fonte: DitaDiFulmine
Gli elefanti possono imparare, imitare, giocare, avere senso dell'umorismo, essere altruisti, usare strumenti, provare compassione e rabbia. Di fatto, l'elefante è considerato intelligente quanto i cetacei e i primati, visto e considerato che la loro struttura cerebrale ha aspetti comuni a quella di esseri umani, delfini e balene.
E' ormai ben noto che gli elefanti sono animali estremamente intelligenti. Un cervello da 5 chilogrammi deve pur servire a qualcosa, dopotutto. Ma la massa cerebrale non comporta necessariamente la nascita di comportamenti complessi, se non addirittura molto simili a quelli umani.
E' ormai ben noto che gli elefanti sono animali estremamente intelligenti. Un cervello da 5 chilogrammi deve pur servire a qualcosa, dopotutto. Ma la massa cerebrale non comporta necessariamente la nascita di comportamenti complessi, se non addirittura molto simili a quelli umani.
Gli elefanti sono classificati alla stessa posizione dei delfini per quanto riguarda la risoluzione di problemi pratici. Dal punto di vista emotivo, invece, hanno un ippocampo decisamente più grosso di quello di primati e cetacei: nell'elefante, l'ippocampo occupa circa lo 0,7% della struttura centrale del cervello, contro lo 0,5% degli esseri umani, e percentuali inferiori allo 0,1% per delfini e balene.
L'ippocampo è collegato all'emozione scatenata da alcuni tipi di memoria, come quella spaziale: pare infatti che gli elefanti soffrano di flash-back psicologici, e di un disturbo equivalente allo stress post-traumatico.
La complessità del cervello degli elefanti ha portato alla creazione di vere e proprie società, con legami che vanno ben oltre la semplice utilità pratica. Ci sono evidenti episodi di condivisione del dolore tra individui dello stesso branco, o di compassione e aiuto nei confronti di un elemento più debole. Non lo fanno perchè il branco risulterebbe menomato di un individuo forte e utile, non solo per quello: lo fanno perchè sono empatici, riescono a percepire il dolore di un compagno e a comprenderne le ragioni.
C'è poi una forte componente altruistica in ogni elefante. Anche se si trova a dover aiutare altre specie, uomo incluso. Ci fu un caso in cui un elefante indiano ammaestrato, il cui compito era quello di infilare pali di legno in alcune buche, si fermò non appena si rese conto che all'interno di una buca stava dormendo un cane, e non proseguì il suo lavoro fino a quando il cane non decise di lasciare il nascondiglio.
Un caso straordinario è quello documentato da Joyce Poole, dell' Amboseli Elephant Research Project in Kenya, in cui un uomo, Colin Francombe, venne attaccato da una femmina di elefante per essersi avvicinato troppo alla famiglia. La femmina lo scaraventò a terra e gli ruppe una gamba.
A sera, quando il gruppo di ricerca riuscì a trovare Francombe, l'elefantessa, rimasta di fianco all'uomo, cercò di caricare i soccorritori, ma venne messa in fuga da alcuni colpi di fucile. Francombe raccontò che non appena l'elefante si rese conto di avergli rotto la gamba, lo aiutò con la proboscide e lo fece spostare sotto l'ombra di un albero, sorvegliandolo tutto il giorno e toccandolo gentilmente con la proboscide.
Veniamo ad uno degli aspetti più affascinanti degli elefanti: i rituali di morte. Gli elefanti sono infatti l'unica specie nota, eccetto Homo sapiens e Neanderthal, che ha sviluppato un rituale per la morte.
Non solo dedicano attenzioni ad individui del proprio branco, ma si fermano ogni volta che incontrano ossa di altri elefanti, anche se provenienti da famiglie diverse. Visitano continuamente tombe di elefanti con i quali non hanno avuto legami, e vengono in aiuto di individui che soffrono.
Questa elefantessa trasporta il cucciolo morto ovunque si sposti, non accettandone la morte.
Un rituale di morte tipico è stato documentato da Anthony Martin-Hall, biologo sudafricano che ha studiato gli elefanti di Addo, Sud Africa, per 8 anni. Alla morte della matriarca, tutti gli elefanti si sono riuniti attorno al corpo, barrendo rumorosamente. Al pianto del figlio della matriarca, gli elefanti si sono improvvisamente zittiti.
Hanno poi iniziato a ricoprire la carcassa con foglie, polvere e rami rotti, rimanendo i successivi due giorni di fianco al corpo, silenziosamente. Dovevano necessariamente allontanarsi per il cibo e l'acqua, ma tornavano non appena terminato.
In alcuni casi, hanno anche seppellito esseri umani morti o addormentati, credendoli defunti, dopo aver eseguito questo rito.
Un altro caso molto curioso è quello dell'uccisione di un elefante in Kenya, la cui carne venne donata alla locale tribù Turkana e la cui carcassa venne trasportata circa 800 metri oltre il punto dell'uccisione. Durante la notte, gli elefanti del suo gruppo hanno trovato il corpo e preso le ossa scapolari e delle gambe per riportarle nel punto esatto in cui l'elefante era stato abbattuto.
