mercoledì 6 ottobre 2010

Le cose sono vive: ci ascoltano, ci parlano, ci avvolgono nella loro aura

di Francesco Lamendola

Gli abitanti del mondo pre-moderno lo sapevano, istintivamente i più, consapevolmente alcuni: le cose della nostra vita, gli oggetti materiali, i luoghi nei quali abitiamo, non sono cose morte, ma vive: talmente vive che ci ascoltano, ci parlano e ci avvolgono nella loro aura.
Uno degli aspetti più caratteristici e più sconcertanti della modernità e del suo preteso “progresso” consiste proprio nell’oblio di questa semplice, elementare verità, la cui conseguenza diretta sono l’indifferenza o il disprezzo con i quali trattiamo gli oggetti e le cose, ritenendoli in se stessi insignificanti e perfettamente intercambiabili.
Si cambiano i mobili della casa, come se fosse la cosa più naturale del mondo (e, il più delle volte, senza una vera necessità); si cambia un vestito come se il nuovo fosse la stessa, identica cosa del vecchio; si cambia casa come se i luoghi fossero tutti più o meno uguali, come se lo spazio in cui vivere fosse “neutro” e totalmente passivo, inanimato.
Invece non è così.
Nulla è morto, nulla è privo di vita; le cose ed i luoghi sono impregnati di energia, che può essere positiva o negativa: quella di coloro che hanno maneggiato a lungo quegli oggetti, o che hanno indossato quegli abiti, o che hanno vissuto in quei luoghi. Se noi solo abbiamo maneggiato quegli oggetti o indossato quei vestiti, l’energia sarà sostanzialmente la nostra; se noi soli abbiamo vissuto in quello spazio, o se vi abbiamo vissuto per un periodo di tempo considerevole, magari fin dalla nascita, l’energia che li pervade sarà, sostanzialmente, la nostra e            quella delle persone che hanno vissuto con noi.
Ecco perché lasciare la propria casa natale è un dramma, per un anziano: la migliore casa di riposo di questo mondo non possiede l’aura di quella, non è impregnata di quelle energie; l’anziano lo sente e deperisce rapidamente, anche se il medico non riscontra particolari patologie organiche. Molti anziani, arrivati ad una bella età relativamente sani, quando perdono l’autonomia e vengono ricoverati dai parenti in qualche istituto geriatrico, si trovano improvvisamente “svuotati” dell’energia dei luoghi amati e perdono la voglia di vivere, venendo così a morte in maniera apparentemente inesplicabile.
L’energia di cui le cose e le abitazioni sono “caricate” può essere, ovviamente, sia positiva che negativa: dipende dalle persone che le hanno possedute o che le hanno abitate. Fra parentesi, diciamo “possedute” per adeguarci al linguaggio comune: se andiamo in un negozio ed acquistiamo un paio di scarpe, a partire da quel momento noi ci riferiamo a quell’oggetto adoperando il pronome possessivo “mio”.
Ma niente è davvero nostro, di quanto ci circonda e anche di quanto adoperiamo. Basta riflettervi sopra e lo si capisce rapidamente: la stragrande maggioranza degli oggetti dei quali noi ci serviamo, infatti, continuerà ad esistere anche dopo di noi, così come esisteva prima: non ce li potremo portare dietro, quando verrà il nostro tempo di lasciare la presente dimensione.
Dunque: energia positiva o negativa, perché noi stessi siamo fonte di energia, siamo fatti di energia; e tale energia non è mai neutra, ma è sempre carica positivamente o negativamente, a seconda che il nostro essere sia soggetto a vibrazioni ad alta frequenza o a bassa frequenza. Alta frequenza vuol dire gioia ed apertura; bassa frequenza, invece, significa rabbia, paura e simili.
La collera, la brama e il timore, ad esempio, creano attorno a noi un campo di bassa frequenza: gli altri lo percepiscono - le piante per prime, poi gli animali e da ultimo gli altri esseri umani - e ci evitano, non vogliono aver niente a che fare con noi. Le basse frequenze generate dalla positività e dall’apertura, al contrario, diffondono intorno alla nostra persona un’aura di luce, che attrae gli altri e mette in moto un meccanismo virtuoso.
L’energia si moltiplica: quella positiva chiama ancora energia positiva; quella negativa, ancora energia negativa.
