lunedì 13 dicembre 2010

È urgente diffondere il ragionamento probabilistico

di Raffaele Langone

Medici, avvocati, politici, professionisti, amministratori pubblici e comuni cittadini manipolano quotidianamente dati statistici di vario genere senza avere la benché minima competenza per valutarli criticamente.
Non esiste aspetto della nostra vita personale – amore, sesso, malattie, lavoro, piaceri, perversioni – che non sia stato oggetto di una indagine statistica. Siamo letteralmente sommersi di dati sulla vita pubblica – disoccupazione, immigrazione, prezzi, inflazione, dati economici, sondaggi politici, ecc.
Tutte le nostre paure – incidenti, calamità naturali, delinquenza, minacce nucleari e chimiche, epidemie, rischi ambientali – vengono accuratamente quantificate.Eppure, benché non esitiamo a qualificare questa massa di informazioni come dati “oggettivi” e “certi” e a usarla per giustificare le nostre opinioni o le nostre scelte, non abbiamo strumenti adeguati per maneggiarla. Siamo bombardati di dati e informazioni, ma non sappiamo né trattarli né valutarli. Giornali e discorsi politici abbondano di esempi di ignoranza delle più elementari nozioni di calcolo delle probabilità.
In Italia, il fenomeno non è ancora molto diffuso, dato il peso ancora relativamente scarso degli argomenti statistici, per esempio in campo medico e legale. Ma negli Stati Uniti l’analfabetismo numerico sta rapidamente diventando una piaga sociale.
Non saper calcolare i rischi è un problema: non è facile convincere la gente che è pericoloso eccedere con i fuochi d’artificio a Capodanno e nello stesso tempo far capire alle mamme ansiose che non è il caso di fare una tragedia se si trova un petardo in tasca al proprio figlio. Inoltre, quando questa ignoranza si estende a medici, avvocati e professionisti che fanno uso di statistiche, è chiaro che la situazione diventa allarmante.
Mentre l’ignoranza della meccanica non ci impedisce di camminare, saltare o andare in macchina, l’ignoranza della probabilità e della statistica ci può portare ad agire in modo contrario ai nostri interessi individuali o sociali. Ci sono siti interamente dedicati a denunciare gli errori e le mistificazioni contenute negli articoli dei giornali e nelle informazioni divulgate dai media .
Vengono pubblicate voluminose “guide pratiche” per stabilire, sulla base del giudizio di esperti e autorevoli scienziati, quali sono gli effettivi pericoli, o i rischi, del mondo che ci circonda .(il migliore è Chance news, www.dartmouth.edu/~chance/)
L’incapacità di leggere i dati matematici e la concomitante possibilità di manipolarli sono fenomeni ugualmente pericolosi e allarmanti sul piano sociale. Ignoranza e manipolazione, infatti, vanno di pari passo.
Naturalmente, molto ha a che vedere con il fatto di definire le statistiche “dati oggettivi”. Cosa si intende comunemente per “dati oggettivi” è rivelato da alcune espressioni familiari, come per esempio che le statistiche “fotografano la realtà”.
Come prescriveva nel 1861 William Farr: “la statistica dovrebbe essere la più arida di tutte le materie”. Dovrebbe limitarsi ai fatti, eliminando qualsiasi elemento di valutazione soggettiva.
Ma in che senso, per esempio, il fatto che secondo l’Istat l’inflazione sia cresciuta del 2,5 % “fotografa” la realtà per cui, quando vado a fare la spesa al supermercato sotto casa, spendo il doppio di quanto spendevo un anno fa? Giustamente, le massaie insorgono. Giustamente, i tecnici precisano che il tasso di inflazione è determinato dai beni che si mettono nel “paniere”. Giustamente, l’Istat ricorda che si tratta di valori medi, calcolati su dati tratti su scala nazionale e su beni diversi.
Giustamente, alcuni fanno notare quanto sia facile manipolare questi dati (basta mettere nel paniere, per dirne una, il prezzo dei biglietti ferroviari e applicare gli aumenti ai soli biglietti di supplemento!).
La “realtà” di questi dati è assai sfuggente. Come ha mostrato brillantemente Darrell Huff nel suo ormai classico “How to Lie With Statistics” (Come mentire con le statistiche) quel che i dati statistici “fotografano” è, nella migliore delle ipotesi, un costrutto, nella peggiore un imbroglio. Così anziché costituire uno strumento per convivere serenamente (razionalmente) con l’incertezza, il ricorso ai numeri tende a generare nuove “illusioni di certezza” o, semplicemente, “false certezze”.
Ciò nonostante, questi dati sono “oggettivi” anche nel senso – assai più interessante – che sono determinati in base a parametri e criteri ben precisi che consentono, appunto, di valutarli.
Le cifre non sempre “parlano da sé”, come spesso si usa dire, ma dicono quel che vogliamo fargli dire, per cui devono essere lette nel modo giusto, interpretate e valutate criticamente.
La capacità di leggere i dati diventa tanto più importante quanto più la raccolta sistematica di informazioni sulle persone, da semplice curiosità e strumento di informazione si è trasformata, in alcuni campi, in un elemento di prova o in un fattore di decisione. Sta avvenendo, per esempio, nel campo della medicina – dove diagnosi e cure si basano sempre di più su dati statistici- o in campo giuridico, dove il test del DNA e certi tipi di rilevamenti statistici possono ormai essere addotti come prove nei processi. E sono proprio questi gli ambiti su cui si sono concentrate le indagini riportate in questo libro.
Occorre insistere sul fatto che non siamo “attrezzati” ad affrontare razionalmente l’incertezza.
La letteratura psicologica non fa che mettere in luce le varie forme in cui si manifesta la nostra “illusione di sapere”, quasi che non riusciamo a staccarci dal bisogno di certezze così caratteristico della cultura occidentale post illuminista e ad accettare serenamente e razionalmente l’incerto.
I nostri comportamenti effettivi di scelta in condizioni di incertezza si discostano sistematicamente da quelli previsti dai modelli normativi di decisione razionale e mostrano un quadro abbastanza allarmante di irrazionalità e pregiudizio.
Questo è dovuto anche al fatto che, mentre siamo abbastanza “allenati” a ricercare certezze (la scuola ci spinge a dimostrare sempre qualcosa: teoremi, tesi, opinioni, ecc.), non abbiamo nessuna dimistichezza con il ragionamento probabilistico e con le indagini statistiche, in cui pure ci imbattiamo assai più spesso, nella vita di tutti i giorni, che nelle dimostrazioni della geometria euclidea o, poniamo, nel calcolo infinitesimale!

link http://www.gliitaliani.it/2010/12/e-urgente-diffondere-il-ragionamento-probabilistico/

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