LA TESTIMONIANZA. «La malattia è stata portata dall’estero». Non ha dubbi il rettore della Facoltà di medicina di Porte au Prince, Jean H. Henrys, che a Terra rivela le responsabilità dell’Onu.
La parola che ricorre sulla bocca di tutti ad Haiti, al di là del risultato delle elezioni, è “colera”. Per le strade e alla radio la discussione ruota sempre intorno a questo fantasma. Sin dall’inizio della sua apparizione, i caschi blu nepalesi della Minustah si sono trovati al centro delle accuse di aver diffuso l’epidemia nel Paese, dove il virus non era presente da oltre un secolo.
Un rapporto di un epidemiologo francese diffuso nei giorni scorsi dall’agenzia di stampa France Press avrebbe confermato che l’epidemia che in un mese ha causato oltre 2.000 morti è partita dalla città di Mirabelais, dove si trova la caserma che ospita i caschi blu nepalesi e da lì si sarebbe propagata attraverso le acque del fiume Artibonite.
Un rapporto di un epidemiologo francese diffuso nei giorni scorsi dall’agenzia di stampa France Press avrebbe confermato che l’epidemia che in un mese ha causato oltre 2.000 morti è partita dalla città di Mirabelais, dove si trova la caserma che ospita i caschi blu nepalesi e da lì si sarebbe propagata attraverso le acque del fiume Artibonite.
Immediatamente contattato a Port-au-Prince da Terra il portavoce della Minustah, Vincenzo Pugliese, ha detto di «prendere atto del rapporto». Secondo il funzionario delle Nazioni unite, però, «i test eseguiti da noi hanno dato tutti esito negativo e perciò riteniamo che l’epidemia non possa essere partita dal nostro accampamento: questo tuttavia è un dibattito scientifico e siamo aperti a qualsiasi discussione».
«Dibattito scientifico? I test che avrebbero fatto le Nazioni unite non sono stati resi pubblici, né è stata resa pubblica la metodologia con cui sono stati fatti», ci dice all’Università cattolica Notre Dame di Port-au-Prince il professor Jean Hugues Henrys, rettore della facoltà di medicina e direttore della Commissione nazionale di crisi sul colera. «Storicamente il colera non è presente ad Haiti. Si sono avuti due o tre casi durante l’ultimo secolo sull’intera isola di Hispaniola, ma tutti concentrati negli anni Sessanta e nella parte occidentale, in Repubblica Domenicana».
Per questo motivo, secondo l’epidemiologo haitiano, «la malattia è stata importata dall’estero, i test che abbiamo fatto e che sono disponibili per la comunità scientifica confermano che il genotipo del vibrione di colera presente in questo momento ad Haiti è originario dell’Asia sud-orientale: non c’è dubbio su questo, come non c’è dubbio che l’epidemia è partita da Mirabelais dove si è verificata una contaminazione massiva del fiume Artibonite. Da qui poi si è diffusa in un modo assolutamente non abituale. Non posso dire chi ha diffuso il colera, né ho intenzione di stigmatizzare nessuno, ma esiste un’evidenza scientifica che la contaminazione è partita dalla zona di Mirabelais. Inoltre - ha continuato il rettore - si deve sottolineare che i primi decessi sono avvenuti in maniera estremamente rapida, il che conferma un’altissima concentrazione di batteri».
Ora però che il vibrione del colera è presente secondo Jean Hugues Henrys «è certo che non andrà via facilmente da Haiti». La questione prioritaria, ha indicato il medico, è «comprendere come affrontare l’epidemia. Più a breve termine, bisogna avviare una campagna individuale e collettiva di informazione e di prevenzione per far conoscere alle persone le misure di igiene minime al fine di evitare la diffusione del contagio. A lungo termine, invece, è ovvio: lo Stato deve garantire a tutti gli haitiani l’accesso ai servizi di base e quindi all’acqua potabile. Finché meno della metà degli abitanti ha accesso all’acqua corrente, comprendete bene come l’intera popolazione sia vulnerabile non soltanto al colera, ma a tutte le malattie a trasmissione idrica. Questo è un problema politico - ha concluso il professore - del quale le autorità si devono incaricare al più presto per evitare che il peggioramento delle condizioni di vita qui della cittadinanza.
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