Le piante, dicevamo: il buon giardiniere lo sa. Le piante sentono, percepiscono chiaramente l’aura di colui che si avvicina loro, che le cura, che le annaffia; e ne gioiscono. Viceversa, se la persona che si occupa di loro è pervasa da energie negative, le piante ne risentono immediatamente. L’espressione “avere il pollice verde” significa proprio questo: vi sono persone che possiedono una sorta di tocco magico nei confronti delle piante e dei fiori; al contrario, ve ne sono di quelle che provocano il loro deperimento e la loro morte, pur senza volerlo.
Anche gi animali percepiscono immediatamente la nostra aura. Mistici e santi potevano ammansire le belve feroci: non sono leggende o storielle per bambini, i racconti relativi a leoni, pantere o lupi che si accucciano tranquillamente ai piedi di certi uomini di Dio.
D’altra parte, abbiamo fatto tutti l’esperienza di come un cane da guardia, per esempio, sia pronto ad assalire quanti manifestano paura e desiderio di fuga in sua presenza. Le nostre emozioni, i nostri sentimenti, i nostri stati d’animo, non sfuggono ai nostri fratelli minori, gli animali.
E ora veniamo ai luoghi e alle case.
Qualche tempo fa venne fatto un esperimento: quello di osservare al microscopio elettronico le molecole d’acqua di un lago giapponese, prima e dopo un rito di purificazione svolto sulle sue rive da un centinaio di monaci e devoti buddisti. Presso quel lago vi era stato un delitto e il corpo di un essere umano assassinato era stato gettato nelle sue acque, per occultarlo. Ebbene le molecole d’acqua, che prima del rito apparivano di colore bruno e di forma decomposta, molto sgradevoli alla vista, ritornarono via via limpide e luminose, geometricamente disposte con somma armonia e perfezione.
Possiamo dire, pertanto, che l’energia vivente forma un circuito: passa da noi alle cose ed ai luoghi, così come dai luoghi e dalle cose verso di noi: vi è uno scambio continuo, un continuo dare e ricevere energia, sia positiva che negativa. Quella delle piante e degli animali è quasi sempre positiva; quella degli esseri umani, invece, può essere sia positiva che negativa, perché solo gli esseri umani possono concepire e compiere il male da se stessi.
Abbracciare un grande albero o accarezzare il soffice mantello di un gatto domestico, ad esempio, significa ricevere le energie positive della pianta o dell’animale: è una forma di terapia spirituale che può dare benefici risultati a un individuo malato, dato che la gran maggioranza delle nostre malattie sono di origine spirituale - o, se si preferisce questa espressione più “laica”, mentale. Ovviamente, la condizione preliminare per ricavarne un beneficio è crederci.
In linea generale, piante ed animali possiedono una tale riserva di energia vitale, che la nostra negatività, scaricandosi in essi quando li accostiamo a fini terapeutici, non provoca loro un danno vero e proprio: la assorbono e la neutralizzano con la loro carica positiva.
Più delicato è il discorso riguardo al rapporto reciproco fra bambini e adulti. In genere, coloro che si occupano di queste problematiche sottolineano come sia sconsigliabile il fatto che dei bambini vivano sempre a stretto contatto con degli anziani, o che magari dormano nel loro letto, come si usava una volta, specialmente in campagna; e ciò perché l’organismo dell’anziano tende a “rubare” al bambino l’energia vitale che ormai gli sta sfuggendo.
Secondo noi, questa è una maniera un po’ semplicistica di porre la cosa, che risente di quella stessa mentalità quantitativa e materialistica che pure, a parole, contestano coloro i quali tengono nella dovuta considerazione il fattore aura, ispirandosi appunto ad una concezione del reale di tipo spiritualistico.
La natura, positiva o negativa, dell’energia vitale, non dipende solo dall’età, ma anche e soprattutto dalla qualità dei sentimenti. Materialistico è pensare che una persona, per il solo fatto di essere anziana, vampirizzi l’energia vitale dei bambini: se così fosse, basterebbe far sì che i bambini vivano sempre a contatto con adulti relativamente giovani, e tutto andrebbe nel migliore dei modi; il che non è affatto vero.
