lunedì 16 gennaio 2012

Dualità e conflitto - Jiddu Krishnamurti

Qualsiasi conflitto, che sia fisico, psicologico o intellettuale, è uno spreco di energia. 
E’ straordinariamente difficile rendersene conto e liberarsi da ogni conflitto, perché quasi tutti noi siamo stati educati a lottare, a fare sforzi.

Questa è la prima cosa che ci insegnano a scuola: fare sforzi. Così continuiamo a lottare e a sforzarci per tutta la vita. Per essere buoni è necessario lottare; bisogna combattere il male, bisogna essere capaci di resistere, di controllarsi.

Così, in qualsiasi campo, da quello dell’educazione a quello sociologico o religioso, agli esseri umani si insegna a lottare.


Vi dicono che per trovare Dio dovete lavorare, dovete sottoporvi a una disciplina, dovete praticare degli esercizi, dovete torturare la vostra anima, tormentare la vostra mente e il vostro corpo; dovete rifiutare, reprimere; non dovete guardare certe cose; dovete lottare, lottare sempre per ottenere qualcosa al cosiddetto livello spirituale, che in realtà non è affatto spirituale!
Così nella società ognuno si preoccupa solo di se stesso e della propria famiglia .

In qualunque direzione ci muoviamo, noi non facciamo altro che sprecare energia. E questo spreco di energia è fondamentalmente conflitto: un conflitto tra quello che “devo” o “dovrei” fare e quello che “non devo” o “non dovrei” fare. Quando si è creata una dualità, il conflitto diventa inevitabile.

Allora bisogna capire la dualità, come si produce e come funziona. E’ evidente che ci sono l’uomo e la donna, il rosso e il verde, la luce e il buio, l’alto e il basso; questi sono fatti.  
Ma è quando facciamo uno sforzo per separare l’idea dal fatto che sprechiamo energia.

[Jiddu Krishnamurti]

14 commenti:

  1. Adoro quest'uomo. (Ma tu mi hai fatto adorare anche le idee di Osho: ne ho appena aggiunto alcune parole nella mia colonnina di destra del blog, e facendolo pensavo a te...) :-))

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    1. Anche io li adoro entrambi, Zione...! Persino nelle loro contraddizioni reciproche. Devo dire però che ho grande considerazione anche di te e della tua dolcezza.
      Corro a vedere cosa hai aggiunto al tuo blog.
      Ti abbraccio :))
      Namastè

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  2. Ciao Rosa, personalmente ritengo Krishnamurti una delle persone più libere che ho conosciuto purtroppo solo attraverso i suoi scritti e le sue conferenze. Troppo avanti ...
    Namastè

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    1. Anche io, attraverso suoi scritti, ho conosciuto lui e la sua storia personale...altrettanto edificante ed affascinante.
      Una persona decisamente illuminata ed illuminante. Una delle voci maggiormente rappresentative ed importanti del secolo trascorso.
      Un "gigante" dello spirito... :)
      Un abbraccio e buona giornata!
      Namastè

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  3. Interessante proposta di lettura...
    Io sono convinta di quanto un gesto di bontà porta energia buona a noi...
    Quando ci avviciniamo ad un'Anima che sta vivendo una perdita...in quel momento i nostri affanni divengono briciole...
    dovremmo tener presente ed apprezzare ciò che abbiamo...
    il conflitto interiore dovrebbe spronarci verso un confronto..e poi scelta...
    la via più semplice, sovente non conduce a meta certa...
    mentre è nei piccoli passi in tortuose strade che si trovano le piccole gioie che tanto ci fanno crescere...
    sereno divenire Rosa cara..
    un caro saluto..
    dandelìon

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    1. Sin da bambini ci insegnano a dividere...a separare e ci costringono all'eterno sforzo per unificare il nostro destino.
      L'affannarsi diviene, in sè, più importante e qualificante del cammino stesso, quasi che fosse la quantità di sforzo a farci grazia e non la qualità del nostro passo.
      Un abbraccio e buona giornata cara Dandelìon!
      Namastè

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  4. Penso che il più grande spreco di energia sia nel conflitto tra quello che "voglio" fare e quello che "devo" fare.
    Quando dico "voglio" mi si aprono le spalle, la testa si alza, lo sguardo orizzontale, dritto davanti a me.
    Quando dico "devo" le spalle si chiudono, la testa si abbassa e lo sguardo conta le formiche.
    La consapevolezza aiuta il volere e allontana il dovere, rendendo la vita un lento fiume che scorre.
    Non volevo contraddire Krishnamurti, giuro! :))

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    1. Ed infatti non lo hai contraddetto. Hai separato! Ma ti voglio bene lo stesso :))
      Lui sostiene che l'essere obbligati a farlo produce sforzo e quindi dolore. Nello scorrere non vi è alcuna differenza fra il dovere ed il volere nello scorrere c'è solo il fare, al momento giusto, ed il fermarsi quando non serve.
      Nel tutto non vi è distinzione, perchè ogni cosa è dove, come e quando deve...assolutamente perfetta.
      E' l'opporsi al divenire ed allo scorrere, giudicando quel che devi e quel che vuoi che crea conflitto, quindi attrito ed in ultima analisi, appunto, dolore.
      L'equilibrio fa il dovere ed il volere crea il quando e la sua risposta che è l'ora e qui!
      Un abbraccione e buona settimana Paolo!
      Namastè

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  5. Ciao Rosa vedere che sempre più persone parlano di consapevolezza, qui e ora e trascendere la dualità... bhe che dire? grandioso no?
    Un grande saluto a te!

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    1. Alberto! Che piacere rileggerti qui!
      Si hai ragione è davvero grandioso vedere che sempre più persone si stiano ri-svegliando!
      Un abbraccione Alberto caro :)
      Namastè

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  6. "E’ evidente che ... questi sono fatti. Ma è quando facciamo uno sforzo per separare l’idea dal fatto che sprechiamo energia."
    Qui è il problema: è, non dico ovvio, ma naturale, combattere il male per affermare il bene. Il problema è che il male o il bene non li individuiamo, ma li interpretiamo: siamo traduttori - 'trans-duttori', e quindi spesso 'traditori' - delle idee (secondo la nostra interpretazione) in fatti (secondo il nostro abitudinario 'modus operandi').
    Non è, dunque, tanto un problema di 'dualità', che può avere connotazioni reali e 'simboliche' (quindi, un'unità di fondo), ma di dia-bolicità...
    Nicola Perchiazzi

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    1. Benvenuto Nicola!
      Comunque noi individuiamo i "nostri valori" con "i nostri parametri", persino i momenti di ispirazione sono mediati dal nostro modo di intendere e dalla nostra capacità di descrivere. L'interpretazione duale non è oggettiva/descrittiva, ma personale ed interiore. Il conflitto avviene prima di tutto dentro di noi, quindi hai più di una ragione per dire quel che dici, tutto l'insegnamento che riguarda la capacità di non frapporre la mente al nostro ascolto del superiore è teso alla conquista dell'oggettività.
      La conseguente difficoltà/impossibilità al descrivere l'esperienza meditativa se non come ascolto del silenzio nasce da questo.
      Ed è ancora per questo che l'esperienza resta di fatto una conquista personale irriproducibile.
      Grazie per il tuo intevento, un abbraccio.
      Namastè

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