venerdì 18 febbraio 2011

ROGER WATERS, UOMO E ARTISTA ECCEZIONALE

Nella foto: David Gilmour (a sinistra) e Roger Waters (a destra) si sono riuniti lo scorso 10 luglio 2010 in occasione di un concerto a Kidlington (UK) per beneficenza per i bambini palestinesi.

  
DI SILVIA CATTORI
Silviacattori.net

In un mondo nel quale, dalla Palestina all’Iraq, passando per l’Afghanistan, tante vite innocenti sono quotidianamente brutalizzate da eserciti barbari, umiliate e private di ogni speranza, libertà e dignità umana, la voce di artisti integri che prestano il loro talento e il loro nome per dire no alla barbarie, è un faro di speranza.

Roger Waters, il leggendario bassista, chitarrista e cantante dei mitici e ormai sciolti Pink Floyd, è uno di questi artisti dotati di straordinario coraggio.

“Divertire il pubblico non mi ha mai interessato, ciò che voglio è smuoverlo” dice Roger di solito.

Ammirato ben oltre il mondo del rock, sensibile alla lotta di popolazioni oppresse dai potenti e schiacciate da battaglie ad armi impari, Roger Waters ha un importante messaggio da inviare. Ha dedicato i suoi album ai “caduti in guerra”. Per lui parlare della sofferenza causata dalle guerre “serve a prevenirle e a fermarle”.

Nel 1979, l’album The Wall, nel quale lui è compositore di musica e testi, è diventato l’inno di un’intera generazione. Era un periodo in cui il movimento contro la guerra era ancora potente. Ora invece dorme. Roger Waters, persona attenta e appassionata, sa bene che deve fare la sua parte per riaccendere la fiamma.







[Roger Waters in Happiest Days of Our Lives e Another Brick In The Wall, Part 2 (live)]

“Pubblicammo questo album alla fine della guerra del Vietnam. Oggi siamo nel mezzo della guerra all’Iraq e all’Afghanistan. In The Wall c’era un potente messaggio contro la guerra: quel messaggio è ancora vivo oggi”, ha detto recentemente. Non sopporta l’idea di vedere intere nazioni che si sono buttate in guerre insensate e ingiustificate di crescente e devastante crudeltà, nazioni che tuttavia rimangono immobili. Ecco il significato del suo prossimo tour, The Wall Tour:

“ Il senso di tutto questo per me è il seguente: Le tecnologie della comunicazione del nostro tempo serviranno a capirci l’un l’altro o sono ingannevoli e porteranno alla nostra divisione?

Credo che questa sia una questione di estremo rilievo e non è ancora decisa. C'è un gran casino di natura commerciale in rete e un bel po’ di propaganda, ma io sento che sotto la superficie la comprensione sta guadagnando terreno. Dobbiamo continuare a usare i blog, twitter, a comunicare e condividere le idee. (...)

Questa nuova produzione di The Wall è un tentativo di fare dei paragoni, per dar visibilità a questo nostro momento difficile ed è dedicato a tutti gli innocenti perduti lungo gli anni. (...)

Credo che abbiamo almeno una possibilità di aspirare a qualcosa di meglio della rituale carneficina del tutti contro tutti che costituisce la nostra risposta istituzionalizzata alla paura dell’altro (...)

Come artista, sento la responsabilità di esprimere il mio seppur cauto ottimismo e incoraggiare gli altri a fare lo stesso.”

E, per rendere giustizia alle vittime di guerre, Roger Waters ha invitato le famiglie coinvolte a esibire le foto dei loro cari ai concerti:

“Vi faccio questa richiesta perché credo che molte di queste tragiche perdite di vite sono evitabili. Provo empatia per le famiglie di tutte le vittime e provo rabbia per ‘tutti i poteri’ responsabili in egual misura.

Gli esseri umani hanno bisogno della protezione da parte della legge. L’ideale sarebbe di metterci d’accordo su quali dovrebbero essere le regole ora (ci stiamo lavorando da centinaia di anni), ma anche di capire che a misura che sviluppiamo la nostra comprensione di noi stessi e di ciò che ci circonda dovremo rivedere e magari modificare le leggi che ci governano. La legge non dovrebbe essere scritta sulla pietra. I seguaci di Mosè e altri profeti prendano nota.

