbero partecipato alla manifestazione si sono trasformati in pochi minuti in carta straccia. Prima dell'annuncio della soppressione dei treni Rafik mi mostra il programma del ‘Treno della dignità', ripiegato con cura tra i documenti appena ritirati e mi indica con decisione le ultime righe, il motto dell'iniziativa personne n'est illégal. Quel treno che stavamo aspettando e che non sarebbe mai partito suggerisce forse il tentativo di un'inversione di rotta nella gestione delle frontiere, ormai sempre meno ‘europea' e progressivamente più ‘inter-nazionale'.
A parte la dialettica politica tra Italia-Francia quello che resta della giornata della ‘Dignità' è la sfiducia nei confronti della politica europea. Per chi abita da troppo tempo l'Europa di Schengen la lotta alla cultura della clandestinità sembra avvicinarsi sempre più a una flebile speranza. Ma per Rafik si tratta ancora di un vivace grido di battaglia. In una mano i suoi papiers, e nell'altra i suoi sogni. Non sarà certo un treno mancato a indebolire la loro forza.
E l'Europa non condanna questo comportamento della Francia. I francesi la devono smettere di pensare solo al loro orticello ed ignorare gli accordi presi.
RispondiEliminaPaòlo, l'Europa è un'Idea, temo, che si unisce solo per rappresentare interessi bancari, ma che ha molto poco di reale.
RispondiEliminaAd ogni prova della storia ha reagito con la chiusura e non si tratta solo delle vergogne italo-francesi, ma di una tendenza generalizzata che non riesce a superare una unione pretestuosa fatta unicamente di mercato e tendenze egemoniche ed attraversata da tensioni etniche.
Abbraccione ^_^
Namastè