tratto da: PeaceReporter
Le proteste di Daraa hanno fatto suonare l'allarme a Damasco che promette riforme immediate per rispondere alle richieste dei manifestanti. Ma per adesso l'unica risposta arriva dalle armi puntate contro la folla.
Oggi è il Venerdì della Dignità. Nemmeno la Siria è risultata immune alla ventata rivoluzionaria. È ancora presto per prevedere quale scenario si aprirà sulla Siria per effetto del germoglio di libertà che sta gonfiando il petto a decine di migliaia di siriani. Qualcuno la chiamerà la rivoluzione dei bambini, visto che da loro - o attraverso loro - è partita la prima scintilla.
I primi movimenti si sono registrati a Damasco sul finire della settimana scorsa, di venerdì, come spesso è accaduto nel resto del mondo arabo, ma gli effetti più devastanti per il presidente Bashar al-Assad e il regime baathista - al governo da quasi cinquant'anni - si stanno verificando nella città di Daraa, cento chilometri più a sud.
Le richieste della gente di Daraa, roccaforte proprio del partito Baath, sono simili a quelle cui siamo ormai abituati ad ascoltare da gennaio scorso quando, per primi nell'universo arabo, i tunisini marciavano pacificamente per chiedere la fine del regime di Ben Ali, la fine delle ingiustizie e lo stop alla corruzione, il virus più pericolo per la salute di uno stato. In quest'inizio di rivoluzione, annunciata sulla rete Internet, il governo di Damasco si trova ad affrontare un fenomeno totalmente nuovo in un paese in cui vigono Leggi di Emergenza, fortemente repressive, dal 1963. E in nome di quelle leggi le forze di sicurezza siriane agiscono per soffocare la protesta.
Le vie di accesso alla città di Daraa sono presidiate dai check point dell'esercito e nessun giornalista può avervi accesso: quelli che ci hanno provato si sono visti sequestrare tutte le attrezzature e i materiali. Nella giornata di mercoledì, giorno che ha fatto registrare il più alto numero di scontri, la rete di telefonia cellulare è stata schermata. Solo giovedì sono arrivate le prime frammentarie notizie da chi si trova all'interno della città assediata; prima di tutto il numero delle vittime: tre è il bilancio ufficiale fornito dalle autorità, venticinque secondo le fonti mediche, trentasei nel conteggio di alcune organizzazioni per i diritti umani, cento secondo alcuni testimoni che hanno preso parte alle manifestazioni. La variabilità sarebbe determinata anche in ragione del numero di dispersi e di diversi corpi portati via dalle strade.
Giovedì in ventimila hanno partecipato ai funerali di nove delle venticinque vittime (tra cui una bambina di undici anni) di Daraa e stando alle poche informazioni che fuoriescono dalla città la polizia avrebbe aperto il fuoco anche sul corteo funebre (non è stato specificato se si tratti di gas lacrimogeni, pallottole di gomme, o proiettili).
Damasco, invitata alla cautela e al rispetto dei diritti umani da Ue, Usa e Onu, ha annunciato provvedimenti immediati per "rispondere alle richieste legittime" dei manifestanti. Bashar al-Assad che in un'intervista al Wsj del 31 gennaio escludeva che la "Siria, paese stabile" fosse raggiunta dall'ondata di proteste, ha poco tempo per agire.
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