E questo mi porta al prossimo punto. Secondo me, la religione crea un muro tra noi e la realtà delle nostre vite. C'è anche un muro tra i ricchi e i poveri, il nord e il sud, tra i vecchi e nuovi mondi e il terzo mondo. È un muro di paura e cupidigia!

Nel mondo c'è tutto il necessario per soddisfare la fame di tutti, per riscaldarci e vivere all’asciutto e per tutti poter avere una TV e una macchina. Ci insegnano che dobbiamo temere l’idea di condividere le cose con i poveri perché così non rimarrà niente per noi. Temiamo anche che ad un certo punto loro possano impossessarsi di quello che è nostro e quindi spendiamo in armi, per prevenire che ci tolgano quel che abbiamo, molto di più di quanto sarebbe loro sufficiente per alimentazione,casa,vestiti ed educazione.

C'è un altro muro tra noi e la realtà delle nostre vite. Questo muro si chiama i media. In pratica è uno strumento usato per distrarci dalle verità scomode” [2]

Roger Waters fa seguire alle parole anche l’azione.

In giugno 2006, tenendo conto della richiesta del movimento palestinese BDS, si è rifiutato di esibirsi a Tel Aviv [3], ha quindi aderito al boicottaggio contro Israele. Ha spiegato: “Le sofferenze patite dalla popolazione palestinese durante i 40 anni di occupazione israeliana sono inimmaginabili per noi che abitiamo in Occidente; io sostengo la loro lotta per la libertà. Ho cambiato la località del mio concerto, che doveva tenersi a Neve Shalom, per solidarietà con le voci della ragione, palestinesi o israeliane, che cercano un percorso non violento verso una pace giusta”.

A proposito, Leonard Cohen ha rifiutato questo appello e nel 2009 ha scelto di cantare a Tel Aviv [4], ecco cosa fa la differenza.

In giugno 2009, Waters ha visitato il piccolo campo di rifugiati ad Aida nei Territori Occupati [5]. Dopo il viaggio ha dichiarato [6]:

“La gente che in realtà non ha mai visto cosa succede qui, non può davvero immaginare l’impressione che ti lascia, la sensazione rivoltante che ti viene al cuore quando vedi queste cose, quanto sia deprimente.”

Sconvolto da quello che ha visto, ha promesso di ritornare per fare un concerto in questa terra ferita una volta che il muro dell’apartheid verrà abbattuto. È stato un modo per riaffermare il suo sostegno alla campagna palestinese di boycott contro lo Stato responsabile dell’apartheid e per dare evidenza all’orrore e alla brutalità permanenti. [7]

In dicembre 2009, in una lettera emozionante, lui ha pubblicamente espresso il suo apprezzamento e sostegno per la gente di ogni nazionalità coinvolta in azioni concrete per costringere Israele ad aprire l’accesso a Gaza e per avvertire il pubblico di questa terribile realtà:

“Mi chiamo Roger Waters. Sono un cantante inglese e vivo negli Stati Uniti. (...) Abbiamo tutti visto, inorriditi, il brutale attacco fatto un anno fa dalle forze armate israeliane sulla popolazione di Gaza e il continuo e illegale assedio. La sofferenza causata alla gente di Gaza dall’invasione e dall’assedio è inimmaginabile per chi come noi vive fuori da queste mura. L’obiettivo della Freedom March è di portare l’attenzione del mondo verso la terribile situazione dei palestinesi a Gaza in modo che la gente comune e perbene nel mondo intero possa vedere l’enorme portata dei crimini che si stanno commettendo qui e che esiga dai propri governi ogni sforzo per fare pressione affinché Israele tolga l’assedio.

Sto usando la parola ‘crimini’ di proposito perché sia l’assedio che l’invasione sono stati dichiarati illegali dall’ONU e dalle più importanti organizzazioni dei diritti umani.

Se non osserviamo la legge internazionale, se alcuni governi si ritengono superiori ad essa, allora siamo solo a qualche passo dalla barbarie e l’anarchia.

