In Abruzzo sono infatti già attivi diverse centinaia di pozzi, avviati in sordina sulla base di concessioni che interessano fino al 50% del territorio regionale. Diversi i coordinamenti che hanno promosso la manifestazione, raccolti nella rete di cittadini Nuovo Senso Civico e nel Comitato No Petrolio. Tutti denunciano come fino ad oggi tutte le decisioni siano state prese “d'intesa” tra la regione e il governo, mantenendo però all'oscuro i cittadini abruzzesi.
Questo fino a qualche anno fa, quando i cittadini della provincia di Chieti si sono accorti che il centro oli che l'Eni aveva in progetto di costruire nel comune di Ortona non aveva niente a che vedere con la produzione di olio d'oliva, attività primaria del territorio. Si trattava invece di una raffineria, o meglio di un impianto di de-sulfurizzazione, che sarebbe appunto servito a pulire il petrolio “amaro” abruzzese da una lunga lista di sostanze tossiche tra cui l'anidride solforosa e diverse tipologie di nitrati, altamente cancerogeni e già causa di malattie croniche tra le popolazioni che vivono nei pressi di impianti simili in altri luoghi del Pianeta.
Da qui l'inizio della mobilitazione, con una raccolta firme ancora in corso che chiede una revoca delle concessioni di estrazione per tutto il territorio regionale, oggi arrivata a quota 40mila. E una serie di iniziative promosse da coordinamenti cittadini, che hanno portato alla grande manifestazione di domenica a Lanciano.
Protagonisti della manifestazione sono stati migliaia di cittadini, che al grido di “pane e olio, senza petrolio” hanno sfilato sotto una pioggia battente dal quartiere periferico di S. Rita fino al centro storico di Lanciano, dove era stato allestito il palco per gli interventi finali. In prima linea intere famiglie, nonni e nipoti, genitori e figli, ma anche studenti, gestori di attività commerciali, organizzazioni di categoria come la Coldiretti, agricoltori, proprietari di agriturismi, circoli di equitazione e decine di produttori di vino e gestori di cantine del rinomato Montepulciano, che hanno chiuso il corteo con una lunga fila di trattori. Tutti cittadini abruzzesi, uniti dal desiderio di investire nello sviluppo sostenibile della propria terra, nel turismo e nell'agricoltura, e fortemente preoccupati dall'espansione delle estrazioni petrolifere e dagli impianti di raffinazione collegati.
A rischio anche la costa abruzzese: il nuovo progetto del centro oli, ora denominato Ombrina Mare 2, prevede che invece che su terra, l'impianto venga costruito su delle piattaforme in mare, a meno di 5 chilometri dalla costa al largo di San Vito, in provincia di Chieti. Secondo alcuni le chiatte sarebbero già partite dalla Norvegia in direzione del mare abruzzese. Oltre al rischio sempre alto per la salute pubblica derivato dalle emissioni dell'impianto (in questo senso l'esperienza di Paesi come il Kazakistan ma anche quella degli stessi Stati Uniti insegnano molto), molte preoccupazioni sono state sollevate rispetto alla capacità delle imprese petrolifere coinvolte nella costruzione di garantire la messa in sicurezza delle operazioni. Il caso BP nel Golfo del Messico parla da solo a riguardo.
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