Immagine: Sifconference
http://www.unimondo.org/Notizie/Quando-Facebook-va-a-carbone
tratto da: Unimondo.org
Alessandro Graziadei Quasi un anno fa Facebook annunciava la realizzazione a Prineville nell’Oregon, Stati Uniti di un gigantesco data center per migliorare i propri servizi in tutto il mondo. Un’ottima notizia per un sistema di comunicazione nato per goliardia e diventato ben presto uno strumento di comunicazione trasversale e democratica. Il problema è che PacificCorp, la fornitrice di energia elettrica della zona, usa un mix di materiali di produzione che è “sproporzionatamente alimentato dal carbone, la più grande fonte di inquinamento da riscaldamento globale”
L'interconnessione di tutti i nostri amici, la possibilità di cliccare “mi piace” o “non mi piace” richiede un sacco di spazio in server che riscaldano ambienti e che vanno raffreddati consumando non poca energia elettrica. Insomma un bel problema in termini ambientali, da non sottovalutare e che non riguarda solo il colosso Facebook, visto che le aziende di Information Technology (IT) stanno aumentando rapidamente il loro consumo di energia, facendo dell’IT uno dei settori a più alto consumo di energia elettrica nel mondo.
Per Greenpeace che lavora nel settore dell'industria IT da più di cinque anni, cercando di spingere le aziende verso più alti livelli di sostenibilità, il largo consumo di carbone da parte di Facebook è indicativo della crescita della domanda di energia a livello globale e della necessità di trovare presto delle soluzioni sostenibili.
Ai ritmi attuali, reti di telecomunicazioni e centri dati, due dei componenti essenziali da cui Facebook dipende, consumeranno approssimativamente 1,963 miliardi di kWh di elettricità nel 2020, più di tre volte il loro consumo attuale e più di tre volte l’attuale consumo di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme.
Ai ritmi attuali, reti di telecomunicazioni e centri dati, due dei componenti essenziali da cui Facebook dipende, consumeranno approssimativamente 1,963 miliardi di kWh di elettricità nel 2020, più di tre volte il loro consumo attuale e più di tre volte l’attuale consumo di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme.
Così, come in passato ha già sfidato i grandi produttori hardware del mondo sulla sostenibilità ambientale, Greenpeace ha sfidato anche Facebook, nella speranza che il gruppo abbandoni del tutto l'alimentazione elettrica prodotta con consumo di fonti fossili inquinanti a favore di un piano programmatico che renderebbe il social network un brand leader nell'inseguimento di una nuova e necessaria etica ecologista.
Con la campagna Unfriend Coal, veicolata non a caso attraverso l’imputato (Facebook) e arrivata a più di 83.000 fan, Greenpeace fa una proposta chiara: “Se credi anche tu che un’azienda innovativa come Facebook debba impegnarsi in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici, clicca mi piace sulla pagina Unfriend Coal”. Quattro sono gli impegni che Greenpeace ha inserito nella sua richiesta a Facebook: “aumentare l’utilizzo di energia rinnovabile per il funzionamento dei suoi server, sviluppare un piano per ridurre l’impronta climatica e diventare carbon free entro il 2021, informare gli utenti di Facebook sul modo in cui vengono alimentati i propri server e promuovere l’utilizzo di energia rinnovabile a livello locale, nazionale e internazionale”.
La risposta di Facebook non si è fatta attendere, ed è arrivata da Barry Schnitt, responsabile della comunicazione del social network, che ha precisato che il data center rispetta i parametri legali del risparmio energetico e che dopotutto la quantità di carbone utilizzata da Facebook non è di molto superiore a quella utilizzata in altre aziende nazionali. Schnitt ha rassicurato anche sull'ecocompatibilità dei piani futuri di PacificCorp oltre a mettere in discussione le fonti energetiche che Greenpeace utilizza per alimentare il suo data center in Virginia.
Ma Greenpeace non basta. Una potenza economica come Facebook potrebbe collocare i server in zone dove c'è abbondanza di sole o di vento ed essere alimentati, almeno in larga parte, da fonti rinnovabili riuscendo ad ammortizzare gli elevati costi dell’operazione. Per questo “Vogliamo che Facebook utilizzi il 100 per 100 di energia rinnovabile [...]. Facebook ha di fronte a se l’opportunità di guidare una svolta, estendendo il suo spirito innovativo al settore ambientale - ha spiegato Domenico Belli, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace - Potrà dimostrare che le imprese possono crescere servendosi di energie pulite [...] perché crediamo che un'azienda innovativa come Facebook debba essere in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici con l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili a tutti i livelli".
Insomma se Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook è ancora “amico del carbone”, Greenpeace ha detto “non mi piace” e lo ha fatto rilanciando la propria campagna sul popolare social network alla vigilia del 22 aprile, Giornata della Terra, una festività riconosciuta da ben 192 nazioni e celebrata da quasi mezzo miliardo di persone con l’intento di informare ed educare l’opinione pubblica attorno alle principali problematiche ecologiche del pianeta. Una giornata che merita molti fan, possibilmente su un Facebook sostenibile.
Non credevo che fosse così energivoro, comunque mio pensiero personale non credo che facebook sia nato per goliardia e che sia democratico.
RispondiEliminaBuona domenica Rosa.
Sono d'accordo con te Zak, infatti non mi sono mai iscritta a facebook :-/
RispondiEliminaBuona domenica anche a te caro amico
Namastè