Fabrizio Incorvaia
Questo lavoro fotografico, iniziato nel 2007, riprende uno degli aspetti negativi dell'Italia che siamo. Di quell'Italia che s'indigna contro gli ultimi, raccogliendo firme per gli sgomberi di qualche occupazione abitativa. Magari in uno dei tanti palazzi sfitti, spesso frutto della speculazione.
Il palazzo di via Catania 9 nel III Municipio di Roma è un ex proprietà Inpdai acquisito da Bnl che ha investito sulla riconversione della destinazione d'uso per farne degli appartamenti. Ho conosciuto la famiglia Mircea il 6 marzo 2007 in un ex ufficio occupato al secondo piano del palazzo in questione. Elena Moldovan, suo marito Erdei Mircea e i loro (allora tre) bambini avevano occupato una piccola stanza dove avevano sistemato qualche brandina un vecchio divano letto e una macchina da cucina. Il marito era fuori tutto il giorno, lavorava in un cantiere edile in nero, l'ho incontrato sereno e pacato un sabato pomeriggio durante una riunione degli occupanti.
Già dai primi giorni di occupazione nel quartiere si era manifestata una certa irritazione. Quelle 187 famiglie di poveri che in maniera un po' coatta si erano imposti come nuovi vicini di casa, erano motivo d'insofferenza per molti. Per questo ci furono, manifestazioni, picchetti e una lunga raccolta firme. Il 17 febbraio, dopo solo 15 giorni si svolse una manifestazione organizzata da An e rappresentanti del III Municipio a cui presenziò l'allora onorevole Gianni Alemanno che ai microfoni dei giornalisti presenti chiosò: «Questa occupazione dove cessare subito - è un problema per questo quartiere!» Poi aggiunse: «Proporremo un grande piano casa in consiglio comunale» .
Il palazzo di via Catania 9 nel III Municipio di Roma è un ex proprietà Inpdai acquisito da Bnl che ha investito sulla riconversione della destinazione d'uso per farne degli appartamenti. Ho conosciuto la famiglia Mircea il 6 marzo 2007 in un ex ufficio occupato al secondo piano del palazzo in questione. Elena Moldovan, suo marito Erdei Mircea e i loro (allora tre) bambini avevano occupato una piccola stanza dove avevano sistemato qualche brandina un vecchio divano letto e una macchina da cucina. Il marito era fuori tutto il giorno, lavorava in un cantiere edile in nero, l'ho incontrato sereno e pacato un sabato pomeriggio durante una riunione degli occupanti.
Già dai primi giorni di occupazione nel quartiere si era manifestata una certa irritazione. Quelle 187 famiglie di poveri che in maniera un po' coatta si erano imposti come nuovi vicini di casa, erano motivo d'insofferenza per molti. Per questo ci furono, manifestazioni, picchetti e una lunga raccolta firme. Il 17 febbraio, dopo solo 15 giorni si svolse una manifestazione organizzata da An e rappresentanti del III Municipio a cui presenziò l'allora onorevole Gianni Alemanno che ai microfoni dei giornalisti presenti chiosò: «Questa occupazione dove cessare subito - è un problema per questo quartiere!» Poi aggiunse: «Proporremo un grande piano casa in consiglio comunale» .
L'occupazione durò fino al 22 giugno 2007, quando incalzati dalle pressioni della proprietà e dalle voci di un imminente sgombero coatto tutti gli occupanti si trasferirono nei locali dell'ex Ospedale Regina Elena di Roma. Nell' aprile 2008 Gianni Alemanno diventa sindaco di Roma. Il 1 settembre 2010 l'ex nosocomio viene sgomberato da una moltitudine di forze di polizia, carabinieri e uomini della Guardia di finanza. Gli agenti bloccarono il traffico nella zona, circondando il palazzo e facendo incursione tra i corridoi dell'ex ospedale, costringendo gli occupanti ad andarsene - (lo sgombero costò alle casse comunali diverse centinaia di migliaia di euro). Le famiglie sgomberate furono per così dire, accompagnate presso Centri di prima accoglienza e residence privati pagati dal Comune.
Da allora si perdono le tracce della famiglia Mircea. Il 4 maggio 2010 i carabinieri rilevano un piccolo villaggio abusivo in via Salaria 803. Sullo spiazzo verde, camuffato dalla vegetazione nell'area di Tor Fiscale vengono censite 8
baracche e identificate 25 persone di nazionalità romena. Tra loro c'è la famiglia Mircea. Nel loro rapporto i carabinieri fecero riferimento a baracche create con materiale di fortuna, come legno e plastica, quindi facilmente infiammabile, lamentando una pessima situazione igienico sanitaria.
Il 13 maggio 2010 il IX Municipio di Roma scrive al sindaco Alemanno sollecitando all'assistenza alloggiativa dei baraccati di Tor Fiscale. Il 6 febbraio 2011 come tristemente noto, un incendio distrugge la baracca della famiglia Mircea, nel rogo perdono la vita i loro quattro bambini. Quella stessa sera intervenuto sul luogo della tragedia, il sindaco aveva ammonito: «Via da Roma maledetti campi abusivi», lamentando «burocrazie maledette che bloccano il piano nomadi».
Ma la famiglia Mircea non è rom, sono, o meglio erano, cittadini romeni venuti in Italia per cercare condizioni migliori di quelle che si vivono in Romania.
