sabato 11 settembre 2010

Grassi vegetali in quasi tutti i prodotti industriali: è ora di pretendere informazione e limiti

tratto da: www.reset-italia.net

Creative Commons License photo credit: eriwst

di Paolo Margari
Vi siete mai preoccupati degli oli vegetali contenuti nei prodotti che quotidianamente mangiate? Non è la solita critica al junk food (es. McDonald) perché, se molti credono di cavarsela acquistando prodotti da forno “di qualità”, devono sapere che non si discostano molto dai rischi di chi consuma cibo notoriamente malsano.
Piuttosto che leggere le etichette per cercare la percentuale di grassi, è bene leggere gli ingredienti per conoscere il tipo.
Nei prodotti confezionati, anche in quelli vegetali biologici, si trovano solitamente grassi aggiunti. Bisogna però tenere presente che tutti i grassi “solidi” sono tali o perché ricchi di acidi grassi saturi o perché sono olii che vengono trasformati per diventare solidi attraverso un procedimento noto come “transidrogenazione”
Sicuramente tutti sono a conoscenza che i grassi di origine animale sono dannosi alla salute, in quanto fonti di colesterolo ed acidi grassi saturi. Tuttavia molti non sanno che anche alcuni grassi vegetali, per l’appunto quelli utilizzati per i prodotti “cotti” o nelle creme spalmabili di varia natura, sono pure dannosi, in quanto ricchi di acidi grassi saturi o di grassi transidrogenati.
Ecco il contenuto di acidi grassi saturi in vari olii vegetali: nella prima colonna ci sono gli oli vegetali “sicuri”, mentre nella seconda quelli dannosi, anche denominati “olii tropicali”
Oli Vegetali Oli Tropicali
Olio di Cartamo 9% Olio di Palma 49%
Olio di Girasole 10% Olio di Cuore di Palma 82%
Olio di Canola 12% Olio di Cocco 87%
Olio di Grano 13%
Olio d’Oliva 13%
Olio di Sesamo 14%
Olio di Soia 15%
Olio di Arachidi 17%
Olio di Semi di Cotone 26%
Pertanto, anche nei prodotti vegetali andrà accurtamente letta l’etichetta alla ricerca dei seguenti ingredienti:
  • olii vegetali non meglio specificati (quasi tutti i prodotti)
  • olii vegetali non idrogenati
  • margarina
  • olio di palma o di cuore di palma
  • olio di cocco
che andranno evitati.
In sostanza, i prodotti che contengono questi olii vanno consumati con molta parsimonia, molto meglio se non consumati affatto.
I prodotti che invece contengono tutti gli olii elencati nella prima colonna possono venire consumati.
fonte: Scienza Vegetariana (estratto da un articolo di Veronica Morghen e Luciana Baroni)
Se osservate accuratamente le etichette dei prodotti generalmente in commercio, vi accorgerete che, ad esempio, tra i prodotti da forno industriali (come biscotti e merendine Mulino Bianco, Motta, Bauli, Misura, etc.) non vi è alcuno che non contenga grassi della categoria “da evitare”. Benché tutti si sforzino a dare risalto a presunte qualità ‘dietetiche’ o all’italianità degli ingredienti o al processo di lievitazione o a piccoli aspetti marginali (es. un ingrediente particolare contenuto in percentuali risibili), quel che conta, ossia la qualità degli ingredienti presenti in maniera massiccia, è una nota dolente.
I consumatori dovrebbero fare attenzione nel distinguere tra etichette di provenienza (DOP e IGP, che a livello europeo sostituiscono quelle nazionali tra cui l’italiana DOC), etichette “No-OGM” eetichette “BIO”, tre alternative che singolarmente (o anche assieme) dicono poco sulla qualità del prodotto finale in termini nutrizionali.
Nonostante questo, la costante erosione del potere di acquisto e il calo del reddito pro-capite in vastissime fasce di popolazione costringe percentuali sempre maggiori a rinunciare del tutto al cibo di qualità, compromettendo in modo irrimediabile la propria salute. Per cibo di qualità non si intende certo quello contraddistinto da marchi molto noti, ma quello molto raro e costoso in cui gli ingredienti sono selezionati e non presentano caratteristiche nutrizionali nefaste per l’organismo.
L’incremento di tumori, malattie cardiovascolari e obesità in ampi strati della popolazione, soprattutto quelli a reddito medio-basso, è un esempio lampante degli effetti perversi di una crescente sperequazione reddituale.
Tornando alle presunte qualità espresse dal prodotto, le etichettature geografiche (DOP e IGP) non dicono nulla su eventuali contaminazioni ricadenti sull’area di origine né sull’intera filiera che potrebbe essere influenzata da fattori perturbanti esterni. Inoltre il ‘primato’ dell’italianità può risiedere certamente nel prezzo più alto del bene, ma non necessariamente nella qualità di ingredienti e processi produttivi.
Per quanto riguarda le etichette No-OGM, non bastano certo a garantire la genuinità del bene. Peraltro, c’è chi degli OGM si fida e poi, è molto difficile, se non impossibile, impedire la contaminazione genetica da forme modificate, poiché per quanto si cerchi di preservare l’autenticità di una specie o di un seme, lo stesso può risentire da influenze esterne incontrollabili (anche il polline trasportato dal vento).
Infine, sui prodotti biologici, c’è un ultima considerazione da fare. In Italia si consumano poco e sono purtroppo un prodotto elitario. Meritevoli le diffusioni di etichette bio a prezzi ragionevoli in alcune catene di grande distribuzione organizzata come la Coop. Altre riservano al BIO costosissimi corner, senza peraltro curarsi di visibilità, provenienza, OGM.
Nonostante queste tre caratteristiche resta sempre quelle più importanti, ossia tipo e qualità degli ingredienti, a prescindere che siano BIO, No-OGM, che provengano da un’area piuttosto che dall’estero, viene del tutto ignorata poiché è una discriminante forte del costo di produzione degli avidi imprenditoruncoli che sanno godere delle tutele di legge quando si tratta di lucrare alle spalle di consumatori che, sullo scaffale, non hanno scelta.
L’uso di oli nella cottura è da evitare, soprattutto nella frittura, a causa della formazione di sostanze tossiche, probabile causa di arteriosclerosi, ictus, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer.
Sarebbe auspicabile, come accade col fumo, che il Ministero della Salute cominci a realizzare campagne informative in merito e imponga, attraverso apposite etichettature, l’indicazione in modo evidente su ogni prodotto contenente oli vegetali, specificando che va consumato con parsimonia altrimenti “nuoce gravemente alla salute”.
Tali etichette oggigiorno dovrebbero comparire anche su prodotti di brand molto noti di cui i consumatori si fidano ciecamente, a torto.



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