L’industriale è stato il primo uomo nella storia a preferire il brutto al bello. Dove ha steso la sua mano ha distrutto l’arte. Il suo occhio è non soltanto ottuso, ma anche malefico. Tutto per l’industriale deve ridursi ad attività produttiva. Volete vedere l’indignazione sul volto di un industriale? Parlate delle plaghe dove esistono soltanto aziende agricole familiari, senza un mercato. Volete vedere la faccia di un industriale sorridente? suggerite che l’educazione pubblica spreca il tempo dei giovani con superflue conoscenze, che occorre rifare il sistema d’istruzione dallo zero.
Eppure le verità enunciate dai poeti e dai dotti fin dagli albori dell’era industriale ora si presentano in una forma che anche l’industriale può capire. L’aria appestata, l’acqua morta provocano capogiri e vomiti, questo linguaggio gli è accessibile. Il grido d’allarme che la sensibilità poetica lanciò tra il ’700 declinante e il primo ‘800 è diventato frase di conversazione per massaie e amministratori civici. Blake inveiva contro le fabbriche che intristivano i “cieli d’Albione”, vedeva il tessuto della vita straziato fra ruote e congegni di fabbriche. Oggi i bronchi più insensibili stentano a pescare l’aria, gli esseri più brutali si accorgono che l’industria avvilisce chi è condannato alle sue catene di montaggio.
Quando le fabbriche imbruttirono i paesaggi e lo spirito che aveva spinto a erigerle contaminò le menti, il lamento dei poeti e dei dotti non commosse nessuno. Che profitto producono i poeti e i dotti? Come può essere vero ciò che non rende e non serve a niente? insiste l’industriale. Egli era infatti il figlio spirituale di quei filosofi che uguagliarono sapere e potenza politica. Poco importa che l’industriale sia un libero imprenditore o un funzionario statale, la sua mente rimane comunque deforme.
Dal suo mondo sono infatti sbandite la contemplazione e dunque l’arte, il pensiero, ogni studio disinteressato. Il tempo libero egli desidera che lo si ammazzi, crea anzi l’industria della distrazione. Ma che l’uomo contempli, che abbia come fine di contemplare e consideri l’azione come sacrificio, questo per lui è il Male. Infatti, l’umanità che tenesse come proprio fine il guardare alle cose con letizia, non saprebbe che farsene di buona parte delle merci che l’industriale osa offrirle. E soprattutto non proverebbe né rispetto né invidia, per lui.
Non vorrebbe sconciare le campagne e i borghi, rilutterebbe ad abbandonare i campi. Non lavorerebbe più del necessario, non accetterebbe, potendo, lavori non contemplabili. L’industriale ha dovuto torturare per sottometterli i popoli savi e fieri: gli indigeni d’America, gli Africani, gli Indù, e anche quegli inglesi che, nel primo ‘800, disperati, gli incendiavano le prime fabbriche.
(Elémire Zolla, estratti da “Verità segrete esposte in evidenza”, Marsilio).
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