La Gaza Freedom March è un faro per chi come noi crede che siamo fratelli e sorelle e che dobbiamo aiutarci a vicenda se vogliamo davvero costruire un futuro basato sulla legge e sui diritti umani universali. Dove la vita, la libertà e la ricerca della felicità non sono riservati solo ad alcuni. Tutto il petrolio del Medioriente non vale la vita di un bambino. Per questo mi tolgo il cappello davanti a voi che marciate. È un gesto nobile e coraggioso e, una volta raggiunta la meta, per favore dite ai fratelli e sorelle palestinesi che di là, oltre il muro che li imprigiona, ci sono centinaia di migliaia di persone che protestiamo in solidarietà con loro.

Oggi, centinaia di migliaia, domani milioni e presto centinaia di migliaia. Vinceremo.”[8]


[29 dicembre 2009 – Roger Waters esprime il suo sostegno alla Freedom March]

Chi di voi ha seguito questa storia non potrà mai dimenticare che, nel momento cruciale dell’imprigionamento dei palestinesi nel ghetto di Gaza, tra le rovine e nella disperata attesa di un gesto di solidarietà, Roger Waters era presente. Verso la fine del 2009 – periodo dell’anno di festività nelle nostre società, lui si dedicò ad aiutare Gaza. Umano, stupendo, solidale, scriveva: “We Shall Overcome”, una toccante canzone di speranza, che, afferma: “ è stata ispirata sia dalla difficile situazione che affrontano i palestinesi per raggiungere uno Stato della Palestina indipendente che dagli orrori della guerra e del blocco a loro imposto da Israele.”

Ha accompagnato la sua canzone con un commento indirizzato a quei giornalisti e a quei governi che non fanno quello che dovrebbero ed è per questo motivo che la gente deve agire al posto loro:

“A ridosso dell’inizio del 2010 un gruppo internazionale di 1500 uomini e donne di 42 diversi paesi si è recato in Egitto per unirsi alla Freedom March su Gaza. Lo hanno fatto per protestare contro il blocco di Gaza. Contro il fatto che la popolazione di Gaza vive in una prigione virtuale. Protestare perché a un anno dall’attacco assassino operato dalle forze armate israeliane, che ha distrutto la quasi totalità delle case, ospedali, scuole e altri edifici pubblici, essi non hanno ancora potuto ricostruire perché le loro frontiere sono chiuse.

I partecipanti alla marcia hanno voluto portare l’attenzione in modo pacifico verso il terribile momento della popolazione palestinese di Gaza. Il governo egiziano (finanziato con 2.1 miliardi di dollari all’anno da noi, i contribuenti in America) non ha permesso ai partecipanti di raggiungere Gaza. Che mossa patetica e scontata! Vivo negli Stati Uniti e in questo periodo, tra il 25 dicembre 2009 e il 3 gennaio 2010 non ho visto alcun riferimento a Gaza o alla Freedom March e neanche ai manifestanti venuti da tante nazioni che lì si sono ritrovati. Comunque, le circostanze mi hanno convinto a registrare una nuova versione di We Shall Overcome” [9]

Quando un uomo, un musicista, un poeta è capace di arrivare a questo livello di impegno e lealtà, dove si percepisce la verità e la sincerità, la sua parola ha un enorme peso. Ciò che dice e come lo dice gli conferiscono spessore. E gli dà la stima del pubblico, il nettare vitale di ogni artista.

Le vittime palestinesi, irachene, afgane e di tanti altri posti, alle quali è indirizzato questo messaggio di amore, sospese tra morte, ansia e speranza, sanno che il loro dolore è sentito anche dal poeta, in questo caso Roger Waters.

Fin dagli anni ’60 il suo messaggio ha toccato i cuori di centinaia di migliaia di persone che hanno avuto il privilegio di incontrarlo in occasione dei suoi concerti, dove ci si sente uniti per un’ora, una serata, ascoltando Mother e Wish You Were Here. E in questo calore umano, capiamo qualcosa di sorprendente e sbalorditivo: solo noi possiamo decidere se siamo capaci di amare i nostri vicini e rifiutare quello che i barbari in uniforme fanno a loro come se lo stessero facendo a noi stessi.

Altri cantanti di talento sono impegnati con Gaza. Su questo argomento consultate anche: Gaza : “Quand la douleur devient chant”, di Silvia Cattori, silviacattori.net, 4 Febbraio, 2009

Nel 2010 Roger Waters insieme ad altri artisti (Le Corbusier e Jean-Luc Godard) è stato accusato di antisemitismo, da persone di religione ebraica, che hanno bisogno di tenere in vita l’idea di una inesistente “minaccia antisemita” . L’obiettivo è quello di distrarre il dibattito dalla vera minaccia costituita dai coloni israeliani che hanno occupato la Palestina dal 1948, con l’imposizione dell’esclusione dei palestinesi autoctoni attraverso un sistema di apartheid. Lo stato “ebraico e democratico” di Israele, che tratta gli arabi come cittadini di serie B, deve essere conservato ad ogni costo.

