mercoledì 15 settembre 2010

Acque minerali e veleni

fonte: www.terranews.it

r.d.r.

ALLARME. Dal nuovo atlante “Geochemistry of European bottled water”, pubblicato dalla EuroGeo Surveys, emergono dati inquietanti su quello che bevono gli italiani. Metalli tossici e uranio nelle bottiglie di plastica.
Com’è l’acqua che beviamo? Ricca di sostanze potenzialmente pericolose per la salute, specie quella minerale in bottiglia, che nel nostro paese è diffusissima, visto che arriva nel 98 per cento delle famiglie italiane. I nostri connazionali sembrano vedere nell’acqua in bottiglia qualcosa di sano e sicuro, ma leggendo i risultati del nuovo atlante delle acque minerali “Geochemistry of European Bottled Water”, appena pubblicato dall’organizzazione EuroGeoSurveys, che raggruppa 32 servizi geologici del vecchio continente, i dubbi nascono spontanei. Infatti, se i valori medi di elementi come arsenico, piombo, vanadio, antimonio contenuti nelle bottiglie esaminate nel nostro paese (in tutto 157) sono abbastanza lontani dai limiti massimi previsti in Europa per le acque potabili in generale, è però vero che la situazione cambia, e molto, se si guardano i valori massimi di queste e altre sostanze. In una bottiglia italiana sono stati riscontrati infatti valori di arsenico pari a 8,91 microgrammi per litro (il limite di allarme per la salute è 10), mentre altre delle nostre acque contengono 4,69 microgrammi di berillio o 48,9 di vanadio (che ha come limite 50): la situazione da studiare meglio è però quella del manganese, metallo tossico che se respirato può favorire il Parkinson, di cui un’acqua del nostro paese contiene 292 microgrammi, a fronte di un limite europeo che per l’acqua minerale è di 500 mentre per quella del rubinetto è di appena 50 microgrammi. La presenza di soglie di attenzione così diverse non può che suscitare qualche sospetto, visto che esistono acque minerali che superano di ben sei volte il limite stabilito per le acque del rubinetto, e chissà qual’è il motivo per cui le soglie sono così diverse, a livello europeo. Ancora più allarmante il fatto che per alcune sostanze i limiti non esistano proprio: in primo luogo per l’uranio, che nelle acque censite in Italia ha un valore medio di 1,24 microgrammi, ma abbiamo anche una marca che arriva a 31, nonché per lo stronzio, che può essere radioattivo e ha un valore medio di 750 microgrammi per litro arrivando ad un massimo di 14mila 100. Non è solo il nostro Paese ad avere una situazione così particolare: in tutta Europa esistono valori sorprendenti, ad esempio un’acqua della Repubblica Ceca contiene 229 microgrammi di uranio, altre hanno 25mila 500 micogrammi di stronzio, 49 di vanadio o 371 di selenio. La prudenza sui dati è d’obbligo, i ricercatori che hanno partecipato al lavoro sull’atlante dicono che «la qualità delle acque minerali italiane è certamente superiore alla media europea», e che molte delle stranezze nei valori potrebbero essere causate da «discrepanze nelle metodiche analitiche utilizzate a livello Europeo e Nazionale o a cause naturali, cui non sono generalmente associabili effetti negativi sulla salute». Infatti, il contenuto “totale” di un analita nelle acque «non coincide con quello effettivamente biodisponibile per l’organismo», che potrebbe provocare effetti avversi sulla salute. Gli studi condotti in tal senso a livello nazionale ed europeo finora non avrebbero «evidenziato correlazioni tra tenori naturali elevati di sostanze inorganiche nelle acque ed effetti negativi sulla salute delle popolazioni esposte», e questo varrebbe perfino per l’uranio, anche se certo, un intervento in materia, magari da parte dell’Unione Europea, non sarebbe male. è uno degli stessi autori del libro, Clemens Reimann del servizio geologico norvegese, ad ammettere che la veranovità emersa dalla ricerca è la scoperta di «un’enorme variabilità (fino a 7 ordini di magnitudine per alcuni elementi, tra cui l’uranio) in molti elementi contenuti nell’acqua potabile». Una novità che dovrebbe incoraggiare ulteriori studi sulla bevanda più amata dagli italiani.

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