di pietro ancona
Spero che la sinistra non sia ancora infatuata di Obama e che abbia fatto un bilancio della sua presenza al vertice della politica mondiale. Da quando è Presidente, la falce della morte ha continuato a mietere innumerevoli vite umane innocenti in Iraq, in Afghanistan, in Africa, in Pakistan. Quanti non vengono uccisi ora dai bombardamenti, dai blitz, dalle offensive lo saranno al momento in cui verranno al mondo sotto forma di mostri per le irreversibili degenerazioni genetiche indotte dalle armi al fosforo o all’uranio. La politica della guerra e della diplomazia di guerra continua magari con migliori accorgimenti nella comunicazione propagandistica. Ma niente è cambiato. Ora nel mirino è l’Iran che subisce l’assassinio od il rapimento dei suoi scienziati ed ha dovuto sostenere una ben organizzata “rivoluzione colorata” con tanto di martiri per la libertà. Sull’Iran i soci di Bildelberg hanno già fatto pollice verso. Dovrebbe essere aggredito presto o almeno non appena si allenterà la pressione degli eserciti occidentali sull’Afghanistan. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con il voto contrario di Turchia e Brasile, ha deciso nuove sanzioni per debilitare l’Iran prima dell’attacco come usano fare gli USA prima di ogni aggressione. L’Iraq fu isolato dal mondo per dieci anni e morirono oltre cinquecentomila bambini per mancanza di cure ed alimenti adeguati. A suo tempo il Segretario di Stato di Clinton, Madaleine Albright, disse che la morte dei bambini era “un prezzo necessario da pagare”. Russia e Cina hanno aiutato gli USA in questa campagna di isolamento dell’Iran ma anche essi sono nel mirino. La guerra americana, come disse Bush, è infinita. Non risparmia e non risparmierà nessuno.
Spero che la sinistra non sia ancora infatuata di Obama e che abbia fatto un bilancio della sua presenza al vertice della politica mondiale. Da quando è Presidente, la falce della morte ha continuato a mietere innumerevoli vite umane innocenti in Iraq, in Afghanistan, in Africa, in Pakistan. Quanti non vengono uccisi ora dai bombardamenti, dai blitz, dalle offensive lo saranno al momento in cui verranno al mondo sotto forma di mostri per le irreversibili degenerazioni genetiche indotte dalle armi al fosforo o all’uranio. La politica della guerra e della diplomazia di guerra continua magari con migliori accorgimenti nella comunicazione propagandistica. Ma niente è cambiato. Ora nel mirino è l’Iran che subisce l’assassinio od il rapimento dei suoi scienziati ed ha dovuto sostenere una ben organizzata “rivoluzione colorata” con tanto di martiri per la libertà. Sull’Iran i soci di Bildelberg hanno già fatto pollice verso. Dovrebbe essere aggredito presto o almeno non appena si allenterà la pressione degli eserciti occidentali sull’Afghanistan. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con il voto contrario di Turchia e Brasile, ha deciso nuove sanzioni per debilitare l’Iran prima dell’attacco come usano fare gli USA prima di ogni aggressione. L’Iraq fu isolato dal mondo per dieci anni e morirono oltre cinquecentomila bambini per mancanza di cure ed alimenti adeguati. A suo tempo il Segretario di Stato di Clinton, Madaleine Albright, disse che la morte dei bambini era “un prezzo necessario da pagare”. Russia e Cina hanno aiutato gli USA in questa campagna di isolamento dell’Iran ma anche essi sono nel mirino. La guerra americana, come disse Bush, è infinita. Non risparmia e non risparmierà nessuno.
Intanto una spaventosa macchia di petrolio continua ad allargarsi nel Golfo del Messico e lambisce alcuni Stati come la Luisiana e la Florida. Miliardi di litri di petrolio si riversano in mare e continueranno a fuoriuscire senza che a distanza di quasi due mesi dall’esplosione della trivella off shore si siano messi in opera rimedi adeguati. La vita è morta per un tratto di mare grande quanto il Mediterraneo. Una apocalisse di uccelli, pesci, animali marini che i massmedia fanno di tutto per nascondere alla opinione pubblica mondiale. Il nostro ineffabile Presidente è già stato tre o quattro volte sul luogo del misfatto per farsi fotografare mentre mangia con una famiglia di pescatori rovinati
dalla BP oppure mentre coglie dalla spiaggia petrolio raggrumato che stringe rabbiosamente in mano.
La sua reazione è quella di una persona impotente, incerta, per usare una locuzione siciliana “con il carbone bagnato” cioè compromesso con la gente che ha compiuto il crimine e che non sta facendo quasi niente di risolutivo per riparare. Possibile che l’industria petrolifera mondiale non sia in grado di sapere che cosa c’è da fare per tappare la falla che avvelena l’oceano? Possibile che non ci siano scienziati e laboratori in grado di proporre qualcosa? E’ stato osservato che a livello di pubblica amministrazione non esiste competenza, esperienza accumulata, studi in grado di fronteggiare l’evento perchè lo Stato è stato svuotato della sua storia e della sua stessa cultura tecnica e che soltanto le multinazionali, l’industria privata, potrebbero sapere cosa fare e come intervenire. Il problema della conoscenza e del possesso della cultura tecnica si pone drammaticamente. La tragedia ecologica della Luisiana è la prova che lo Stato non può e non deve rinunziare alla sua sovranità ed a controllare anche dal punto di vista della conoscenza le attività economiche.
Questa vicenda è la prova di come il Congresso ed il Presidente degli Stati Uniti non contino nulla a fronte del potere delle multinazionali. Il “Mercato” è più forte dello Stato. Il Congresso che si è sbracciato per procurare subito una enorme quantità di miliardi di dollari da erogare al sistema creditizio e finanziario depredato da veri e propri corsari e che ha fatto della universalizzazione della assistenza sanitaria uno strumento per arricchire solo le compagnie assicurative ed imporre nuovi oneri ai cittadini è molto tiepido sull’affaire dello sversamento di petrolio. Obama può solo fare minacce a vuoto che verranno spernacchiate dalla lobby petrolifera e non riuscirà neppure a fermare
le nuove perforazioni sottomarine in programma.
Ieri ha ricevuto Abu Mazen per chiedergli di riprendere i negoziati con Israele e gli ha promesso una piccola mancia di quattrocento milioni di dollari da spendere nella striscia di Gaza. Israele intanto premia con medaglie d’oro gli assassini dei pacifisti e tutta la sua stampa è mobilitata nel mondo intero in una intensa campagna di discredito sulla iniziativa delle navi che hanno tentato di rompere l’assedio.
La trattativa chiesta da Obama ad Abu Mazen serve soltanto a prendere tempo mentre si puntano i cannoni contro Teheran.
Israele e le multinazionali condizionano il Congresso USA e la stessa Amministrazione della Casa Bianca. Si farà soltanto ciò che loro vorranno.
Intanto, a poche miglia dalla costa americana, la gente ad Haiti continua a morire di stenti. Il mondo generoso ha versato 15 o 20 miliardi di dollari non si sa a chi. Certo non un centesimo è stato speso
per alleviare la vita dei sopravvissuti molti dei quali con un arto o una gamba amputata da una sbrigativa terapia chirugica della loro ferite. Circa cinquemila persone in grande parte giovani o giovanissime curate negli ospedali USA ne sono uscite senza un arto. Forse era troppo costoso curare le parti che si è preferito amputare.
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