Genitori giovani o fratelli maggiori, ad esempio, possono essere fonte di energie negative e, quindi, possono comportarsi verso i piccoli come altrettanti vampiri psichici, derubandoli della loro carica di energia vitale. Ci piace pensare che la piccola Heidi, mentre vive felice nella sua cara baita in montagna insieme al vecchio nonno, non risente affatto di supposte energie negative; mentre ne risente di certo allorché, trasferitasi in città, si trova a stretto contatto con la signorina Rottermayer, l’istitutrice della sua amichetta Clara.
La ragione è che il nonno è una persona dal carattere difficile, ma fondamentalmente buona e che ama profondamente la sua nipotina; mentre la signorina Rottermayer è una persona frustrata e insoddisfatta, piena di complessi e di pregiudizi, di paure e di manie che le creano attorno un’aura fortemente negativa.
Quindi, un bambino allevato dai nonni può crescere benissimo e senza problemi, se si tratta di nonni buoni e amorevoli; la stessa cosa non si può dire se cresce con dei genitori giovani, belli e sani, ma poco amorevoli verso di lui e carichi di tensioni fra di loro, nonché assillati da problemi irrisolti con se medesimi.
Passando ora dagli oggetti e dalle abitazioni ai cibi, un discorso analogo bisogna fare per ciò che mangiamo quotidianamente.
L’alimentazione carnivora è sconsigliabile perché, fra le altre cose, la carne di cui ci si nutre proviene da animali che sono stati allevati per essere uccisi e che, al momento della morte, hanno provato forti sentimenti di paura, rabbia, disperazione. Assumere quella carne come alimento, significa assumerne anche l’energia altamente negativa che le povere bestie hanno rilasciato mentre venivano soppresse.
Ciò premesso, vale sempre la regola che un pasto o una pietanza preparati con amore, anche se “poveri” sotto l’aspetto esteriore, sono sempre benefici; mentre quelli preparati senza amore, o addirittura con odio, sono decisamente dannosi.
La torta di mele cucinata per noi da una persona che ci ama, una nonna, una moglie, un’amica, non può che avere un effetto positivo, al di là della bravura “tecnica” con cui è stata fatta; mentre la stessa torta preparata da un estraneo, forse svogliato o arrabbiato, o, peggio ancora, comperata in un supermercato, non sarà mai benefica per noi che l’assumiamo, anche se il gusto ci può trarre in inganno e può darci la sensazione illusoria di una cosa buona.
Infine, potremmo domandarci quale tipo di energia si respira e si riceve negli spazi che abitiamo, al di fuori dei muri della nostra casa: nel nostro quartiere, nel nostro paese, nella nostra città. Una grande città dove regnano miseria, degrado, malavita e prostituzione è, chiaramente, impregnata di energie negative; ad esse si sommano, poi, quelle dei macelli comunali, ove migliaia di animali vengono uccisi ogni giorno.
Non c’è da meravigliarsi se le persone che vivono immerse in simili ambienti sono, in generale, costantemente nervose, angosciate, depresse: paura chiama paura, violenza chiama violenza, se non contro gli altri, contro se stessi: ed ecco il dilagare dei suicidi e di quelle forme più lente, ma altrettanto certe, di suicidio, che vanno sotto il nome di alcolismo, tabagismo e dipendenza dalle droghe di ogni genere.
Giunti a questo punto, la domanda che sorge spontanea è: possiamo diventare no stessi la fonte della nostra energia positiva? Possiamo "decidere" di trasformare l'energia negativa, che sorge in noi a causa delle delusioni, delle amarezze, delle sofferenze, in energia positiva, capace di innalzare il nostro livello spirituale e, quindi, anche di migliorare il nostro benessere fisico?
Crediamo di sì: ed è quanto abbiamo cercato di mostrare in molti precedenti lavori, l'ultimo dei quali è stato «La vera Grande Opera e l'unica realmente necessaria è la trasformazione del male in bene» (apparso sul sito di Arianna Editrice in data 24/09/2010).
Dipende da noi decidere verso quale livello di consapevolezza indirizzarci; e la consapevolezza fondamentale è quella di prendere in mano la propria esistenza, facendo sì che sia pervasa dalla luce dell’Essere, anziché lasciare che essa vada alla deriva, in balia del caso, in una notte priva di stelle.

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