Il 13 maggio 2010 il IX Municipio di Roma scrive al sindaco Alemanno sollecitando all'assistenza alloggiativa dei baraccati di Tor Fiscale. Il 6 febbraio 2011 come tristemente noto, un incendio distrugge la baracca della famiglia Mircea, nel rogo perdono la vita i loro quattro bambini. Quella stessa sera intervenuto sul luogo della tragedia, il sindaco aveva ammonito: «Via da Roma maledetti campi abusivi», lamentando «burocrazie maledette che bloccano il piano nomadi».
Ma la famiglia Mircea non è rom, sono, o meglio erano, cittadini romeni venuti in Italia per cercare condizioni migliori di quelle che si vivono in Romania.
Erano finiti per strada dopo gli sgomberi voluti dalla stessa giunta comunale, dallo stesso sindaco che ancor prima di sedere sulla poltrona più importante del Comune, aveva manifestato per sgomberare la famiglia Mircea.
Il sindaco Alemanno (forse senza saperlo) ha incrociato e condizionato diverse volte la vita della famiglia Mircea. Dalla ricostruzione emergono responsabilità dirette sulla vicenda. Il disagio di chi i poveri piace vederli in tv, magari in un servizio realizzato in qualche lontano paese africano, che non accetta di condividere il marciapiede dove porta a spasso il cane con un tizio che è costretto ad occupare per avere un tetto sulla testa. Lo stesso disagio che spinge ad allontanare i poveri dalla propria quotidianità, magari per esorcizzare, non pensare al vuoto culturale, etico che strizza l'occhio al conflitto sociale.
La gestione degli sgomberi, la mancata assistenza alloggiativa e la fine truce di chi passa per le mani delle istituzioni dovrebbe farci pensare sulle responsabilità di quanto accaduto.
Alle nostre responsabilità.
La gestione degli sgomberi, la mancata assistenza alloggiativa e la fine truce di chi passa per le mani delle istituzioni dovrebbe farci pensare sulle responsabilità di quanto accaduto.
Alle nostre responsabilità.
Nella foto in homepage: 6 marzo 2007: la famiglia Mircea nella casa occupata di via Catania 9 a Roma.
Le altre foto:
1 settembre 2010, lo sgombero dell'occupazione dell'ex ospedale Regina Elena
Il palazzo di via Catania 9
una baraccopoli adiacente all'insediamento di via Appia Nuova 803
il manifesto di An che convoca una manifestazione contro l'occupazione di via Catania;
19 febbraio 2011 poco distante dalla macerie della baracca resta un fiore tra le transenne della polizia.
La sera di domenica 6 febbraio 2011 perdevano la vita in un incendio i quattro fratellini rom Raul, Fernando, Sebastian e Patrizia, alloggiati in un riparo di fortuna in un accampamento nei pressi di via Appia a Roma. Per ricordarli, la sezione italiana di Amnesty, la fondazione Migrantees, Associazione 21 Luglio e Popica Onlus ha organizzato ieri un'iniziativa nella capitale dove venivano invitati i cittadini a portare un fiore bianco alle 12 a piazza degli Zingari. Un luogo «simbolo» che testimonia i secoli di storia comune che uniscono Roma alle comunità rom e sinte.
La sera di domenica 6 febbraio 2011 perdevano la vita in un incendio i quattro fratellini rom Raul, Fernando, Sebastian e Patrizia, alloggiati in un riparo di fortuna in un accampamento nei pressi di via Appia a Roma. Per ricordarli, la sezione italiana di Amnesty, la fondazione Migrantees, Associazione 21 Luglio e Popica Onlus ha organizzato ieri un'iniziativa nella capitale dove venivano invitati i cittadini a portare un fiore bianco alle 12 a piazza degli Zingari. Un luogo «simbolo» che testimonia i secoli di storia comune che uniscono Roma alle comunità rom e sinte.
Il cinismo è cieco per definizione, il risultato non ha costi, costi quel che costi.
RispondiEliminaLa vita degli altri, per alcune persone, non vale niente.
Per molti la vita è avere un nemico quotidiano, per trecentosessantacinque giorni all'anno, per tutti gli anni della loro povera vita.
Per altri la vita è dura, misera, incerta, sofferta, dolorosa, malata, sola.
E' una questione di fortuna, dipende da una moltitudine di concause.
Chi odia è stato fortunato, e non se ne rende conto.
I poveri non odiano, al più s'incazzano.
E l'ipocrisia di questi personaggi, dal passato oltremodo discutibile, regna su tutto.
Ciao Rosa, buona serata
Namastè
cosa si può commentare dopo notizie come questa .. non siamo umani, chissà se mai lo siamo stati in passato ... forse ma era tanto, tanto tempo fa quando gli uomini e le donne erano in armonia con la loro casa .. il nostro pianeta terra.
RispondiEliminaCaro Paolo, l'odio produce mostruosità, troppo spesso gli errori umani sono figli dell'odio e pensare che per odiare e per amare si sprecala medesima energia e si attinge alla medesima fonte, ma quanti risultati positivi in più produce l'amore...
RispondiEliminaBuona serata a te amico mio ^_^
Namastè
Anonimo hai ragione, davvero difficile commentare :-(
RispondiEliminaNamastè