Forse questa capacità estremamente complessa di provare emozioni e di comprendere quelle di altri individui, siano essi esemplari della propria specie o animali di diversa natura, sta alla base di quello che è stato definito "Human-Elephant Conflict", una categoria statistica creata negli anni '90 e che documenta gli attacchi di elefanti nei confronti dell'essere umano.
In 4 anni, dal 2000 al 2004, sono morte 300 persone per attacchi di elefanti solo nella provincia indiana di Jharkhand, quasi sempre in località in cui l'attività umana condivide lo stesso territorio il cui gli elefanti vivono. Nello stato di Assam, sempre in India, gli elefanti hanno totalizzato oltre 600 vittime in 12 anni.
In Africa si ha un caso di attacco letale di elefante quasi ogni giorno, dalla Zambia alla Tanzania, dall' Uganda alla Sierra Leone, Paese in cui oltre 300 villaggi sono stati evacuati per essere stati oggetto di attacchi di elefanti.
Iniziano a comparire anche comportamenti decisamente anormali: è il caso di un giovane elefante del Pilanesberg National Park, che si divertiva a brutalizzare e uccidere rinoceronti; nel 2005, invece, nello stesso parco, sono stati uccisi tre elefanti responsabili dell'uccisione di 63 rinoceronti, e di attacchi ai veicoli dei safari.
Nell' Addo Elephant National Park, infine, il 90% delle morti di elefanti maschi è causato da altri elefanti, una percentuale estremamente superiore alle media di altre comunità più stabili, intorno al 6%.
Gli elefanti sono animali estremamente complessi, intelligenti e sensibili, e come tali dovrebbero essere trattati. Conoscere come pensano, come soffrono, e i loro complessi riti legati alla morte e alla famiglia, aiuterà l'essere umano ad essere meno "specista" e a rivalutare la propria intelligenza ed empatia nei confronti del regno animale.
Un rituale di morte tipico è stato documentato da Anthony Martin-Hall, biologo sudafricano che ha studiato gli elefanti di Addo, Sud Africa, per 8 anni. Alla morte della matriarca, tutti gli elefanti si sono riuniti attorno al corpo, barrendo rumorosamente. Al pianto del figlio della matriarca, gli elefanti si sono improvvisamente zittiti.
Hanno poi iniziato a ricoprire la carcassa con foglie, polvere e rami rotti, rimanendo i successivi due giorni di fianco al corpo, silenziosamente. Dovevano necessariamente allontanarsi per il cibo e l'acqua, ma tornavano non appena terminato.
In alcuni casi, hanno anche seppellito esseri umani morti o addormentati, credendoli defunti, dopo aver eseguito questo rito.
Un altro caso molto curioso è quello dell'uccisione di un elefante in Kenya, la cui carne venne donata alla locale tribù Turkana e la cui carcassa venne trasportata circa 800 metri oltre il punto dell'uccisione. Durante la notte, gli elefanti del suo gruppo hanno trovato il corpo e preso le ossa scapolari e delle gambe per riportarle nel punto esatto in cui l'elefante era stato abbattuto.
Forse questa capacità estremamente complessa di provare emozioni e di comprendere quelle di altri individui, siano essi esemplari della propria specie o animali di diversa natura, sta alla base di quello che è stato definito "Human-Elephant Conflict", una categoria statistica creata negli anni '90 e che documenta gli attacchi di elefanti nei confronti dell'essere umano.
In 4 anni, dal 2000 al 2004, sono morte 300 persone per attacchi di elefanti solo nella provincia indiana di Jharkhand, quasi sempre in località in cui l'attività umana condivide lo stesso territorio il cui gli elefanti vivono. Nello stato di Assam, sempre in India, gli elefanti hanno totalizzato oltre 600 vittime in 12 anni.
In Africa si ha un caso di attacco letale di elefante quasi ogni giorno, dalla Zambia alla Tanzania, dall' Uganda alla Sierra Leone, Paese in cui oltre 300 villaggi sono stati evacuati per essere stati oggetto di attacchi di elefanti.
Iniziano a comparire anche comportamenti decisamente anormali: è il caso di un giovane elefante del Pilanesberg National Park, che si divertiva a brutalizzare e uccidere rinoceronti; nel 2005, invece, nello stesso parco, sono stati uccisi tre elefanti responsabili dell'uccisione di 63 rinoceronti, e di attacchi ai veicoli dei safari.
Nell' Addo Elephant National Park, infine, il 90% delle morti di elefanti maschi è causato da altri elefanti, una percentuale estremamente superiore alle media di altre comunità più stabili, intorno al 6%.
Gli elefanti sono animali estremamente complessi, intelligenti e sensibili, e come tali dovrebbero essere trattati. Conoscere come pensano, come soffrono, e i loro complessi riti legati alla morte e alla famiglia, aiuterà l'essere umano ad essere meno "specista" e a rivalutare la propria intelligenza ed empatia nei confronti del regno animale.
E' così affascinante immaginarsi gli elefanti nelle loro originarie migrazioni attraverso lande immense!
RispondiEliminaSì, vero Adriano e nonostante la loro mole li ho sempre trovati tenerissimi :-)
RispondiEliminaBuona serata
Namastè