Silvia Cattori

Titolo originale: "Roger Waters, A Man And An Exceptional Artist"

Fonte: http://www.countercurrents.org/
Link
08.02.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI

NOTE

[1] Another Brick in The Wall è il titolo di tre canzioni sottotitolate Part 1, Part 2, Part 3che fanno parte dell’album The Wall. Allora il gruppo era costituito da David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright. Waters compose tutti i testi e quasi tutta la musica su The Wall. Nel 1985, Waters lasciò i Pink Floyd e continuò da solo. Si riunì con i Pink Floyd per una serata, in occasione del Live 8 nel 2005 a Londra nel Hyde Park. Roger Waters e David Gilmour si sono riuniti il 10 luglio 2010 per un concerto di beneficenza per i bambini palestinesi.

[2] Vedi: http://www.rogerwaters.org/tour/2011info.html

[3] Vedi: “Palestinian Civil Society Calls for Boycott, Divestment and Sanctions against Israel Until it Complies with International Law and Universal Principles of Human Rights”, 9 July 2005.

[4] Vedi: Open Letter to Leonard Cohen” by PACBI 16 May 2009. C'è anche il video della manifestazione del 2 luglio 2009 all’O2 World a Berlino, invito a Leonard Cohen perché non canti in Israele.

[5] Vedi: « Théâtre d’enfants au camp de réfugiés d’Aïda – Un rayon de beauté contre la laideur », by Silvia Cattori, silviacattori.net, May 4, 2003.

[6] Affermazione fatta durante un’intervista con Associated Press.

[7] Al di là della sua generosità, Waters ha contribuito finanziariamente al restauro del Cinema Jenin, in rovina dal 1987. Un centro che include un cinema di 354 posti, uno spazio di migliaia di posti a sedere riservati al cinema all’aperto, un ostello per la gioventù

[8] Vedi: http://codepinkalert.org/article.php?id=5260

[9] Vedi: http://www.rogerwaters.org/2010.html#JUN10b

2 commenti:

  1. Non ho aderito alle campagne di boicottaggio di Israele, non mi sembra che queste tocchino il cuore del problema e inoltre mi sembrerebbe di costruire ancora un muro "ideologico" con il popolo israeliano.
    Ho preferito stringere contatti con quei ragazzi israeliani che sfidano il loro regime e con quelli che, fra di loro, si battono per la pace e l'uguaglianza in quel paese.

    Mio "zio" Roger (lo considero il mio "zio" originario) è un uomo sensibile, bello e coraggioso, dotato di un carisma coinvolgente e essenziale, del quale ho sempre ammirato la sua capacità di sfruttare la sua poesia e la sua fama planetaria.
    A proposito della capacità dei network concordo pienamente con lui, il numero di coloro che arriveranno a capire il significato della parola Pace è destinato a crescere sempre di più, e in maniera esponenziale.
    Magari noi non ci saremo, ma questo fa parte della vita, la cui storia è molto più lunga della nostra esistenza.
    Ciao, grazie, buone cose a te
    Namastè

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  2. Ciao Paolo! Un punto di vista il tuo, che mi trova concorde anche io sono convinta che non sempre boicotaggi e isolamenti siano una soluzione...nel caso dell'eterna lotta israelo-palestinese poi men che meno.
    I gesti di buona volontà contano molto di più e la volontà di pace dovrebbe essere l'unica risposta. Già qualcuno a suo tempo ci aveva dato dei suggerimenti al proposito degli schiaffi e delle guance parlandoci della pace e della volontà di pace.
    Quanta voce ha però, mi chiedo, oggi in Israele la buona volontà? Quanti nella striscia sono disposti a porgere ancora guance?
    Eppure so che l'unica strada possibile è quella...

    Per quanto riguarda, invece, "nostro zio" Roger, che altro aggiungere... hai già detto tutto quanto tu ^_^
    Un abbraccio forte
    Namastè

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