di Immanuel Wallerstein
La parola democrazia è molto popolare oggi. Oggi, praticamente non c’è paese al mondo il cui governo non abbia la pretesa di essere il governo di una democrazia. Ma al tempo stesso, praticamente non c'è nessun paese al mondo oggi – nel paese o in altri- che non denunci il governo per essere antidemocratico.
Sembra esserci poco accordo su quello che intendiamo quando diciamo che un paese è democratico. Il problema è molto chiaro nell' etimologia stessa della parola.
Democrazia deriva da due radici greche- demos o popolo, e kratia, dominio, autorità per decidere- Ma cosa si intende con dominio? E cosa intendiamo con popolo?
Lucien Febvre ci ha mostrato che è sempre importante guardare la storia di una parola. La parola democrazia non è stata sempre così universalmente popolare. La parola è arrivata al suo uso comune politico moderno durante la prima metà del XIX secolo, principalmente in Europa occidentale. A quel tempo, aveva le tonalità, che oggi ha il terrorismo.
L’idea che il “popolo” potesse di fatto “comandare” era considerato, dalle persone rispettabili, come un incubo politico, sognata da radicali irresponsabili. Di fatto, l’obiettivo principale delle persone rispettabili era di assicurarsi che non sarebbe stata la maggior parte delle persone ad avere l’autorità per decidere. L’autorità doveva essere lasciata a persone che avevano interessi nel preservare il mondo così com'era, o come dovrebbe essere. Queste erano le persone con proprietà e saggezza, che erano considerate competenti per prendere decisioni.
Dopo la rivoluzione del 1848, nella quale il “popolo” insorse in rivoluzioni sociali e nazionali, gli uomini con proprietà e competenza se ne andarono impauriti.
Risposero prima con la repressione, e dopo con concessioni calcolate. Le concessioni consistevano nell' ammettere la gente, passo dopo passo, a votare. Pensarono che il voto poteva soddisfare le richieste del “popolo” e in effetti lo coopterebbe affinchè mantenesse il sistema esistente.
Durante i seguenti 150 anni, questa concessione (ed altre) ha funzionato fino ad un certo punto. Il radicalismo fu zittito. E dopo il 1945, la stessa parola, democrazia, fu cooptata. Adesso tutti dicono di essere a favore della democrazia, che è dove siamo oggi.
Il problema, però, è che non tutto il mondo è convinto che tutti viviamo in paesi veramente democratici- nei quali la gente- il popolo sia quello che veramente comanda, cioè, prende le decisioni.
Durante i seguenti 150 anni, questa concessione (ed altre) ha funzionato fino ad un certo punto. Il radicalismo fu zittito. E dopo il 1945, la stessa parola, democrazia, fu cooptata. Adesso tutti dicono di essere a favore della democrazia, che è dove siamo oggi.
Il problema, però, è che non tutto il mondo è convinto che tutti viviamo in paesi veramente democratici- nei quali la gente- il popolo sia quello che veramente comanda, cioè, prende le decisioni.
Una volta i rappresentanti sono scelti, questi di frequente molto spesso non soddisfano le esigenze della maggioranza o opprimo a importanti minoranze. La gente frequentemente reagisce, protestando, con scioperi, con insurrezioni violente.
E' democratico di ignorare le manifestazioni?
E chi è il popolo?E' democratico di ignorare le manifestazioni?
O quello che sarebbe democratico è che il governo si pieghi e si sottometta alla volontà del “popolo”?
Sono la maggioranza numerica?
O ci sono gruppi principali i cui diritti devono essere garantiti?
I gruppi importanti devono contare con un’autonomia relativa?
E che tipo di compromessi tra la “maggioranza” e le “minoranze” importanti costituiscono risultati “democratici”?
Infine, non dobbiamo dimenticare i modi in cui la retorica intorno alla democrazia viene usata come strumento geopolitico. Regolarmente, denunciare un altro paese di essere anti-democratico è usato come giustificazione per intromettersi in paesi politicamente più deboli. Tali intromissioni non necessariamente hanno come risultato l' arrivo al potere di governi più democratici; sono solo differenti o forse con politiche estere diverse.
Fonte: La Jornada
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