lunedì 7 marzo 2011

Lampedusa, storie di migranti

Reportage dall'isola siciliana, dove non si arrestano gli sbarchi. I sogni e le speranza di due tunisini in fuga dal loro Paese.

scritto da
Maria Grazia Moncada 


Da giorni i flussi dalla Tunisia sono ricominciati senza sosta. Arrivano piccole barche con 40-70 persone al massimo. La maggior parte delle persone che arrivano sono ragazzi molto giovani. Nonostante l'ordinanza del sindaco che vieta la circolazione degli immigrati a Lampedusa alcuni trovano il modo di uscire dal centro di accoglienza e circolano per il paese alla ricerca di un telefono per avvertire i parenti che sono arrivati e di sigarette. Uno dei giovani che è riuscito ad arrivare con queste barche della speranza è R. M., ha 21 anni, è tunisino, è arrivato a mezzanotte insieme ad altri 70 ragazzi. R.M. è nato in Italia a Milano e fino all'età di 15 anni ha fatto avanti indietro tra la Tunisia e l'Italia, fino a quando in Tunisia gli hanno rubato il passaporto. Il padre che ha abbandonato la famiglia non ha potuto mettere la seconda firma nel passaporto necessaria per un minore a cui si può applicare la legge, qui in Italia, per il ricongiungimento familiare.

Mi ha raccontato che in barca erano molto stretti e che hanno impiegato 20 ore per arrivare fin qui e che in certi momenti hanno avuto molta paura perché il mare era molto mosso. Per sopportare la traversata hanno mangiato delle barrette di cioccolata per evitare la fame e la sete. Si continua a partire dalla Tunisia. Anche se la dittatura non c'è più, ancora la libertà non è arrivata, non c'è lavoro e la polizia è corrotta. Mi ha raccontato che se torni nel Paese con una macchina nuova la polizia te la ruba. Quando sono stati portati al centro di accoglienza gli hanno dato da mangiare, dei vestiti (hanno tutti delle buffe scarpe con dei disegni con i teschi) e assistenza medica anche se ancora non gli hanno preso le impronte digitali, alcuni addirittura prima di arrivare si bruciano i polpastrelli per evitarlo. Erano tutti felici di essere giunti a terra sani e salvi.
Il viaggio verso l'Italia comincia da alcune città cardine come quella di Sfax, dove i ragazzi tunisini in accordo con quelli che organizzano il viaggio vengono chiusi dentro una casa e lì rimangono fino al momento di imbarcarsi.
R.M. mi ha raccontato che è rimasto in questa casa per una settimana. Il gruppo che si prepara alla partenza è sorvegliato da persone armate che proteggono i fuggiaschi da eventuali arrivi della polizia, ma che nello stesso tempo non permettono a nessuno di uscire.
R. è insieme a M., 22 anni, che non parla italiano, ha dei parenti in Francia che vivono a Lione e spera di poterli raggiungere. Mi chiedono se so quanto tempo resteranno al centro di accoglienza di Lampedusa e dove verranno portati. Questi due ragazzi che ho incontrato sono molto spaventati e, ancora spossati dal viaggio, sono determinati a non voler tornare in Tunisia. Sono anche preoccupati dal fatto che la polizia italiana possa picchiarli. Li ho rassicurati dicendo loro che qui in Italia generalmente la polizia non ti picchia per un nonnulla. R. sogna di venire in Italia da quando ha 15 anni. Sua mamma vive a Bologna, l'ha appena sentita per telefono e spera di poterla incontrare presto. Finalmente R. ha realizzato il sogno. Probabilmente rimarrà qui, perché ha un certificato di nascita in cui si attesta che è nato a Milano, sua madre vive qui e può offrirgli un lavoro perché ha un bar. Mentre per M. la situazione è più complicata, perché per arrivare in Francia dovrà affrontare un percorso da clandestino.

http://it.peacereporter.net/articolo/27226/Lampedusa%2C+storie+di+migranti

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